Intervista all’attrice e regista Luana Rondinelli e alle attrici Donatella Finocchiaro e Giovanna Mangiù
Si riaccendono le luci per Taddrarite, pièce teatrale di Luana Rondinelli scritta nel 2011, premiata al Roma Fringe Festival per la miglior drammaturgia nel 2014 e ancora in tournée nei vari teatri italiani.
È ritornata in scena anche a Catania, al Teatro Vitaliano Brancati dall'11 al 20 gennaio 2024, reduce dal successo e dai numerosi consensi ricevuti lo scorso anno, o, meglio, nel corso di questi tredici anni che la separano dalla sua prima messa in scena, ma che confermano che la sua fiamma è ancora viva.
Taddrarite è una rappresentazione forte, che ha alle spalle una penna brillante e drammaticamente ironica, ma, soprattutto, è una pièce che, nonostante gli anni, come accade solo alle migliori drammaturgie, mantiene intatte la sua forza e la sua resa sul palcoscenico ed è ancora/sempre in grado di rivelarci/svelarci qualcosa in più, merito anche della straordinaria interpretazione di Donatella Finocchiaro (Franca), Giovanna Mangiù (Maria) e della stessa Luana Rondinelli (Rosa).
A loro abbiamo rivolto alcune domande relative (proprio) alla pièce, che sono state chiamate a interpretare, al suo incredibile successo e, in maniera più generale, relativamente al ruolo ricoperto dal teatro oggi e le sue (eventuali) responsabilità nella nostra contemporaneità/quotidianità.
Una scena di Taddrarite
Rosa, Franca e Maria, tre donne-pipistrello pronte a rinascere, spezzando le catene del passato, tre donne forti che per iniziare una nuova vita, prima devono affrontare i loro fantasmi. In che modo è entrata nella pelle della sua 'personaggia', che tipo di lavoro di scavo, data la tematica di stringente attualità, ha dovuto fare nel testo e nella carne, e in che modo si è approcciata alla sua storia così da tradurla in scena?
«Il tema di Taddrarite è molto attuale e, nello stesso tempo, anche molto antico. L’unica differenza è che oggi le donne, come le nostre protagoniste, hanno iniziato a denunciare le violenze (psicologiche e fisiche) da loro subite. La strada da percorrere è ancora lunga ma il cambiamento deve proprio iniziare da Noi, siamo Noi a dover rompere questa catena», spiega Giovanna Mangiù.
«Entrare nella “pelle” di Maria è stato naturale, ma non sempre facile – continua l’attrice -. Naturale grazie alle parole scritte da Luana. Maria, Franca e Rosa sono ‘scolpite’ in maniera molto precisa e meticolosa dalla sua mano, ne descrive perfettamente il carattere, le luci e le ombre, evidenzia anche la loro parte ironica. Ma soprattutto ha dato a noi la possibilità di donare loro un po' della nostra personalità e della nostra sensibilità. La cosa più importante è che il nostro lavoro di approfondimento del testo non si è mai esaurito con il debutto».
«I nostri personaggi crescono, continuano a crescere ad ogni replica – aggiunge -. Ognuna di noi, ogni sera, trova una nuova sfumatura, un significato ancora più profondo alle parole che interpreta. C’è poco da fare, quando un testo è scritto bene, per noi attori è molto più semplice e molto più creativo poter vestire i panni di un personaggio. E poi una parte importante di questo nostro studio, è stata l’urgenza di dar voce a tutte quelle Taddrarite, a tutte quelle “fimmini silinziusi senza vuci” che abbiamo conosciuto e a tutte quelle che ci sono nel mondo».
Un momento dello spettacolo
Per lei, invece, che è l’autrice di Taddrarite, oltre che una delle attrici sul palcoscenico, proprio per essersi trovata a interpretare una delle sue creature, vale un discorso diverso? Quali il lavoro e l’approccio adoperati/utilizzati per tradurre/portare Rosa e la sua storia sulla scena?
«Io credo forse di essere stata la più agevolata ad entrare nel personaggio perché sono tutte e tre mie figlie – racconta Luana Rondinelli -. Sono personaggi che conosco benissimo, ne conosco i respiri, ne conosco il dolore e, quindi, sulla scena, anche se il personaggio di Rosa è il più lontano da me, è stato abbastanza facile indossare questo vestito. Naturalmente, non è facile per la tematica che affronta, perché, essendo Rosa la più remissiva e la più disillusa, ha un altro respiro rispetto alle altre sorelle, però le tre, sulla scena, hanno un equilibrio perfetto e devo dire che io, Giovanna e Donatella per questi tre ruoli riusciamo ad essere sulla scena un equilibrio perfetto, pur con questi tre caratteri completamente diversi».
Ripensando alle ultime notizie di cronaca e soprattutto al caso emblematico di Giulia Cecchettin, che ci ha ricordato ancora una volta come spesso è proprio il nostro compagno di viaggio, quello che ci promette un futuro meraviglioso, a toglierci ogni possibilità di viverlo - perché non accetta la separazione, perché non accetta l'indipendenza della persona che dice 'amata', perché geloso della capacità della compagna di 'mordere' la vita o semplicemente perché incapace di accettarla per quella che è, di rispettarla e di accettarne limiti e decisioni - , forse allora Taddrarite assume anche un'ulteriore sfumatura e possibilità di 'catarsi e resurrezione' (n.d.a.).
Donatella Finocchiaro e Luana Rondinelli
Al seguito di Rosa, Franca e Maria, possiamo vedere anche Giulia e tutte le altre prima e dopo di lei. Il loro sacrificio ci assolve e ci dà forza per un futuro diverso? Cosa può e possiamo (sperare di) fare? Il ruolo del teatro qual è?
«Sicuramente questo spettacolo parla di violenza sulle donne. Lo fa in una maniera secondo me molto particolare, perché usa toni leggeri e toni drammatici, leggerezza e profondità, nello stesso tempo, questo della scrittura di Luana, secondo me, è un valore aggiunto dello spettacolo – racconta Donatella Finocchiaro -. Luana l'ha scritto 13 anni fa, l'ha portato in scena con altre attrici e, adesso, per me è un dovere sociale portare in scena questo spettacolo perché quando vengono delle donne, ci guardano e con le lacrime ci dicono 'come mi sono rivista dentro questo spettacolo', è veramente traumatico e agghiacciante, ma, nello stesso tempo, capisci che il teatro è terapeutico, il teatro ti fa da specchio della realtà, così come il cinema, come il successo di 'C'è ancora domani', che deriva dal fatto che questa è la realtà e se lo vedi al teatro, se lo vedi al cinema, forse puoi prendere forza anche tu, puoi ribellarti, puoi dire 'no' a questa violenza che non è solo la violenza del femminicidio, la violenza fisica; c'è anche una violenza psicologica che bisogna combattere, che è una mentalità, una mentalità che purtroppo vuole ancora la donna sottomessa all'uomo, la vuole un gradino sotto, se non due e, quindi, questa famosa parità, questa indipendenza è ancora tanto lontana e la cosa che mi dispiace di più è vederla nei giovani».
«Ecco perché il caso di Giulia Cecchettin è proprio una cosa drammatica, perché la vedi nei ragazzi di vent'anni, che non sono capaci di gestire le loro emozioni, che non sono stati capaci di gestire un rifiuto, perché non sono stati educati sentimentalmente all'emozione e, quindi, il problema più grande in questo momento storico è la gestione delle emozioni, l'educazione sentimentale. La famiglia e la scuola devono farsi carico di questa responsabilità, è una responsabilità che, però, si vive nelle mura domestiche, perché se i genitori non sono in grado, non sono capaci di gestire le loro emozioni, come fanno a insegnarlo ai figli?», aggiunge l’attrice.
Donatella Finocchiaro
In questo senso, come si pone lei da donna/attrice/madre/sorella/figlia?
«Da quando sono madre cerco sempre di migliorarmi, di farmi aiutare, di fare terapia, di rilassarmi, di stare dentro a quello che faccio, di essere sempre concentrata, di avere cura di usare modi non violenti, non sgarbati con mia figlia, in modo da non farle respirare questo clima, perché se loro in famiglia respirano questo clima malato, questo clima di malessere, questo clima disfunzionale, lo potranno subire anche in una relazione di coppia futura e non va bene», continua Donatella Finocchiaro.
«Lo schiaffo, la punizione, la sculacciata, l'alzare la voce sono tutte dinamiche violente con cui non si devono più educare i bambini e questo è un problema generazionale, ancora tante mie coetanee e anche più giovani pensano che la punizione sia un atto giusto per il bambino, per dare le regole e non è così, le regole sono regole, ma le punizioni sono punizioni – aggiunge -. Ci vuole veramente tanta pazienza, ci vuole tanta accoglienza, i bambini hanno dei modi di reagire che non sono i nostri, quindi, per noi da adulti è facile dire 'eh fai il grande', 'perché piangi?!?', 'perché fai così?', ma rimane un problema di educazione, un problema molto forte, che bisogna combattere, che bisogna cominciare ad approfondire e Taddarite, il teatro, è terapeutico, ha questa forza in più, perché, ripeto, per me, è un dovere sociale fare Taddarite, parlare di violenza su un palcoscenico, come lo è stato per la Cortellesi realizzare il film 'C'è ancora domani'. È giusto che il nostro mestiere possa avere anche questo valore sociale».
Un momento dello spettacolo
Secondo lei che ne è l'autrice, il segreto del successo di Taddrarite, in scena per la prima volta nel 2011, dove risiede? Nel suo essere specchio di una realtà ancora tristemente attuale? O nella possibilità del teatro di ricordare e far ricordare, di essere 'scuola di civiltà e valori' per attuare un cambiamento concreto nella nostra vita e in quella delle nostre 'figlie'?
«Il segreto di Taddrarite, dal 2011 ad oggi, credo che stia nell'ironia, nel perfetto equilibrio tra dramma e comicità e nell'affrontare una tematica così forte, così dolorosa con un sorriso, un sorriso che diventa anche risoluzione, che diventa catartico e che ti fa riflettere. Il segreto è anche nell'aver avuto attrici che lo hanno interpretato di grande talento; nella mia passione e nella volontà di portarlo in scena; nel passaparola e nell'abbraccio costante che la gente ci regalava ogni volta che lo mettevamo in scena», spiega Luana Rondinelli.
«Quasi tredici anni per uno spettacolo che è stato una scommessa nel 2011 e che ho voluto con tutte le mie forze, che è purtroppo specchio della realtà, che è più che mai attuale e questo è un dolore per me, perché dal 2011 ad oggi non mi aspettavo che questa tematica fosse così attuale – continua l’attrice e regista -. Credo molto, però, nella forza del teatro, nella sua funzione salvifica e quindi credo che portare avanti questo spettacolo sia una responsabilità. Ho tanti aneddoti che potrei raccontare, che mi sono successi. Dopo lo spettacolo, si avvicinavano tante donne, si venivano a confrontare e, in quel momento, davanti a me, si materializzavano Franca, Rosa e Maria».
Lo spettacolo ‘Taddrarite’, dopo aver conquistato il pubblico catanese prosegue la sua tournée, invitando tutti a partecipare al suo rito di ‘liberazione’.