“Quando muori resta a me”: Zerocalcare e i rapporti familiari

Presentazione dell’ultimo graphic novel di Zerocalcare, tra una serie di non detti e un «ancestrale groviglio di nodi mai sciolti»

Adriana Matarazzo

«L'angolazione maschile sulla comunicazione padre-figlio è decisamente più assente ed è difficile da trattare. Il libro non mette in discussione niente, è una fotografia, una presa d’atto della situazione. Non è che dopo aver finito questo fumetto io e mio padre abbiamo iniziato a parlare, siamo fatti così e molto probabilmente non cambieremo mai». Ha esordito così l’artista Zerocalcare a Etna Comics 2024, presente nella Lounge Creator, dove si è svolta la presentazione del suo ultimo graphic novel, intitolato Quando muori resta a me, edito da Bao Publishing.

A presentare l’opera, oltre all’autore, Michele Foschini, fondatore della casa editrice Ciao Michele… Michele Rech. L’editore ha così inaugurato l’incontro-conferenza per ricordare il vero nome di Zerocalcare. Un clima informale che ha immerso in realtà i presenti nel tema principale dell’opera: le dinamiche familiari dell’artista insieme alla mancanza di comunicazione tra gli uomini di casa Calcare.+

In foto da sinistra Zerocalcare e Michele Foschini

In foto da sinistra Zerocalcare e Michele Foschini

Rapporti familiari

«Mio padre  ̶  ha confidato il fumettista  ̶  non è una persona che parla molto. Mia madre fa da tramite e se devo chiedergli qualcosa lei fa da mediatrice. È come se sentisse il peso del mondo su di lei, deve essere sempre quella che garantisce l’armonia nonostante la fine del matrimonio».

Un rapporto molto complicato quello tra i due, messo alla prova fin dall’infanzia dell’autore, quando i suoi genitori si sono separati e il padre ha visto sempre meno il figlio. Ciò ha creato fra i due un muro di silenzio, che il signor Rech ha tentato di colmare comprando cose inutili che andranno al figlio nel momento della sua dipartita (da qui il titolo dell’opera).

«L’ultima cosa che si vantava di lasciarmi sono 52 macchinine in scala». Non solo, è una sorta di ‘stakeholder’ della Bao: «Compra tutti i miei libri in più copie, compresi i gadgets, e li tiene in una stanza. Ha una specie di mausoleo su di me, come se fossi morto». È lecito quindi domandarsi quale reazione potrebbe aver avuto il padre leggendo l’ultima opera del figlio, ma Michele non ne ha la più pallida idea, non gli parla, e ora che ha raggiunto i quarant’anni questo rapporto comincia a pesargli.

Il viaggio

Zerocalcare ha introdotto così l’opera: «Un libro allo stesso tempo molto personale e molto sociale, in grado di toccare situazioni collettive tramite una individuale». 

La storia di Quando muori resta a me parla di un viaggio verso i luoghi d’infanzia di genitore 2, a Merìn, un villaggio dell’entroterra friulano, a causa di un guasto alla casa di famiglia. L’autore si ritrova a dover fare i conti con «cento anni di odio e di rancore» ereditati dai pronipoti di un personaggio per un torto risalente al suo bisnonno, con un segreto, con una serie di non detti, ma soprattutto con sé stesso in quella casa buia e silenziosa che sembra scavargli nel profondo.

Zerocalcare si rende conto di non aver più vent’anni come ai tempi del G8 di Genova, che quel tempo che gli è sembrato un battito di ciglia corrisponde in realtà a ventitré anni e che ha raggiunto la soglia dei quaranta rimandando tutte le cose che avrebbe voluto fare prima, come un figlio. Si possono riconoscere quindi due viaggi paralleli: il primo di tipo fisico, da Roma a Merìn insieme al padre; il secondo, invece, di tipo psicologico, che mette davanti all’autore mostri del passato, del presente e del futuro.

Un momento del firma copie, tenutosi nel pomeriggio dopo la conferenza

Un momento del firma copie, tenutosi nel pomeriggio dopo la conferenza

Complessità di linguaggio

L’editore, verso la fine della presentazione, ha posto l’accento su un fenomeno piuttosto importante: molti lettori non hanno colto il collegamento fra passato e presente. Infatti, la vicenda si costruisce su due piani temporali collegati fra loro: da un lato il passato del bisnonno, Giglio, in dialetto veneto e disegnato su pagine di diario, che documenta la rivalità tra Merìn e Larai, paesini di montagna nel Friuli -in cui l’autore farà dei firma copie per seppellire finalmente l’ascia di guerra-; dall’altro il presente del protagonista, vittima dei suoi stessi pensieri e di un torto non suo risalente al suo avo.

Michele Rech ha risposto in maniera molto chiara: «Se non è chiaro il collegamento tra passato e presente, probabilmente si tratta della mia incapacità a rendere la storia facilmente leggibile, ma ho anche notato un cambiamento. Dopo il Covid c’è stata (e c’è ancora) molta più polarizzazione e molta più difficoltà a ragionare in maniera complessa. Non pretendo che le persone siano d’accordo con me, ma vorrei che discutessimo delle robe che ho detto e non su quello che pensavi prima ancora che facessi il fumetto. Io ho un pubblico molto simile a me per quanto riguarda la sensibilità, adesso però non sento più questo legame». 

Infine, scherzando, o forse no: «Ormai cavalchiamo quest’onda, magari seminare la complessità porterà a qualcosa di buono o magari morirò frustrato».

Certamente la fama porta anche fruitori non abituati al linguaggio fumettistico, che, come sostiene Foschini, «si presta alla narratologia complessa. Ad esempio, quando nel 2023 abbiamo pubblicato il libro su Alfredo Cospito, La voragine: il buco nero del 41-bis, abbiamo ricevuto moltissime critiche. Non appoggiamo l’abolizione del 41-bis ma riteniamo sia stato applicato erroneamente in questo caso». Ciò ha portato Zerocalcare ad una sfiducia totale, tanto da sostenere di essere arrivato alla fase crepuscolare della sua carriera, mentre il suo editore è ottimista, è sicuro che il suo artista ha ancora molto da offrire, e i suoi fans sono d’accordo.

L’incontro si è concluso con un ringraziamento speciale ai presenti: «Grazie perché coltivate il desiderio di diversità, comunicazione, impollinazione tra culture e, in qualche modo, la discussione. Questi quattro giorni in fiera possono essere divertenti e magari non avere contatti diretti con la realtà fuori, ma l’attitudine a questo tipo di comunicazione è ciò che ci salverà dalla barbarie là fuori. Grazie di essere così».