Tra i numerosi eventi che hanno arricchito la giornata di studi dedicata a Roberto Roversi anche una mostra fotografica e pittorica al Monastero dei Benedettini
Ancora una volta sono i libri i protagonisti della mostra Una storia mai ascoltata, allestita negli ambienti espositivi del Museo della Fabbrica del Monastero dei Benedettini. A presentarla Pietro Ristagno, dell’associazione culturale Neon.
L’inaugurazione si è svolta subito dopo Conversazioni poetiche organizzate al Coro di Notte con la partecipazione di Mattia Barbagallo, Francesco Rossitto e Samuele Fontanazza, con un intervento video di Lucia Marcone, e di tantissimi studenti appassionati degli scritti, sempre attuali, di Roversi.
Ad accogliere i visitatori, nella prima sala, le fotografie che ritraggono Roversi accompagnate da frasi tratte dalle sue poesie.
Ad introdurre al secondo ambiente, un dipinto di Luciano Grasso con un rocchetto rosso e un ago, che vuole rappresentare il filo che lega tre artisti: Eletta Massimino con le sue foto, lo stesso Grasso con i dipinti e Roberto Roversi con brani tratti dalla raccolta Libri e contro il tarlo inimico.
Alcune fotografie con le frasi tratte dalle poesie di Roberto Roversi
È stata la fotografa catanese, Eletta Massimino, a spiegare la genesi della mostra: nel 2019 ha chiesto all’amico e pittore Luciano Grasso di realizzare un quadro il cui soggetto fosse un libro e «nel momento in cui ho messo il quadro nel mio studio, accanto alla libreria - ha spiegato la fotografa- ho provato la stessa sensazione di Roversi: l’esigenza di portare il quadro-libro fuori dal mio studio, farlo conoscere a più persone possibili».
Eletta Massimino ha quindi creato un dialogo tra il quadro e ciò che la circondava, «un mio ascoltare e rispondere a Roversi». «Più leggevo le poesie, più facevo foto, più avveniva il dialogo tra la fotografia, il dipinto e le poesie», ha raccontato emozionata. I suoi venti scatti, tutti in bianco e nero, riempiono le pareti riuscendo a trarre in inganno l’osservatore, che inizialmente non si accorge che il soggetto è sempre lo stesso.
Per Luciano Grasso, Roversi ha rappresentato il tassello che mancava per ricominciare a dipingere e aprirsi ad un nuovo stile. Entrando in sala, lo sguardo viene subito rapito dai primi due piccoli dipinti che rappresentano un quadro in compagnia di matite ormai usurate. È proprio uno di questi ad essere stato, per molto tempo, l’amico silenzioso di Eletta, il modello dei suoi scatti.
Alcune opere in mostra
A questi dipinti ne seguono altri, tutti con colori molto tenui, che ritraggono il libro in modi sempre nuovi e diversi. L’idea di Roversi di un libro che, come una farfalla, va verso il lettore, ha ispirato la tela più grande esposta, in cui un volume sembra prendere il volo circondato da farfalle, liberandosi dallo scaffale per raggiungere l’osservatore.
«I libri bruciano, e il poeta questa volta non ha paura del nemico», è il verso che accompagna una piccola tela che rappresenta un libro bruciato; sembra quasi di percepire la fragilità e l’odore acre che rimangono ora che il fuoco si è spento.
Guardando le opere esposte si capisce quanto il poeta Roversi abbia rappresentato per gli artisti e si avverte forte la necessità di fermarsi a ogni opera, leggere i versi che l’accompagnano e poi tornare con lo sguardo nuovamente sul quadro o sulla fotografia, per cercare la stessa ispirazione che ha guidato Eletta e Luciano.
Come ha detto Pietro Ristagno, è anche questo un altro esempio del prezioso lascito di Roversi, una «nuova dimensione creativa che nasce proprio dalle sue poesie».
Il libro che brucia