Il Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea di Unict e i pescatori uniscono le forze per approfondire le conoscenze sugli elasmobranchi mediterranei
Gli squali di profondità hanno sempre affascinato l’umanità incarnando spesso l'essenza della vita marina. Simbolo degli oceani, lo squalo da un lato incanta l’uomo, dall’altro incute timore. Sono ben oltre 500 le specie di squali esistenti, ma solo alcuni sono universalmente riconosciuti come quello bianco, tigre e martello. E tra queste pochissime specie abitano nel mar Mediterraneo e spesso sono minacciate dall’attività umana.
In questo contesto i ricercatori del Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea dell’Università di Catania, sotto la guida di Francesco Tiralongo, docente di zoologia, hanno avviato attività di ricerca.
In particolar modo le attività di ricerca sono incentrate sugli elasmobranchi mediterranei per approfondire molti aspetti biologici e ecologici che rimangono ancora da scoprire.
«I pescatori, grazie alla loro esperienza quotidiana e alla conoscenza profonda del mare, offrono una prospettiva unica e preziosa che arricchisce la ricerca scientifica. Questa collaborazione rappresenta un modello esemplare di citizen science, dove la scienza incontra il sapere tradizionale e la comunità locale diventa parte attiva del processo di ricerca», spiega il ricercatore e ittiologo Francesco Tiralongo dell’Università di Catania.
«L'apporto dei pescatori locali è insomma fondamentale – aggiunge il docente dell’ateneo catanese -, la loro conoscenza empirica e le osservazioni quotidiane sono diventate una componente cruciale nella raccolta di dati scientifici. Questa sinergia tra scienziati e comunità locali ha permesso di ottenere insights più profondi sugli squali di profondità, solitamente difficili da studiare».
Il lavoro del prof. Francesco Tiralongo e del nutrito gruppo dei suoi tirocinanti e tesisti, provenienti da più corsi di laurea, sempre più appassionati della ricerca, ha implicazioni dirette per la conservazione marina, offrendo nuovi dati basati su una comprensione approfondita degli elasmobranchi e del loro ambiente.
Un esemplare di Notidano Cinereo (Heptranchias perlo) durante le analisi presso il laboratorio. La particolarità di questo squalo è quella di avere ben 7 fessure branchiali al posto delle 5 presenti nella maggior parte delle specie
Attraverso il Progetto AlienFish, di cui Francesco Tiralongo è il responsabile scientifico nazionale, si promuove anche una maggiore consapevolezza ambientale tra le comunità di pescatori, trasformandoli in custodi attivi del mare, oltre a una fonte inesauribile e spesso affidabile di dati ed esemplari di specie di interesse, che purtroppo, rimanendo accidentalmente vittima dei loro attrezzi, diventano però importantissimi oggetti di studio, anche per capire la salute dei nostri mari.
Oltre ad approfondire aspetti biologici e ecologici di varie specie di profondità, nonché lo stato di conservazione, altri enti scientifici mettono a disposizione le loro competenze per valutare la quantità di contaminanti presenti nelle loro carni e organi.
Al progetto, non a caso. collabora anche il prof. Raffaele Gattelli, zoologo della Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Dopo più di un decennio il Progetto AlienFish, nato esattamente nel 2012 all’interno di Ente Fauna Marina Mediterranea, un’associazione no-profit di cui Tiralongo è attualmente vice-presidente, continua a mostrare e rimarcare il potere della collaborazione tra scienza e società.
«I nuovi dati che sono emersi in questi anni, e che continuano ad arrivare, sono testimonianze viventi di come la ricerca congiunta e il rispetto reciproco possano guidare verso un futuro più sostenibile per il nostro prezioso ecosistema marino – spiega il prof. Francesco Tiralongo -. Il progetto raccoglie dati non sono sulle specie inusuali e poco comuni come gli squali di profondità, ma anche sulla presenza e abbondanza delle specie marine aliene lungo le nostre coste».