Al Centro Universitario Teatrale un dialogo interdisciplinare per raccontare il talento e l’intraprendenza dell’iconica soprano a cento anni dalla nascita
Un Omaggio a Maria Callas, il celebre soprano che con la sua voce ha incantato il mondo. E al Centro Universitario Teatrale, nei giorni scorsi, si è tenuto un dialogo interdisciplinare per raccontare il talento con un ospite d’eccezione: Alberto Bentoglio, docente di Discipline dello Spettacolo all’Università Studi di Milano, presidente della Consulta Universitaria di Teatro e autore del libro Maria Callas (Carocci, 2023).
L’incontro ha cercato di tracciare i contorni di una personalità complessa come quella della cantante greco-americana: dal talento vocale alla grande conoscenza delle partiture, la recitazione per il teatro d’opera e per il cinema, fino alla consacrazione a diva nell’immaginario collettivo.
Forza personale e preparazione artistica
In avvio, Simona Scattina, docente di Discipline dello Spettacolo dell'ateneo catanese, ha ricordato la dote attoriale di Maria Callas segnata dalla consapevolezza sulla scena e dalla capacità unica di trasformare i propri difetti in risorse, come nel caso della miopia.
La docente ha ricordato la presenza scenica della soprano, il cui canto “a piena voce” ricorda il modo di Eleonora Duse di trasmettere il proprio essere in scena, per poi soffermarsi sull’importanza della collaborazione con Luchino Visconti. Callas lo incontra in un momento in cui è già un’attrice e cantante consapevole delle proprie capacità ma lo scambio artistico con il regista le consente di affinare e maturare le proprie doti portandole a un livello ancora più alto.
In merito alla somiglianza con Eleonora Duse, Bentoglio ha precisato che «l’incontro con la regista Margherita Wallmann, spesso messa a margine, porta Callas a una completa trasformazione fisica». «Dopo la famosa dieta passa dal peso di cento chili a meno di sessanta ed è in questo modo che, come faceva la Duse, può immedesimarsi meglio in quei ruoli e avere un’agilità che non era consueta per il teatro d’opera degli anni Cinquanta, dominato da cantanti monumentali», ha aggiunto.
Ma incontri e collaborazioni dell’artista hanno a sua volta segnato i percorsi di altri protagonisti del teatro musicale. «Callas – ha osservato Bentoglio – è stata fondamentale per l’affermazione della figura del regista nell’opera lirica. Visconti e Zeffirelli devono a lei l’idea che fosse necessaria una guida generale. Questi registi superano il teatro del grande attore ottocentesco e Callas accoglie sapientemente il loro metodo, perché riconosce che è la strada giusta».
Un momento dell'intervento del docente Alberto Bentoglio
Su questa scia Graziella Seminara, docente di Musicologia e Storia della Musica dell'ateneo catanese, ha parlato del grande lavoro di Callas con Tullio Serafin, tra i più grandi direttori d’orchestra del Novecento, non solo sul piano vocale, ma anche su quello dei movimenti scenici. Ciò le consentiva di «recitare il canto» e di comprendere come muoversi in scena, anche in virtù del profondo studio delle partiture.
A tal proposito, Bentoglio ha sottolineato l’autonomia della cantante durante le fasi di costruzione degli spettacoli, che si fondava sull’attenta analisi dei testi musicali. «Callas si imponeva, mettendosi al centro dello spettacolo, ma quando sentiva che le idee erano stimolanti e musicalmente basate sulla partitura, aveva un atteggiamento collaborativo». L’ospite ha proseguito: «Zeffirelli, a Dallas, ebbe l’idea di interpretare la Traviata come un grande flashback, mettendo in scena Violetta già morente, come se l’intera opera poi fosse un ricordo degli eventi accaduti. Questa interpretazione era motivata dalla ripetizione delle stesse battute all’inizio del primo, del secondo e del terzo atto. Il riscontro sul testo motivò Callas ad abbracciare l’idea del regista».
Il rapporto con registi e direttori d’orchestra
Maria Rosa De Luca, docente di Musicologia e Storia della Musica dell'Università di Catania, ha poi considerato come nella ricerca sul teatro d’opera la figura del regista assuma un ruolo prioritario, con una marginalizzazione del direttore d’orchestra. Nel caso dello studio di Bentoglio, invece, De Luca ha notato come questo evidenzi la complementarità dei due ruoli, segnalando anche con l’esempio di Callas l’importanza dei direttori d’orchestra nella formazione dei cantanti.
«In quegli anni» – ha aggiunto il presidente della Consulta Universitaria Teatro ̶ «inizia il rapporto difficile tra direttore d’orchestra e regista, i due signori della scena». Callas, come ha spiegato l’autore, ha svolto un grande lavoro non solo insieme a grandi registi ma anche con tanti direttori, riconoscendone i meriti. Non a caso parlava spesso di Serafin, quasi fosse un ‘tormento’, ma anche di Bernstein e Karajan, della mancata collaborazione con Toscanini e delle sue grandi performance con de Sabata.
Un momento della proiezione al Centro Universitario Teatrale
Rimediare l’immagine della ‘Casta Diva’
Durante l’incontro, Maria Rosa De Luca ha posto l’attenzione sul tema della scarsità di filmati che ritraggono la soprano sul palcoscenico, per mantenere un’aura di diva o forse per scarsità degli strumenti di registrazione. Sulla questione, infatti, Bentoglio ha ricordato come da una parte ci fosse la volontà della diva di non essere ripresa; dall’altra la povertà tecnologica dell’epoca scoraggiava simili operazioni. Il risultato sarebbe apparso come una testimonianza povera che non avrebbe reso merito all’immagine della cantante.
Stefania Rimini, docente di Cinema, Fotografia e Televisione, è intervenuta sulla dimensione mondana legata all’immagine di Callas, impostasi al pubblico con un processo di costruzione divistica che passa anche dall’incontro con Pasolini e il cinema.
Contrariamente al parere di Visconti, che le aveva consigliato di non recitare nel film Medea, Callas ha accettato la sfida di fronte alla macchina da presa ed è riuscita a sopperire alla cancellazione del suo attributo principale, la voce, con una performance di grande plasticità attoriale, simile a quella di una diva del cinema muto.
Bentoglio ha evidenziato la profonda amicizia che legava la cantante e Pasolini e avanzato un’ipotesi sulla scelta compiuta dal regista di privarla della voce: «Callas si tuffa nell’avventura cinematografica in un momento in cui non avrebbe più potuto cantare, a causa dei problemi di salute. Il film Medea è del ’69, mentre le sue ultime apparizioni sul palco risalgono al ’65».
Il docente dell’Università di Milano ha poi aggiunto: «Purtroppo la critica accolse negativamente il film di Pasolini e la recitazione di Callas. Questo tentativo artistico ci mostra però l’intraprendenza di una donna intelligente, che va oltre la strada già segnata. Per esempio, non si fermerà al cinema, occupandosi anche di regia. Inaugurò un palcoscenico importante come il Teatro Regio di Torino. Anche se non ebbe molta fortuna, pensandoci bene, chi meglio di lei avrebbe potuto dirigere i cantanti d’opera?».
A conclusione dell’incontro, in omaggio alla diva e alla sua ‘immagine mancante’, è stato proiettato un filmato inedito, gentilmente concesso dall’archivio Home Movies di Bologna, che la ritrae con Luchino Visconti al Festival di Venezia del 1956. La sequenza è stata restaurata da Enrico Riccobene, dottorando in Scienze per il Patrimonio e le Produzione culturale al Dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania.
In foto da sinistra Simona Scattina, Stefania Rimini, Alberto Bentoglio, Graziella Seminara e Maria Rosa De Luca