Tra follia, passione e vendetta, sotto la cupola del Teatro Massimo Bellini di Catania: Lucia di Lammermoor
Un capolavoro senza tempo, una struggente Lucia di Lammermoor in tre atti, composta da Gaetano Donizetti andata in scena per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli nel 1835 su libretto di Salvatore Cammarano tratto da The Bride of Lammermoor di Walter Scott, torna al Teatro Massimo Bellini di Catania.
Una dettagliata ricerca quella di Donizetti, riguardante personaggi, linguaggio e situazioni che potessero stimolare la società dell’epoca Ottocentesca, fino ad allora amante del lieto fine, il gusto dell’intenerimento, la voluttà della commozione. Ebbene, Lucia, partendo da fatti meglio coordinati sotto il profilo narrativo, esprime più compiutamente l’esperienza, riprendendo anche caratteri musicali di Vincenzo Bellini, cercando sempre più di accostarsi all’immediatezza delle scene, a un linguaggio più realistico sopprimendo o riducendo le fioriture e l’ornamentazione nel canto delle voci maschili e, a volte, anche in quello delle voci femminili.
Lucia di Lammermoor
Il compositore ci offre un continuo giocare sul realismo drammatico, una Lucia che prova slanci d'amore fervidi e appassionati che vengono inibiti dal canto sillabico e spianato, facilmente riscontrabile nella cabaletta del I atto dell’opera Regnava nel silenzio, in cui emergono i primi sintomi pre-isterici accompagnati da confusione e allucinazioni, divenendo sempre più virtuosistico nel Quando, rapito in estasi.
Melodie che partono dall’accentazione delle parole per svilupparsi in un motivo semplice, tenero, malinconico, pieni di struggimento e incisività riuscito e interpretato con estrema passionalità nella seconda parte della cavatina Spargi d’amaro pianto in cui, Maria Grazia Scavo è stata capace con la sua vocalità sicura ma non sempre ben messa a fuoco nel registro acuto, di esprimere orrore e terrore, per poi cedere nel Larghetto della celebre scena della pazzia del III atto Ardon gli incensi in cui Donizetti richiede tutte le componenti del vocalismo d’agilità, virtuosismo belcantistico e fraseggi espressivi trasmettendo la fragilità, l’innocenza e la follia del personaggio. Una Lucia sostenuta dal mezzosoprano potente, sicuro e senza sbavature vocali, Claudia Ceraulo in damigella Alisa.
Un momento dello spettacolo
L’interpretazione funzionale, vocalmente molto spinta e in crescendo Sulla tomba che rinserra del tenore Francesco Demuro nel ruolo di Sir Edgardo di Ravenswood, capace di non perdere mai la flessuosità melodica mostrandosi credibile, pieno di ardore, passione e tormento. Buona resa anche nel duetto tra Lucia e Edgardo Verranno a te sull’aure e nell’avvio dell’aria finale di Edgardo di Tu che a Dio spiegasti l’ali. Al suo fianco, il tenore Nicola Pamio in Normanno.
L’interpretazione dei recitativi rende serrato il ritmo della narrazione. Donizetti predilige la tecnica del ‘parlante misto’, ovvero il recitativo è affine al canto come in Appressati, Lucia e M’odi, spento è Guglielmo, la scelta del declamato e il recitativo arioso di Edgardo in Tombe degli avi miei.
La saggezza, racchiusa nella voce di basso profonda ed espressiva, a tratti sofferente di George Andguladze in veste di Raimondo Bidebent che richiama compassione e rimpianto.
Marco Puggioni in Lord Arturo Bucklaw nella sua cavatina Per poco fra le tenebre incarna l’idea del tenorino amoroso tipico del melodramma. Infine, Lord Enrico Ashton, antagonista amoroso tipico del melodramma romantico interpretato dal baritono Christian Federici che è stato capace di esprimere scaltrezza e opportunismo.
Un momento dello spettacolo
Alla direzione, Stefano Ranzani che ha diretto l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini con maestria, precisione rispondendo alle diverse sfumature e strutture emotive dell’opera, seguendo il mutare degli eventi scenici; al suo fianco il violino di spalla Vito Imperato e violino concertino Salvo Domina per una perfetta coesione artistica ed equilibrio sonoro. Ottimi gli interventi solistici e il rendimento dell’arpa di Giuseppina Vergine che annuncia l’entrata di Lucia, all’oboe Stefania Giusti come intermezzo e la scena della pazzia in cui sentiamo il suono ‘bianco’ e scarno del flauto di Salvatore Vella.
Il Coro, guidato dal maestro Luigi Petrozziello capace di inserirsi già dalla prima scena dell’opera, ora bellicosa Percorriamo le spiagge vicine, ora festosa Per te d’immenso giubilo nel finale secondo atto, ora partecipe del dolore di Edgardo e commosso dalla sua agonia nel finale.
La regia di Giandomenico Vaccari, visibilmente accattivante è stata capace di valorizzare la forza drammatica dell’opera creando un’atmosfera cupa e suggestiva. L’allestimento di scene e costumi di Alfredo Troisi hanno contribuito a rendere e offrire al pubblico catanese la Prima dell’opera più immersiva e coinvolgente.
Un momento dello spettacolo