L’appello dello scienziato Antonino Zichichi ai 'potenti' del mondo in occasione dei 60 anni di attività del Centro di Cultura scientifica Ettore Majorana
Sessanta candeline. A “spegnerle” è stato il professore Antonino Zichichi, il deus ex machina della Fondazione e il Centro di Cultura Scientifica “Ettore Majorana”, che nei giorni scorsi, a Erice, ha festeggiato i 60 anni di attività. Al suo fianco i rappresentati delle istituzioni locali e nazionali e oltre cento scienziati e studiosi giunti da tutto il mondo.
Una testimonianza forte di quella visione condivisa della scienza e della cultura quali strumento a servizio dell’uomo e a sostegno della formazione delle nuove generazioni.
«In questi sei decenni al “centro” si è lavorato per affermare e diffondere la cultura della scienza – ha dichiarato il professore Antonino Zichichi, fondatore e presidente della Fondazione e Centro di Cultura Scientifica “Ettore Majorana” – Abbiamo lavorato e continuiamo a farlo perché i giovani studenti possano, oggi come ieri, incontrare scienziati e premi Nobel, e dalla loro viva voce ascoltare le spiegazioni delle più recenti scoperte e invenzioni.
«Se in questo piccolo e fragile satellite del Sole trionfasse la cultura scientifica, vivremmo meglio e in un mondo migliore. Ancora oggi il mio sogno nel cassetto è l'affermazione dell'etica e della cultura della scienza, perché se a guidarci fosse la scienza trionferebbe la pace, non avremmo più guerre e conflitti, che sono la negazione dell’uomo», ha aggiunto il prof. Antonino Zichichi.
L'intervista al prof. Antonino Zichichi (servizio di TeleSud)
«Il Centro di Erice nasce sessanta anni fa non solo come detonatore di pace, nè come modello Cern dove tutti gli scienziati si possono trovare e lavorare insieme con una prospettiva orizzontale e neanche creando una verticalizzazione dei saperi che inibisce i talenti e le scoperte, ma ha saputo soprattutto unire l’università alla ricerca. Un tema straordinariamente originale», ha dichiarato la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, nel corso del suo intervento in diretta streaming, ricordando anche i settant’anni di Enrico Fermi e i cento anni di Guglielmo Marconi.
«Noi della ricerca abbiamo molte cose da festeggiare nel 2024 come il G7 Ricerca e Innovazione a presidenza italiana», ha sottolineato il ministro del Mur.
Nell’aula magna Paul Dirac dell’Istituto Blackett San Domenico di Erice l’ambasciatore Umberto Vattani, presidente della Venice International University e del Comitato per le Celebrazioni, ha ripercorso la storia della Fondazione (vai all'articolo di approfondimento), dalla forza visionaria che l’ha animata, dalla sua prima scuola di Fisica Subnucleare del 1963 sino ad arrivare alla stesura del celeberrimo Manifesto di Erice che è stato riletto evidenziandone la sua attualità, nonostante sia stato scritto 40 anni fa dal professor Zichichi con i premi Nobel Paul Dirac e Piotr Leonidovič Kapitza, successivamente sottoscritto da oltre 90mila scienziati a livello mondiale.
Il prof. Antonino Zichichi
A presentare l’Addendum al Manifesto è stato il prof. Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto Nazionale Fisica Nucleare e condirettore, insieme a Antonino Zichichi, della Scuola di Fisica Subnucleare. Nell’intervento il prof. Zoccoli ha spiegato le motivazioni che hanno suggerito questa nuova integrazione. Su tutte la crisi del sistema multilaterale e i conflitti armati degli ultimi tempi, guerre che hanno riproposto con ancora più forza la necessità che nel mondo si affermi l’etica della scienza, univo vero e autorevole veicolo di pace e di collaborazione tra i popoli e i governi.
Nel giardino dell'Istituto Isidor Rabim, all’interno dell’ex Monastero di San Rocco, il prof. Zichichi ha scoperto una stele in marmo con l’autografo del Manifesto di Erice del 1982 e ha sottoscritto per primo l’Addendum al documento, seguito da Antonio Zoccoli e da tutti gli scienziati presenti.
Prima di recarsi nell’aula magna Paul Dirac per la ripresa dei lavori, il professore Zichichi ha partecipato ad un momento di preghiera con il vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli, davanti alla statua della Madonna della Pace, custodita fino al 2020 all’interno della Fondazione Ettore Majorana, e riportata, per volontà dello stesso, nella sua sede storica, la Chiesa di San Pietro.
Le celebrazioni – patrocinate dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Ministero dell’Università e della Ricerca - si sono concluse, infine, con la presentazione, da parte dei direttori, delle rispettive scuole della Fondazione e Centro di Cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice.
Tra queste anche quelle dell’Università di Catania: la School of Complexity presentata dal coordinatore Andrea Rapisarda, la International School of Materials for Sustainable Development and Energy illustrata dal coordinatore Antonio Terrasi e la International School of Ius Commune che è stata esposta dal co-coordinatore Orazio Condorelli.
I docenti Andrea Rapisarda e Antonio Terrasi dell'Università di Catania
«Un evento così importante e coinvolgente dal punto di vista scientifico, etico e del messaggio che è stato stato lanciato da questo nuovo addendum che tutti noi direttori delle "scuole" scientifiche abbiamo firmato - ha spiegato il docente Andrea Rapisarda -. Credo che mai come oggi sia importante e fondamentale, così come negli Settanta con la Guerra Fredda e i conflitti ancora presenti nel mondo, raggiungere la pace. Gli scienziati devono dare un messaggio e questo è il luogo ideale dove la scienza e le discipline umanistiche devono dare un forte contributo».
«L'emozione più profonda è vedere quanto la formazione e la diffusione della cultura scientifica a tutti livelli sia radicata e si sia rivelata un successo in questi anni - ha aggiunto il prof. Antonio Terrasi -. Essere parte di tutto questo è emozionante e motivante per andare avanti su questa strada per tutti noi».
«Questo evento così coinvolgente è un'ulteriore spinta molto forte a continuare e responsabilizza tutti noi docenti e formatori verso le future generazioni - ha continuato il docente dell'ateneo catanese -. Credo che sia l'unica speranza per migliorare il mondo di oggi. Lo dobbiamo fare tutti insieme senza guardare ai confini geografici, politici e religiosi. Queste occasioni sono il fulcro di tutto quello che deve muovere il genere umano in modo totale verso la pace e la stabilità e benessere diffuso che ci permetta di pensare a un domani migliore per le future generazioni».
La Fondazione e il Centro di Cultura Scientifica “Ettore Majorana” (vai all’articolo di presentazione), fondata da Antonino Zichichi nel 1963, comprende 136 scuole in tutti i campi della ricerca scientifica moderna che distribuiscono anche borse di studio a studenti meritevoli. Sessant’anni di lavoro improntato alla promozione e alla diffusione della scienza e della pace.
Nei vari decenni, le oltre 130 scuole postuniversitarie, per decine e decine di corsi in tutte le branche scientifiche, hanno accolto 160mila studenti da tutto il mondo, migliaia di professori, ricercatori, luminari della scienza e 158 Premi Nobel, venuti ad Erice per condividere con i giovani il loro sapere, elevando la Fondazione a eccellenza nel settore, riconosciuta a livello mondiale.
Il prof. Antonino Zichichi mentre firma l'Addendum al Manifesto di Erice
Addendum al Manifesto di Erice (1982) - 11 novembre 2023
Nel 1982 il Manifesto di Erice sottolineava il ruolo della scienza e degli scienziati come strumento per contrapporsi al rischio di olocausto nucleare derivante da un mondo polarizzato in blocchi militari contrapposti. Circa centomila scienziati e molti esponenti governativi vi hanno aderito. Negli anni successivi alla redazione del Manifesto, leader lungimiranti hanno stipulato storiche intese per il controllo degli armamenti e per la riduzione delle testate nucleari, portando alla progressiva distensione che ha favorito la fine della Guerra Fredda.
Da allora, tuttavia, il mondo ha subito cambiamenti profondi, nuovi schieramenti e nuove potenze sono apparse negli scenari economici, politici e militari. L’umanità si trova ora ad affrontare rischi crescenti di rinnovata corsa al riarmo in un contesto che si estende dagli esistenti piani delle armi nucleari, delle altre armi di distruzione di massa e delle armi convenzionali a quelli che vedono l’impiego malevolo delle emergenti tecnologie duali e delle crescenti sfide per la sicurezza dello spazio extra-atmosferico. È ora in gioco la tenuta stessa dell’architettura internazionale di disarmo, controllo degli armamenti e non proliferazione derivante dalla fine della Guerra Fredda.
La crisi del sistema multilaterale e gli accadimenti degli ultimi tempi ripropongono così con maggiore forza l’affermazione del potere della scienza come veicolo di pace e di collaborazione tra popoli e tra governi, in un contesto che deve essere di moderazione e ritorno al dialogo costruttivo.
Gli effetti della pandemia dovuta al Covid-19, il degrado graduale, ma inesorabile dell’ambiente, i numerosi focolai di guerra, presenti persino nell’Europa che dal secondo dopoguerra ha vissuto in pace per quasi 80 anni, con la sola eccezione della ex Jugoslavia, dimostrano che il linguaggio della scienza, le sue scoperte messe al servizio dell’umanità e la collaborazione tra scienziati di differenti origini, rappresentano mezzi per affrontare in maniera globale le nuove sfide che mettono in pericolo l’esistenza del genere umano.
L'intervista ad Antonio Zoccoli dell'Infn, co-direttore della "scuola" di Erice (servizio di TeleSud)
Lo sviluppo attuale della scienza si fonda sulla collaborazione internazionale tra numeri rilevanti di ricercatori e sulla possibilità per essi di essere continuamente in contatto, senza restrizioni. Occorre riaffermare l’indipendenza e la neutralità della scienza al di là di finalità politiche strumentali o aggressive, ponendo il bene dell’umanità al centro delle nostre preoccupazioni.
Anche nei periodi più oscuri della Guerra Fredda lo scambio di idee tra gli scienziati degli opposti blocchi non si è mai interrotto, perché si è sempre ritenuto che la scienza travalicasse i credi e la politica della contrapposizione e dello scontro. Gli attuali eventi bellici hanno riproposto drammaticamente una crisi di relazioni internazionali che non appartiene allo spirito della scienza e della condivisione globale della conoscenza. È necessario invertire la rotta.
Un coordinato sforzo mondiale degli scienziati ha permesso di salvare milioni di vite umane e di sconfiggere una forma particolarmente aggressiva e mortale di pandemia. Tutto il mondo è ormai connesso in forma sistemica e nessun Paese, incluse le maggiori potenze mondiali, può pensare di poter agire efficacemente da solo.
In quest’ottica si intende riproporre la grande attualità e l’odierna validità del Manifesto di Erice, per riprendere e favorire il dialogo e la cooperazione tra scienziati di tutto il mondo, come strumento di pace, di progresso e di risoluzione delle emergenze planetarie come alternativa al confronto e alla polarizzazione, che in misura crescente caratterizzano la nostra epoca.
La stretta di mano tra gli scienziati al termine dei lavori del 1982