Le artiste Chiara Marolla e Cinzia Sità presentano Αλς (Als) – Forme di vita durante la prima giornata del Performare Festival a Serradifalco
Bisogna prendere casa nel mondo, dare confidenze a un muro, alla curva di una strada. Così quando moriamo. Muore il corpo. E noi siamo immortali. Perché siamo in un rovo, nella tasca di un cappotto, nella gamba di un tavolo.
(Franco Arminio)
Una processione celebra la vita e ne segue il fluire incessante, dal momento in cui essa è ancora parte del Caos primigenio fino alla sua trasformazione nelle forme del mondo e, di nuovo, al suo ritorno all’infinità. Così la comunità riunita a Serradifalco segue la performance-rito di Chiara Marolla, Αλς (Als) – Forme di vita, realizzata in collaborazione con la drammaturga e danzatrice Cinzia Sità.
Le due artiste, in occasione della prima giornata del Performare Festival, quali sciamane hanno condotto gli spettatori in un viaggio itinerante che, come in un cerchio, è partito e ritornato al Parco delle Rimembranze, nel cuore di Serradifalco. Seguendo questo percorso circolare, la performance si apre già simbolicamente nel segno della vita.
Un momento del viaggio itinerante di Forme di vita
È lo spirito vitale che rinasce e rifiorisce, che ne determina lo stesso itinerario: nella fine si nasconde un nuovo inizio. La comunità, perciò, anziché seguire una statua votiva, come durante le celebrazioni religiose di paese, segue e celebra la vita stessa, nelle sue infinite possibilità e nel suo rifiorire continuo.
Questo è Αλς (Als), uno spettacolo che, dalle stesse parole dell’autrice, Chiara Marolla, «ha vissuto e vive per strada», abitando un luogo e nutrendosi anche della stessa presenza degli spettatori-fedeli. Si tratta di un’opera site specific peculiare nel suo genere perché in grado di mutare a seconda del luogo in cui viene messa in scena, diventando altro ogni volta.
In questo caso, è stata Serradifalco la cornice e il luogo ideale per ospitarla, ri-ambientarla e rigenerarla, in particolare rispetto alla prima versione, nata durante il periodo pandemico, che ha permesso a Chiara Marolla di portarla in piazza e trasmetterla attraverso i social.
Un momento del viaggio itinerante di Forme di vita
Proprio così ha incontrato Cinzia Sità, da allora sua insostituibile collaboratrice. Αλς (Als), dunque, rinasce ogni volta come nuova opera site specific, grazie alla cura delle due artiste, per le quali conoscere e potersi inserire in un luogo come Serradifalco, abitarlo e coglierne l’essenza, diventa un passaggio imprescindibile che anticipa ogni messa in scena. In questo caso, la comunità si è mossa da vicoletti stretti e angusti fino a uno spiazzo più ampio, affacciato su una distesa verde illuminata dal sole, permettendo allo spettatore di allargare lo sguardo e proiettarsi verso l’infinito: ancora una volta il percorso stesso diventa metafora dell’atto della nascita.
Pur essendo uno «studio di forma», come lo definisce la sua autrice, la drammaturgia dello spettacolo cambia a seconda dell’energia e dell’atmosfera che lo spazio regala. È un dialogo continuo che coinvolge anche il pubblico, anch’esso segno scenico e parte sia del processo creativo sia della restituzione ‘finale’, mai definitiva di fatto.
Il contesto in cui si inserisce lo spettacolo non è mai lo stesso: l’hic et nunc di benjaminiana memoria rivive in ogni performance, fissandosi in quell’istante fuggevole e nella mente di ogni spettatore presente, trovando compimento nel rito a cui solo quella comunità partecipa, in quel momento preciso e in quel luogo.
Un momento del viaggio itinerante di Forme di vita
Protagonista assoluta è, tuttavia, Chiara Marolla o, meglio, Αλς (als), personaggio che la danzatrice incarna. Si tratta di una creatura ibrida e ambigua, simbolo di una natura che sboccia, fiorisce. Αλς (als) in greco significa ‘sale’ ed è passato a indicare, poi, il mare, che è contemporaneamente materia di vita, infinità ‘informe’ e mutevole, in continua trasformazione.
La performance unisce al movimento del corpo di Als-Marolla, anche un canto ancestrale, un soundscape suggestivo e la voce narrante (registrata) della danzatrice, ma anche un gioco tra le corporeità di Chiara Marolla e dei vari oggetti prescelti (diversi per ogni performance).
Le due artiste hanno scelto di partire con la lettura (da parte della voce narrante registrata di Chiara Marolla) di un brano tratto dal libro E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto di John Berger, mentre il pubblico ha cominciato il suo peregrinare nello spazio, seguendo la guida di Cinzia Sità. Si è passati, poi, al canto e all’accompagnamento ‘sonoro’: musica, rumori, suoni, che si mescolano e si alternano in questo viaggio di vita.
Con il canto è la stessa Marolla-sirena a richiamare a sé il pubblico, dapprima con un canto averbale, ancestrale quasi, che rimanda alla dimensione pre-vita nel grembo materno; poi, con un canto in spagnolo, lento e venato di amarezza, per il senso della morte che si fa strada.
Un momento del viaggio itinerante di Forme di vita
A questo punto, il viaggio prosegue con la danza degli oggetti, qui un copricapo ricoperto di ramoscelli di ulivo e una canna di fratta. In un primo momento, Chiara indossa il copricapo e assume le sembianze di Αλς (Als). È una nascita in forma e le pose assunte dalla danzatrice attraverso i movimenti del suo corpo mimano un po’ le varie nature-forme che la vita può assumere, sfruttando al massimo tutte le possibilità corporee. In sottofondo, un suono costante, a tratti disturbante, segna metaforicamente la difficoltà di venire alla luce e prendere forma.
Nel suo procedere, Chiara andrà via via perdendo ramoscelli d’ulivo, in un processo di trasformazione costante e di crescita. Il bastone, l’altro oggetto coinvolto, prende vita e danza con lei, come controllato da fili invisibili che si perdono nello spazio. Esso può rappresentare il sopraggiungere della vecchiaia ed essere metafora di una saggezza acquisita con l’esperienza.
Il viaggiatore, giunto (forse) al termine della sua vita, si avvierebbe da solo verso la via che lo conduce all’infinito e, paradossalmente, potrebbe ritrovare sé stesso soltanto perdendosi e partecipando del tutto, in una fusione panica con il paesaggio. E, dunque, è nel vento e nel sole, nella musica e perfino nel rumore, che noi tutti viaggiatori ci possiamo ritrovare.
Un momento del viaggio itinerante di Forme di vita