Al Dipartimento di Giurisprudenza si è discusso di potere politico, amministrativo e giudiziario in Italia con un’analisi sulle attuali sfide e prospettive di riforma
Nel contesto della complessa evoluzione delle istituzioni italiane, il dibattito sul potere politico, amministrativo e giudiziario è più che mai attuale. Un incontro su questo tema si è tenuto nei giorni scorsi al Polo didattico Virlinzi" del Dipartimento di Giurisprudenza e ha visto la partecipazione di esperti provenienti dall’ambito accademico e giudiziario, nonché da cariche istituzionali, e degli studenti, per discutere delle difficoltà legate all'indipendenza della magistratura, alla separazione delle carriere e alle riforme della giustizia.
Il dibattito - in occasione dell'incontro dal titolo Quale organizzazione per il potere giudiziario? A proposito di separazione delle carriere, sorteggio, alta corte disciplinare - ha messo in luce le perplessità, i conflitti di potere e le proposte di riforma, tutto nell'ambito di un sistema che ancora oggi risente di un forte impatto politico e sociale.
Ad aprire i lavori il prof. Salvatore Zappalà, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza. A seguire - coordinati da Anna Maria Ciancio, ordinaria di Diritto costituzionale e pubblico – i lavori sono proseguiti con gli interventi di Giuseppe Speciale, presidente del corso di laurea in Giurisprudenza, e Anna Maria Maugeri, coordinatrice del dottorato di ricerca di Giurisprudenza, hanno introdotto i lavori.
Uno dei temi di rilevante importanza è sicuramente la questione dell'indipendenza della magistratura.
Sul punto è intervenuta Francesca Biondi, ordinaria di Diritto costituzionale all'Università di Milano e componente del Consiglio giudiziario della Corte d'Appello di Milano, la quale ha sottolineato che, secondo la Costituzione italiana, “non si può parlare di pubblico ministero senza considerare la sua indipendenza”.
“La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri è una necessità in quanto i due corpi, pur collaborando, svolgono funzioni differenti, ha aggiunto. La proposta di separare le carriere punta alla creazione di due ordini distinti, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, ciascuno con una composizione mista, ma con la caratteristica distintiva di un pubblico ministero indipendente.

Un momento dell'intervento del prof. Salvatore Zappalà
I temi della riforma della giustizia e la separazione delle carriere, già al centro del dibattito negli anni '90, sono stati ripresi durante la diciottesima legislatura, quando la revisione costituzionale è stata discussa, ma non approvata. La prof.ssa Biondi ha parlato anche “dell'introduzione del sorteggio come strumento per selezionare i membri del Consiglio Superiore della Magistratura”.
Un tema controverso che ha suscitato diversi pareri contrastanti tra i partecipanti. La docente ha esposto i rischi di un “cambio radicale”, sottolineando “la necessità di un approccio più equilibrato e mediatore rispetto all'idea di un sorteggio secco”.
Sulla separazione delle carriere è intervenuto in modo approfondito anche Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto della Repubblica al Tribunale di Catania, e già componente “togato” del Consiglio Superiore della Magistratura. Ardita ha esaminato le difficoltà legate alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, mettendo in evidenza come, in realtà, “le due carriere siano strettamente interconnesse”. A suo avviso “separare le carriere potrebbe risultare pericolos”, soprattutto in termini di coordinamento tra le due figure professionali e di continuità del lavoro svolto nei processi.
Ardita ha espresso forti dubbi sul fatto che “la separazione tra giudici e pubblici ministeri possa portare a un sistema più efficiente”. “La separazione non risolverebbe i problemi esistenti nel sistema giudiziario italiano, anzi potrebbe portare a una maggiore disfunzione e confusione, con il rischio di compromettere la stessa indipendenza della magistratura”, ha aggiunto. “Separare le carriere non sia una soluzione ideale”, ha precisato. A supporto della sua posizione, Ardita ha evidenziato e l’importanza della “cooperazione tra giudici e pubblici ministeri, essenziale per affrontare la criminalità organizzata, soprattutto in Sicilia”.

Un momento dell'incontro
Un altro punto sollevato da Ardita riguarda il sistema di selezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura. Il procuratore ha affermato che “il sorteggio radicale non sarebbe la soluzione più adeguata, poiché potrebbe portare alla creazione di un sistema di potere ancora più centralizzato e andrebbe a danneggiare ulteriormente la trasparenza e la funzionalità delle istituzioni, menzionando pure lo stigma giornalistico”.
Si è poi parlato di prospettive di riforma. Sul punto è intervenuto Felice Giuffrè, ordinario di Diritto costituzionale e pubblico all'Università di Catania e componente “laico” del Csm, che ha offerto una visione personale sulle riforme proposte. Giuffrè ha sostenuto che “la separazione delle carriere è un argomento molto delicato, soprattutto quando si tratta di conciliare la necessità di indipendenza con le esigenze pratiche di funzionamento del sistema giudiziario”.
“Uno scatto tra il pensiero e l'azione delle istituzioni potrebbe essere positivo, ma occorre evitare che le riforme vengano influenzate da spinte politiche che rischiano di distorcere la loro applicazione”, ha aggiunto. “Una cosa è parlare con gli esponenti, altra cosa è parlare con i singoli magistrati”, ha precisato.
Il prof. Giuffrè ha anche evidenziato la centralità del testo costituzionale nella questione della separazione delle carriere, facendo riferimento agli articoli 101, 112, 104, 107 e 108 della Costituzione Italiana, dove sono delineatati i principi fondamentali dell'indipendenza della magistratura.
Secondo il docente “l'ambiguità di alcune disposizioni costituzionali riflette un equilibrio storico che va preservato, ma che, al contempo, necessita di una revisione che non stravolga i fondamenti stessi del sistema giuridico italiano”. In chiusura di intervento Giuffrè ha fatto anche riferimento al Codice Vassalli e alla sua importanza nel definire le nuove regole del giusto processo, evidenziando come “la democratizzazione del sistema giudiziario non sia stata completata”.

In foto da sinistra Giuffrè, Ciancio, Ardita, Nicotra e Maugeri
Il tema della politica e del suo ruolo nelle riforme della giustizia è stato un altro aspetto centrale discusso durante l'incontro. La prof.ssa Ida Angela Nicotra, ordinaria di Diritto costituzionale e pubblico all’Università di Catania ha sottolineato come “le istituzioni siano influenzate dalle scelte politiche e, inoltre, è stato menzionato il rischio di politicizzare eccessivamente la giustizia”.
“Viene dunque facile formulare che la creazione di un sistema di giustizia indipendente e imparziale richiede che la politica non interferisca nelle scelte dei magistrati, ma che si limiti a creare le condizioni per un'efficace amministrazione della giustizia”, ha spiegato.
Pertanto, è stato ricordato che la separazione delle carriere è solo una delle tante questioni che devono essere affrontate nel contesto della riforma del sistema giuridico italiano.
Altri temi fondamentali riguardano la responsabilità dei magistrati, la trasparenza del sistema giudiziario e l'importanza di mantenere una giustizia accessibile e equa per tutti i cittadini. Il dibattito sulla giustizia in Italia, quindi, non si limita a una questione tecnica, ma implica una riflessione più ampia sul ruolo delle istituzioni democratiche nel garantire i diritti fondamentali e nell'amministrare la giustizia in modo imparziale.
Dall’incontro è emerso che la separazione delle carriere, la trasparenza nelle nomine e la garanzia dell'indipendenza dei magistrati sono temi cruciali che richiedono una discussione approfondita e una visione chiara.
Come ha sottolineato la prof.ssa Biondi, in chiusura di lavori, “la riforma della giustizia non può essere un processo isolato dalla realtà politica e sociale, ma deve essere affrontata con attenzione e prudenza, evitando soluzioni radicali che possano compromettere il funzionamento del sistema”. Il dibattito continuerà nei prossimi giorni a Roma con passaggi cruciali per decidere le future linee guida della giustizia italiana.