Violenza di genere, le azioni di contrasto di Unict

Al Palazzo centrale primo incontro del ciclo promosso dalla Consigliera di Fiducia Maria Concetta Tringali con il Comitato unico di garanzia, sulle iniziative per la prevenzione dei reati e la promozione della cultura della parità e della non discriminazione

Mariano Campo (foto di Alfio Russo)

«Il problema della violenza sulle donne non si risolve solo nelle aule di giustizia. Le istituzioni come l’università devono fare il massimo per prevenire il fenomeno, vigilando intanto all’interno delle proprie strutture e formando in anticipo sia le giovani generazioni che tutti gli operatori e i professionisti che dovranno occuparsi di tali questioni».

Per il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, le agenzie formative hanno una responsabilità cruciale per la prevenzione dei reati orientati dal genere, se si considera che essi coinvolgono sempre più persone della fascia 18-35 anni: «È necessario che ciascuno di noi assuma – ha concluso l’autorevole magistrato, intervenendo martedì mattina al convegno dal titolo Il ruolo dell’università nelle azioni di contrasto alla violenza di genere – un atteggiamento privo di ipocrisie e ambiguità nei confronti di tutte le manifestazioni di discriminazione, a partire da linguaggi violenti e messaggi misogini nella musica o nei social. Tutti noi dobbiamo divenire sentinelle sociali».

Il convegno, promosso nell’aula magna del Palazzo centrale dell'ateneo catanese dalla Consigliera di Fiducia dell’Ateneo Maria Concetta Tringali, in collaborazione con il Comitato unico di Garanzia e con l’Ordine degli Avvocati di Catania, ha messo a fuoco vari aspetti legati al fenomeno della violenza di genere, con continui e approfonditi riferimenti al quadro giuridico attuale ed alle convenzioni internazionali, ma anche a una disamina di tipo psicologico e giuslavoristico.

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

«Stiamo parlando di reati che, anche nel 2024, vengono commessi ogni giorno – ha sottolineato il presidente dell’Ordine Antonino Distefano -: è una battaglia di civiltà che deve spingere noi avvocati a un approccio sempre più specialistico e multidisciplinare e improntato ai valori deontologici, evitando così che i processi si ribaltino sulle vittime, anziché sugli imputati».

«La vicenda di Giulia Cecchettin – ha ricordato il rettore Francesco Priolo, aprendo i lavori – è una ferita profonda per l’intera comunità universitaria italiana: il suo ricordo deve rappresentare un faro per tutto ciò che facciamo, e spingerci a dedicare massima attenzione alle iniziative di prevenzione delle discriminazioni».

«Le connessioni tra violenza e discriminazioni sono forti e accertate – ha osservato la prof.ssa Mariagrazia Militello, associata di Diritto del Lavoro al dipartimento di Giurisprudenza – legate a una condizione strutturale di disuguaglianza e a una manifestazione dei rapporti di forza storici tra i sessi. Per questo, ogni azione di contrasto non può prescindere dall’eliminazione delle discriminazioni, in ogni ambito».

In foto Maria Grazia Tringali e Francesco Priolo

In foto da sinistra Maria Concetta Tringali e Francesco Priolo

E in questo senso la psicologa clinica Iva Marino ha portato vari esempi di “scorie patriarcali” presenti nel comune linguaggio giornalistico e nei modi di dire di tutti i giorni, invitando però a focalizzare l’attenzione sulla dicotomia tra ‘narcisismi’ e dipendenze affettive, alla base di molti episodi all’interno delle coppie e delle famiglie: «Di relazioni ci si ammala – ha ammonito -, ma di relazioni si può anche guarire».

Il confronto, moderato dall’avvocata Tringali che ha anche accennato ai temi dei prossimi incontri del ciclo, è proseguito con gli interventi delle Consigliere di fiducia degli altri due atenei siciliani, Palermo e Messina, l’avvocata Claudia Pedrotti e la dott.ssa Mariella Crisafulli, e della prof.ssa Germana Barone, presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Catania, spostando il ‘focus’ su quanto avviene all’interno di una pubblica amministrazione.

«Occorre sempre cercare di spostare la soglia degli interventi, partendo dagli ambienti di lavoro – ha precisato Gabriella Nicosia, associata di Diritto del Lavoro al Dipartimento di Giurisprudenza dell'ateneo catanese -. Un malessere lavorativo spesso genera danni per la salute emotiva degli individui, se i comportamenti sono bloccanti o mortificanti possono anche suscitare uno specifico malessere di genere. In ogni caso sono tutti fattori che incidono significativamente sulla qualità dell’azione amministrativa e quindi sull’efficienza dell’ente».

Un momento dell'incontro

Un momento dell'intervento della Consigliera di fiducia Maria Concetta Tringali