Vite di donne nella storia. Anche la cancellazione è violenza

Al Monastero dei Benedettini la mostra permanente in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Mary Bua
Una parte dell'esposizione lungo i corridoi del Monastero dei Benedettini
Una parte dell'esposizione lungo i corridoi del Monastero dei Benedettini
Una parte dell'esposizione lungo i corridoi del Monastero dei Benedettini

Un’esposizione ricca di contenuti e storie di violenza sulle donne. Ad organizzarla - lungo i corridoi del secondo piano del Monastero dei Benedettini - il Centro Studi di Genere Genus e dal Dipartimento di Scienze Umanistiche, in collaborazione con il collettivo catanese RivoltaPagina.

La mostra, inaugurata nei giorni scorsi, è stata allestita in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si tiene ogni anno il 25 novembre.

L’obiettivo è mettere in evidenza un tipo di violenza che non è quella quotidiana subita, purtroppo, al giorno d’oggi da molte donne, ma quella che nel corso della storia ha interessato innumerevoli cittadine di ogni parte del mondo, e di cui ne viene raccontata la vita.

Si tratta di scrittrici, studiose, inventrici, il cui contributo è stato dimenticato a causa della disparità tra i sessi ancora molto forte nelle culture dei secoli scorsi. Per questo l’esposizione mira a far riflettere sul passato, ma anche sul presente, portando a galla le censure e i silenzi che hanno fatto sì che queste vite cadessero nell’oblio e nel dimenticatoio, tramandando un passato di cui conosciamo solo uomini, in campo artistico, politico, o scientifico.

Secondo chi ha curato i materiali «alla base della violenza fisica e psicologica contro le donne, e contro tutti i corpi femminilizzati, c’è un modello culturale arcaico, fondato sulla sopraffazione di un genere sull'altro, che giustifica un'idea di amore come possesso, controllo e arbitrio».

Molti i nomi delle donne ricordate, dalla pittrice italiana Seicentesca Giovanna Fratellini, alla matematica e letterata francese Settecentesca Émilie Du Chȃtelet, alla critica d’arte Novecentesca Carla Lonzi, e tante altre.

«Il patriarcato è una forma recente di organizzazione sociale», spiegano ancora le donne del collettivo RivoltaPagina che ne hanno curato l'allestimento.

Una parte dell'esposizione lungo i corridoi del Monastero dei Benedettini

Una parte dell'esposizione lungo i corridoi del Monastero dei Benedettini

«Numerosi reperti archeologici mostrano che tutte le civiltà preistoriche sono basate su organizzazioni sociali matrifocali, femminili, nelle quali non esiste la proprietà privata, la gerarchia, la guerra – aggiungono -. La società è organizzata in piccoli clan, che hanno la donna più anziana come referente per tutte le questioni pubbliche e private. Le donne sono sacerdotesse, guaritrici, cuoche, artigiane, custodi delle tradizioni, inventano l'agricoltura, la medicina, le tecniche per la conservazione degli alimenti, probabilmente anche il fuoco».

Si pensa che il monopolio delle armi da parte degli uomini abbia messo in crisi «le civiltà matrifocali, che sono state soppiantate dal modello patriarcale intorno al 2000 a.C.», e che il nuovo potere maschile «si accanisce sul genere femminile gestendone la sessualità, precludendogli l'accesso alla cultura, all'arte, alla libertà di movimento e di pensiero, e alla sacralità della Madre Terra si sostituisce il Dio maschile delle grandi religioni monoteiste, nel cui nome si praticano guerre e distruzioni che legittimano ogni sorta di espansionismo e sfruttamento delle risorse».

La decisione di istituire la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne il 25 novembre non è casuale, e come spiega il collettivo catanese «nel 1980, a Bogotà (in Colombia), nel corso di un incontro internazionale femminista, fu deciso di dedicare una giornata alle donne vittime di violenza, e fu scelto il 25 novembre per rendere omaggio alle tre sorelle Mirabal, eroine della lotta di liberazione della Repubblica Dominicana, torturate e uccise il 25 novembre del 1960 dagli agenti del dittatore Rafael Trujillo».

La mostra è uno strumento di scoperta, conoscenza e confronto. «Il nostro desiderio – proseguono le donne del collettivo - è che le vite e le opere di queste donne siano studiate a scuola, che i loro nomi siano inseriti nei manuali per trasmettere forza e valore alle ragazze, aumentandone la capacità di sottrarsi alla violenza, e per dare una misura civile all’ego dei ragazzi».

L’esposizione è visitabile gratuitamente fino al 6 dicembre negli orari di apertura del Monastero dei Benedettini