Storia di Luka, calciatore montenegrino oggi laureato magistrale Unict

Campione di calcio e ‘resilienza’, il neo-dottore in Glopem ha ricevuto il premio #Noncifermanessuno per le sue coraggiose scelte di vita

Mariano Campo

Da ragazzo ha dato del tu a personaggi come Stevan Jovetić, Mirko Vučinić e Stefan Savić, tra i massimi esponenti di una fortunata generazione di calciatori montenegrini a cavallo tra gli anni ’90 e Duemila, battezzata dal ‘genio’ Dejan Savićević e dal bomber madrileno Predrag Mijatović, che ha conquistato allori nella Liga, in Premier e in Serie A.

Luka Petričević, nato nel 1992 a Podgorica, oggi capitale del Montenegro, una volta ‘provincia’ della nazione jugoslava, ha tentato di seguire le loro orme intraprendendo una carriera da giramondo del pallone tra il suo Paese, nel Budućnost Podgorica, la Serbia, nel OFK Beograd e nel Jagodina, la Grecia, nel Paok di Salonicco e nell’Agrotikos Asteras, nell’Orange County Soccer Club in California, per finire di nuovo in Montenegro con Mladost Podgorica, Kom e Lovćen.

Per lui – sottolinea orgoglioso – anche la soddisfazione di aver giocato in ben tre rappresentative nazionali giovanili: Jugoslavia, Serbia-Montenegro, e poi Montenegro, seguendo le vorticose e tormentate mutazioni della geografia balcanica, sul finire del secolo scorso.

«Crescere nei Balcani durante gli anni '90 mi ha plasmato sin da piccolo – racconta Luka -, anche se all'epoca non ne ero pienamente consapevole. Eravamo circondati da instabilità, sanzioni economiche e incertezze, noi bambini crescevamo nel modo in cui potevamo, senza davvero renderci conto di cosa stesse accadendo attorno a noi. Talvolta ci trovavamo a correre e a calciare bottiglie di plastica al posto di un pallone, interrompendo il gioco quando risuonavano le sirene per i bombardamenti, per poi uscire di casa poco dopo e riprendere a giocare».

Ma la sua è un’infanzia che non cambierebbe, afferma sicuro: «Al contrario di ciò che la gente potrebbe pensare – risponde -, non la rinnego affatto, dietro quei palloni a volte approssimativi, eravamo i bambini più felici che abbia mai visto. E quella situazione, lo capisco a distanza di anni, ci ha forgiato per affrontare molte altre cose nella vita».

Mediano globetrotter

Una vita da mediano, la sua, cominciata a 16 anni e conclusa nel 2019, alla vigilia della crisi pandemica.

«Ho costruito la mia carriera come calciatore da ragazzo – ricorda Luka, mostrando una foto della sua esperienza negli Usa -, ho giocato in cinque paesi diversi, ho vinto alcuni campionati e una coppa. È stata una scelta coraggiosa per qualcuno così giovane, e guardando indietro, posso capire come possa essere stata percepita come azzardata. Ma per me è stato un passo naturale per dimostrare a me stesso la mia dedizione. Ho incontrato molte difficoltà lungo il percorso, ma è stata una prova di apprendimento incredibile che mi ha fortificato ulteriormente. Ho dovuto imparare rapidamente a gestire il denaro e il tempo e a dare priorità alle cose davvero importanti nella vita».

Luka Petričević

Luka Petričević

«La maggior parte dei calciatori dell’attuale nazionale montenegrina sono parte di una generazione che è cresciuta insieme a me: adesso indossano la casacca giallo-rossa il mio migliore amico, il mio testimone di nozze e molti miei ex compagni», ha aggiunto.

A 28 anni però, gli è toccata una scelta altrettanto ‘coraggiosa’ e alquanto incompresa. Ha smesso di giocare e deciso di riprendere gli studi, dopo molti anni di stop, rilevando al tempo stesso l’azienda di famiglia che si occupa di matrimoni ed abiti da sposa, avviata 32 anni fa dalla madre, una delle prime donne imprenditrici nella Repubblica Socialista di Jugoslavia all’epoca.

Le strade della vita lo hanno, infine, portato a Catania, dove proprio pochi mesi fa ha conseguito la laurea magistrale in Global Politics and Euro-Mediterranean Relations del dipartimento di Scienze politiche e sociali, completando così il percorso formativo iniziato con la laurea triennale in "Relazioni Internazionali e Diplomazia", seguito poi dagli studi specialistici in "Politica Estera e Diplomazia" all’Università Donja Gorica di Podgorica.

Il premio #Noncifermanessuno

La sua vicenda ha catturato l’attenzione del giornalista Luca Abete che nella tappa catanese del suo tour per gli atenei italiani #Noncifermanessuno, ha voluto consegnare a Luka un riconoscimento speciale. “A Luka – recita la motivazione del premio consegnato il 9 ottobre scorso nella corte della Scuola Superiore di Catania -, per la tenacia, la forza d’animo e la positività con cui ha costruito, e continua a costruire, il suo futuro. La sua storia ci insegna che, nonostante le difficoltà e le incertezze del presente, è sempre possibile un cambio di rotta volto a realizzare i propri sogni”.

«Anche quando giocavo a calcio – spiega - il mio interesse per le relazioni internazionali e politiche, la storia e la diplomazia non è mai cessato, ho continuato a tenermi aggiornato, per questo sono diventato uno ‘studente internazionale’ del corso Glopem. Il mio futuro adesso lo vedo proprio a Catania, una città che, a mio avviso, presenta enormi prospettive e potenzialità, che purtroppo non tutti capiscono e non tutti vogliono vedere. Sto partecipando a vari progetti sia accademici che lavorativi. Mi impegno inoltre, grazie alla mia esperienza e al forte legame che provo verso questa città, a trasmettere questo sentimento a tutte le persone intorno a me, siano esse straniere o del luogo».

È anche un moto di riconoscenza verso chi, nella città etnea, lo ha accolto e sostenuto. «Penso che qui le persone siano autentiche nel mostrare ospitalità e accoglienza, qualcosa di molto simile alla cultura da cui provengo.  Non riesco infatti a ricordare qualcuno che non mi abbia aiutato da quando sono arrivato – ammette Luka -. Naturalmente ci sono alcune difficoltà burocratiche che noi studenti provenienti da paesi extra UE dobbiamo affrontare, e credo sinceramente che senza il supporto di tutto il team dell’Università di Catania la mia permanenza sarebbe stata notevolmente più difficile.

«Penso in particolare all’ufficio per la mediazione culturale e alla dottoressa Maria Sanfilippo, con cui ho avuto il piacere di lavorare, ma in generale a tutti coloro che si occupano di queste pratiche – aggiunge -. Ovviamente, i professori e i colleghi dell'università sono stati al mio fianco fin dal primo giorno e a loro vorrei sinceramente dire grazie».

Luca Abete, Luka Petričević, Francesca Longo e Daniele Malfitana

Luca Abete, Luka Petričević, Francesca Longo e Daniele Malfitana

I segreti della resilienza

«Credo che la ragione per cui siamo passati così spensieratamente attraverso i conflitti e le turbolenze degli anni '90 sia che, nel nostro intimo, sapevamo dare valore alla vera amicizia – ha confessato Luka nel corso della premiazione -. Questo è ciò che mi ha aiutato nella vita e mi ha formato come persona, come calciatore e, in seguito, come studente e imprenditore. Non importa quanto le cose sembrino andare male o essere contro di te, circondati delle persone giuste e tutto sarà molto più piacevole. Inoltre sarà più difficile andare incontro a fallimenti».

Il secondo suggerimento è quello di scegliere sempre ciò che sembra più giusto per sé stessi. «Non mi è difficile ammettere – ha riconosciuto – che nel corso della mia vita ho preso un discreto numero di decisioni che non hanno giocato a mio favore in quel momento: ma comunque le ho prese. Abitualmente – ha aggiunto rivolgendosi agli studenti presenti - tutti pensano di sapere cosa sia meglio per voi meglio di voi stessi, soprattutto alla vostra età. Ma se permettete agli altri di guidare la vostra vita, non saprete mai chi siete davvero».

«Questa è stata la cosa migliore che io abbia fatto per me stesso: pur rispettando il parere degli altri, ho sempre seguito ciò che ritenevo giusto per me – spiega -. Per avere successo e per onorare i sacrifici della mia famiglia. L'instabilità del mondo attorno a me non ha fatto altro che aumentare il mio desiderio di tracciare un percorso tutto mio, libero dai vincoli imposti dall'ambiente circostante».

«Le persone a volte non riusciranno a comprendere le vostre scelte – ha concluso Luka -, come non hanno compreso le mie. Per esempio, perché abbia smesso di giocare a calcio e deciso di trasferirmi e vivere in posti diversi, nonostante avessi una vita confortevole a casa, in Montenegro. Secondo la mia esperienza, più cose impari a fare e più esperienze accumuli nella vita, più persone e culture diverse incontri: tutto ciò contribuisce a plasmare e a costruire i pilastri della tua resilienza. In sintesi, i consigli che posso dare sono questi: circondatevi delle persone giuste, fate ciò che vi rappresenta veramente, indipendentemente da ciò che gli altri pensano, e siate tenaci, perché tutto ciò non sarà sempre facile. Se imparerete a conoscere bene voi stessi, nella vita riuscirete poi ad aiutare anche altri come voi».