Prendendo spunto dal volume di Cinzia Caporale e Laura Palazzani se ne è discusso al Polo didattico "Virlinzi" del Dipartimento di Giurisprudenza
Un incontro per mettere in luce alcune zone d’ombra riguardanti le IA prendendo spunto dal volume Intelligenza artificiale: Distingue frequenter. Uno sguardo interdisciplinare a cura di Cinzia Caporale e Laura Palazzani (Consulta Scientifica del Cortile dei Gentili).
È quanto i relatori provenienti da diversi ambiti hanno discusso, nei giorni scorsi, nei locali del Polo didattico “Virlinzi” del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania. Ad aprire i lavori i docenti Salvatore Zappalà e Giuseppe Speciale, rispettivamente direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania e presidente del corso di laurea in Giurisprudenza.
A seguire è intervenuto Orazio Condorelli, ordinario di Diritto ecclesiastico nell’ateneo catanese e moderatore dell’incontro, che ha introdotto il volume evidenziando come «il Cortile dei Gentili in antichità fosse un luogo di incontro, di dialogo tra credenti e non credenti, qualcosa di importante valenza culturale». «Ad oggi si può immaginare che questo “cortile” possano essere le università, luogo di cultura e dialogo, come noi oggi a questo incontro», ha aggiunto.
Successivamente è intervenuto Salvatore Amato, ordinario di Filosofia del diritto all’Università di Catania che ha proposto un approccio filosofico: «L’IA spiega che il mondo non è formato solo da materia ed energia, ma anche fornisce informazioni. Invenzioni come questa causano un shock antropologico che è tipico del cambiamento del mondo, come l’energia elettrica o gli smartphone. Con l’intelligenza artificiale dobbiamo effettuare un ragionamento particolare, è una tecnologia nuova, non si parla più di programmazione, ma bensì di addestramento, machine learning, il problema che sopraggiunge è l’imprevedibilità, proprio come noi esseri umani».
I docenti Giuseppe Speciale e Salvatore Zappalà
Ad offrire un approccio diverso è stato il docente di Diritto Ecclesiastico dell’Università di Palermo, Mario Ferrante. «Mi piace immaginare un grafico a forma di triangolo, nei tre vertici ci sono il Diritto, la Religione e l’Intelligenza artificiale – ha detto -. La lunghezza di questi lati dipende dalle relazioni tra i vari elementi, ci rendiamo conto che lo spazio che bisogna dare all’IA è parecchio, per via della sua importanza sugli altri punti». E ha aggiunto: «L’algoritmo viene ritratto come una divinità, un’entità che ci dà risposte, motori di ricerca come moderni oracoli».
Una situazione del genere porta ad una situazione pericolosa per le religioni tradizionali «l’evangelizzazione della tecnologia si può trovare nelle cosiddette “app religiose” che però causano la dematerializzazione dei luoghi di culto, se puoi pregare a casa non vai mica in chiesa», ha detto in chiusura.
L’intervento successivo è stato curato dai docenti Alfio Guido Grasso e Ugo Salanitro, rispettivamente ricercatore e ordinario di Diritto privato al Dipartimento di Giurisprudenza. «Sono due i tipi di IA, debole e forte: la prima sviluppa sistemi che possono eseguire una o poche specifiche azioni, mentre la seconda mira a creare un unico sistema in grado di eseguire la maggior parte delle attività che un essere umano può svolgere», ha spiegato il docente Alfio Guido Grasso.
Il tavolo dei relatori
«L’importante è la relazione di equilibrio tra esigenza di mercato e i diritti fondamentali, la libertà viene limitata dai confini umanisti, necessario è un richiamo alla coscienza, a riflettere riguardo la strada in cui ci stiamo incamminando», ha aggiunto il prof. Ugo Salanitro.
Don Antonino Sapuppo, direttore dello Studio teologico San Paolo di Catania, è intervenuto mettendo in luce la questione di sistema e modello. «Il sistema utilizza processi per raggiungere gli obiettivi, mentre il modello fa uso dei sistemi per raggiungerli, un esempio estremamente semplice può essere quello di una ricerca su Google come sistema e il ragionamento che si fa riguardo questa come modello, quest’ultimo è qualcosa di estremamente umano, il sistema di feedback utilizzato dagli ormoni noi lo utilizziamo in situazioni sociali», ha detto.
In chiusura dei lavori è intervenuto il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, vicepresidente della consulta scientifica del “Cortile dei Gentili”. Un intervento attorno ad un importante concetto per noi esseri umani, ovvero quello del limite umano.
«Ci rendiamo conto che l’uomo ha da sempre avuto dei limiti che però si è sempre impegnato a superare, è importante chiedersi però se questo limite esiste davvero dato il suo continuo “spostamento”, il mito della torre di Babele dovrebbe farci riflettere a riguardo, che l’IA sia una forma di avvicinarsi a Dio creando a nostra volta qualcosa a nostra immagine e somiglianza?», ha detto mons. Antonino Raspanti che, a chiusura di intervento, ha posto una nuova domanda: «Può essere che il vero limite dell’uomo sia il suo stesso porsi un limite?»