L’intervento del docente Riccardo Polosa, fondatore del Coehar. Un focus sulle ricerche, sui dati e sulle prospettive future
All’interno del dibattito globale sulla diffusione della cultura antifumo e in vista dell’obiettivo finale di un mondo smoke free, che vede contrapposta da un lato la necessità di contrastare i danni alla salute derivanti dall’utilizzo delle sigarette convenzionali e dall’altro la possibilità offerte in tal senso dai prodotti elettronici a rilascio di nicotina, il CoEHAR - Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania - negli ultimi anni ha confermato il suo primato scientifico nel panorama accademico internazionale con più di 130 pubblicazioni in soli 5 anni. Il centro di ricerca dell’ateneo catanese è riuscito infatti a dominare la rassegna stampa internazionale e ad entrare a pieno titolo nella pianificazione delle politiche di sanità pubblica dei governi di numerosi stati.
Le ricerche del Coehar
Recentemente abbiamo presentato al convegno annuale della Society For Research On Nicotine and Tobacco i dati di un piccolo studio pilota su una popolazione di adulti fumatori con più di 65 anni, ed è emerso che circa il 30% non ha mai provato a smettere.
Si tratta di persone escluse dalla ricerca biomedica e dalle attuali campagne di prevenzione che si focalizzano soprattutto sulle giovani generazioni. I fumatori più anziani sembrano quelli meno disposti a provare prodotti tecnologicamente diversi e falliscono se non indirizzati da un supporto professionale costante e formato.
In una revisione condotta dal CoEHAR sui pazienti affetti da BPCO (broncopneumatia cronica ostruttiva), una grave condizione polmonare che causa ogni anno più di 3 milioni di vittime, abbiamo evidenziato come i prodotti alternativi migliorano parametri come la qualità della vita, condizioni polmonari ed esacerbazioni della malattia. In assenza di alternative efficaci che mimino l’esperienza del fumo riducendo al contempo i componenti tossici assimilati, i pazienti continuano a fumare.
Dati che abbiamo raccolto non solo sulle funzioni polmonari ma anche su quelle cardiovascolari: il team di In Silico Science, uno dei progetti di ricerca del nostro centro, ha revisionato 25 studi internazionali per un campione di più di 1800 fumatori ed ha concluso che le sigarette elettroniche non comportano alcun rischio cardiovascolare aggiunto, non influenzando parametri come battito cardiaco e pressione sanguigna e che, al contrario, potrebbero condurre a benefici per la salute rispetto alle sigarette convenzionali.
Anche per i pazienti affetti da condizioni psicologiche estremamente totalizzanti, abbiamo riscontrato dati che meritano l’attenzione delle politiche antifumo: una ulteriore ricerca qualitativa condotta su un campione di pazienti schizofrenici ha dimostrato come il fumo intenso, in grado di normalizzare momentaneamente stati di ansia o stress derivanti dalla patologia, influenza non solo la loro salute, ma anche quella dei caregivers. Aiutare queste persone con metodi alternativi significa ridurre l’incidenza dei danni del fumo passivo e di terza mano.
La nostra ricerca cerca di sfruttare direttrici diverse per poter creare percorsi di intervento studiati e controllati: attraverso il progetto Replica 2.0, uno dei maggiori successi del CoEHAR coordinato dallo stesso direttore, il prof. Giovanni Li Volti, abbiamo replicato in maniera indipendente in 7 paesi diversi i risultati degli studi internazionali più noti in materia di vaping, arrivando alla conclusione che questi prodotti presentano un tasso di tossicità ridotto rispetto alle sigarette e stabilendo nuovi standard metodologici per la ricerca.
Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR
I dati sul vaping in Italia e nel mondo
Un successo sotto certi spetti, le cui ombre però si allungano verso una realtà molto più difficile da scardinare: se analizziamo lo scenario italiano, al momento i fumatori rappresentano circa il 19% della popolazione, con un tasso di morti fumo-correlate di più di 90 mila persone.
In poche parole, tra i 25 e i 44 anni, 1 persona ogni 4 utilizza sigarette (dati Ista 2021). Se prendiamo in esempio i dati provenienti dalla Svezia (ormai vicina allo storico traguardo di primo paese europeo ad essere ufficialmente “Smoke Free”) ci accorgiamo che negli ultimi 15 anni, la Svezia ha tagliato i suoi tassi di fumo dal 15% nel 2008 al 5,6% di oggi. L'incidenza del cancro in Svezia è inferiore del 41%. La Svezia ha un tasso di mortalità inferiore del 39,6% ed è uno dei tre paesi con il numero più basso di morti per fumo.
Tassi che coincidono con l’avvento e la promozione nel paese dei prodotti a rischio ridotto. Altri esempi si trovano in Norvegia, in Gran Bretagna e anche in Nuova Zelanda (per citarne alcuni). Si tratta di stati dove le politiche nel campo della riduzione del danno da fumo stanno portando a ottimi risultati sia nel calo di vendite di prodotti legati al fumo combusto, sia nell’eradicazione del fumo tra i più giovani.
La questione italiana
Il mese appena trascorso ha visto il CoEHAR in prima linea anche nel dibattito politico nazionale. In occasione dell’anniversario della legge Sirchia che, ricordiamolo, rimane una delle più importanti conquiste nella lotta al fumo sul territorio nazionale, l’attuale ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha dichiarato che l’azione futura del nuovo esecutivo si potrebbe orientare verso una linea di divieti ancora più stringente e severa.
E sebbene la politica dura contro la lotta al fumo di sigarette convenzionali possa essere ben accetta, da rivedere è di certo la posizione del Governo italiano che tende, nonostante le evidenze, a considerare le convenzionali bionde e i prodotti a rischio ridotto ancora sullo stesso piano.
Come i dati del CoEHAR hanno dimostrato in tutto il mondo, la possibilità concesse dai prodotti alternativi a rilascio di nicotina sono nettamente superiori e consentono a chi non riesce a smettere di fumare da solo, o semplicemente non vuole farlo, di ridurre del 95% i danni fumo correlati.
A tal proposito, le presa di posizione dei ricercatori del CoEHAR e dei suoi ricercatori hanno contribuito a determinare una inversione di rotta sulle posizioni rigide annunciate dal Ministero che, altresì, ha promesso di rivedere nelle prossime settimane la proposta normativa e le eventuali modifiche anche sulla base di quanto emerso dai dati scientifici.
Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR
I problemi da risolvere e le prospettive future
Purtroppo, dobbiamo combattere alcuni problemi fondamentali che i nostri studi hanno investigato e senza i quali non riusciremo mai ad apportare quei cambiamenti di cui chi fuma ha bisogno, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo: necessitiamo di programmi di formazione specifica per gli operatori sanitari e i medici, che rappresentano la prima linea di contatto del fumatore con il sistema sanitario.
È necessario investire in una ricerca indipendente e standardizzata: molte volte la revisione pre-pubblicazione degli studi scientifici non interviene correttamente nel bloccare la diffusione di studi che presentano difetti metodologici evidenti.
Occorre instaurare un dialogo costruttivo con i decisori pubblici: è impensabile che le politiche di sanità pubblica si basino su preconcetti ideologici e non su dati scientifici. Per supportare un fumatore che vuole smettere, bisogna innanzitutto accoglierlo nel sistema sanitario come si fa con un paziente e poi accompagnarlo seguendo le linee terapeutiche in linea con i principi scientifici odierni.
Auspico che nel futuro riusciremo a cambiare significativamente il corso degli eventi e che abbracceremo finalmente le potenzialità di questi strumenti, di comune accordo con normative che limitino l’accesso ai più giovani e con una classe medica e di professionisti che coadiuvino gli sforzi della ricerca per raggiungere l’obiettivo della piena cessazione.