Vittorio Emanuele Parsi, ospite alla Scuola superiore di Catania, è intervenuto sul ritorno della guerra in Europa e sulle sue drastiche conseguenze
«Nel corso di questi 75 anni la pace in Europa è stata resa possibile da un tessuto di istituzioni internazionali impegnato a costruire relazioni di fiducia tra nemici, ma tali sono rimaste: relazioni tra nemici».
Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionali all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in apertura del suo intervento, è entrato immediatamente al “cuore del problema” del confitto russo-ucraino che «ha radici profonde». E lo si evince bene anche dal linguaggio utilizzato dal docente che in più occasioni si è soffermato sulle «sfere di influenza» e «sull’anello di amici».
Ed è proprio in questo anello che l’Unione Europea si trova, letteralmente, circondata dal conflitto; uno scenario geopolitico assolutamente unico.
Un tema che è stato approfondito nel corso dell’incontro dal titolo Il ritorno della guerra in Europa: le conseguenze sul nuovo ordine internazionale organizzato, nei giorni scorsi, nell’aula magna di Villa San Saverio, nell’ambito della collaborazione tra il Dipartimento di Scienze politiche sociali e la Scuola Superiore dell’Università di Catania.
«In una Europa che pensava di essersi messa alle spalle la guerra, l’invasione della Russia in Ucraina ha disvelato la possibilità concreta di un nuovo conflitto», ha spiegato la prof.ssa Pinella di Gregorio, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, nell’introdurre l’argomento della lectio, estremamente legato alle ultime pubblicazioni del politologo italiano: Il posto della guerra e il costo della libertà (Bompiani, 2022) e Titanic: naufragio o cambio rotta per l’ordine liberale (il Mulino, 2022).
«Due titoli in qualche modo profetici», li ha definiti dalla prof.ssa Stefania Panebianco, docente del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, guardando in particolar modo ai recenti sviluppi del conflitto israelo-palestinese.
Un momento dell'intervento di Vittorio Emanuele Parsi, ai suoi lati le docenti Pinella Di Gregorio e Stefania Panebianco
Prima dell’avvio della lectio sono intervenuti anche i docenti Daniele Malfitana, presidente della Scuola Superiore dell’Università di Catania, e Adriana di Stefano, coordinatrice della Classe di Scienze umanistiche e sociali della scuola d’eccellenza, introducendo la domanda che l’intera comunità scientifica internazionale si pone: “Perché, ad oggi, la guerra usata come strategia politica, ha così successo?”.
Per Parsi la fonte del problema è da individuare nella crisi delle democrazie moderne: «La guerra rompe un tabù molto forte, quello di rompere con il passato, rompere accordi. La contestazione delle regole liberali trova un forte eco nel tempo. Per avere democrazie solide il sistema internazionale deve rispecchiare i valori democratici, ma nelle democrazie odierne si sono persi i caratteri di liberalismo, il sistema è disequilibrato».
Individuata questa «falla nel sistema» bisognerà distaccarsi dalle logiche degli eurocentrismi e ciò sarà fattibile solo se «saremo disposti a mettere in discussione le quote di potere nel sistema».
Secondo l’opinione del docente gli «Stati di potere devono essere disposti a rinunciare a dei privilegi, poiché lo squilibrio tra nord e sud del mondo ha favorito lo sviluppo di un mondo creato su misura dell’Occidente».
Parlando di disequilibrio la discussione si è naturalmente spostata sul fronte medio-orientale.
«Ciò che sta succedendo a Gaza è un atto terroristico di enorme scala che produce conseguenze ancor più grandi – ha spiegato -. La guerra ha sempre finalità politiche, è sempre ben calcolata e razionale pur mobilitando attori irrazionali, quali il terrorismo. Qual è lo scopo politico di Hamas?».
Un momento del dibattito nel corso dell'incontro
Il prof. Parsi ha insistito sull’evidenziare i caratteri genocidiari dell’attentato contro Israele: «Lo sterminio di un popolo non è uno scopo politico conciliabile con nessun attore internazionale».
«Bisogna considerare anzitutto la triade attori-contesto-fatti – ha aggiunto -. Vediamo l’appoggio a un sistema terroristico, che tuttavia è stato generato da vent’anni di politica colonizzante feroce, senza dimenticare la nullificazione degli accordi di Oslo.Hamas lucra sul problema irrisolto della Palestina, lucra al fine di un altro scopo, che non è la liberazione della Palestina, ma la distruzione di Israele».
La riflessione di Parsi si è, infine, concentrata sulle possibili soluzioni del conflitto.
«La guerra è una istituzione umana; non può essere sradicata, ma l’istruzione in campo internazionale potrà sicuramente aumentare la repulsione verso l’uso della violenza – ha precisato -. Può tuttavia essere controllata, ridotta, contenuta, in uno sforzo senza fine».
Con queste parole il politologo, che già in passato era stato ospite dell’Università di Catania in più occasioni, ha introdotto le nuove sfide dell’ordine globale: innanzitutto la decentralizzazione delle politiche internazionali, prendendo in considerazione il punto di vista degli Stati al sud del mondo che hanno dato vita al BRICS che comprende, tra gli altri, il Brasile, la Russia, l'India, la Cina e dal 2010 anche il Sudafrica.
«Bisogna studiare le condizioni che consentono la pace e quelle che non la consentono. Ciò non può essere fatto senza capire l’atteggiamento dell’altro nei confronti della guerra. Chi sta nel sud del mondo ha una visione diversa dalla nostra e questa diversità va riconciliata», ha aggiunto.
La seconda grande sfida, secondo il docente, sarà mettere in discussione il sistema democratico interno di molti paesi: «La democrazia resta il sistema più ‘gentile’ verso i governati mai inventato; ci sono sicuramente dei punti da rivedere, ma non bisogna perdere di vista i veri valori democratici, per non correre il rischio di cadere nelle logiche populiste, sovraniste e oscurantiste».
A chiusura della lectio, spazio alle domande dei presenti, come quelle poste dalle docenti Stefania Panebianco e Daniela Irrera, che hanno dato il via ad un intenso dibattito con i numerosi studenti presenti nell’aula magna e sui temi riguardanti anche i governi di Cina, Russia e Corea del Nord.