Unict al centro di un’attività di ricerca e assistenza trentennale che ha portato a ridurre il gap di trattamento medico dal 90 al 50% tra la popolazione indigena
Circa 70 milioni di soggetti in tutto il mondo, secondo recenti stime, soffrono di epilessia. I due terzi vivono nei paesi tropicali dove la gran parte di loro, fino al 90% in alcune regioni rurali dell’America Latina, non riceve alcun trattamento specifico per questa patologia (treatment gap) a causa di mancanza di personale medico qualificato e per il costo dei farmaci antiepilettici.
A tutto ciò si aggiungono anche motivazioni etniche e culturali che impediscono alle popolazioni di ricorrere a cure mediche specifiche per l’epilessia, preferendo ricorrere a guaritori e sciamani, a terapie come rimedi naturali o riti improntati sul ciclo lunare o ancora a bagni speciali.
Da quasi un trentennio, in Bolivia, è attivo un gruppo di ricerca coordinato dalla prof.ssa Alessandra Nicoletti, ordinario di Neurologia nel dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e tecnologie avanzate "Ingrassia" dell’Università di Catania, che attraverso studi epidemiologici, training del personale medico e dei Community Health Workers e attraverso programmi di Community Awareness (consapevolezza delle comunità) ha quasi dimezzato il divario di trattamento nella popolazione Guaraní che vive nelle comunità rurali del Chaco, una macroregione pianeggiante che copre anche il Paraguay occidentale, l'Argentina settentrionale e parti del Brasile, nella quale gran parte dei residenti vivono in comunità isolate in abitazioni prive di elettricità e acqua corrente.
Il progetto di ricerca, che è stato oggetto di una pubblicazione dell'International League Against Epilepsy (Ilae) nasce da una lunga collaborazione tra le università di Catania e Firenze, che ha trovato il supporto di neurologi locali e di istituzioni locali, come l'Assemblea del Popolo Guaraní e il Ministero della Salute Boliviano. Molti dei progetti sono stati realizzati nell'ambito della Campagna globale contro l'epilessia, un'iniziativa congiunta tra Ilae, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e l'Ufficio Internazionale per l'Epilessia.
Community Health Workers Training
I ricercatori hanno iniziato la loro prima indagine epidemiologica nella provincia di Cordillera nel 1994. A quel tempo la provincia contava circa 56mila abitanti nei villaggi rurali: 10mila soggetti sono stati screenati ed oltre mille sottoposti a visita neurologica al fine di identificare i soggetti affetti da epilessia e altri disturbi neurologici.
La maggior parte delle valutazioni è stata condotta direttamente dalla docente Alessandra Nicoletti che ha trascorso più di un anno nel Chaco boliviano per condurre a termine lo studio. Lo studio ha permesso di identificare oltre 120 soggetti affetti da epilessia dei quali oltre il 90% non aveva mai ricevuto un trattamento specifico per l'epilessia.
In parallelo, sono stati avviati degli studi di tipo antropologico, nonché un’indagine sullo stigma dell’epilessia nella regione, dal quale si evinceva che le persone affette da convulsioni sono considerate dalla popolazione come in uno stato tra la vita e la morte, o che la causa dell’epilessia veniva prevalentemente attribuita ad alcuni aspetti del comportamento umano, come il consumo di cibo proibito o il mancato rispetto di un periodo di digiuno.
Il gruppo di ricerca ha completato una seconda vasta indagine epidemiologica nel 2010-2012, coprendo 114 comunità rurali situate in due comuni della provincia della Cordillera, con metodologie che permettevano di ridurre il numero di screening falsi positivi e ottenere al tempo stesso risultati più accurati sulla conoscenza dell’epilessia, sullo stigma e sulla qualità della vita in molte aree della Bolivia.
I ricercatori hanno anche avviato programmi di formazione per operatori sanitari medici e non medici che vivono nelle stesse comunità per migliorare le loro conoscenze sull'epilessia, considerando fondamentale il loro apporto nel riconoscimento e nella gestione della patologia.
Nel corso degli anni, grazie alle campagne di sensibilizzazione e di formazione, nelle aree rurali del Chaco boliviano il treatment gap si è ridotto di circa il 50%.
La terza indagine epidemiologica ha preso il via nel 2019, condotta su circa 8300 persone delle comunità rurali nell’area Isozo nella regione del Gran Chaco, avvalendosi anche di tecnologie a distanza per via della pandemia Covid-19, e realizzando campagne educative e di sensibilizzazione della comunità, nel rispetto della cultura locale, attraverso il coinvolgimento dei guaritori tradizionali.
In questa fase, è stata validata anche un’app per smartphone (Epilepsy Diagnosis Aid) per aiutare a confermare la necessità di una valutazione neurologica nei casi di sospetta epilessia, che ha portato a risultati estremamente attendibili nell'ambiente rurale boliviano.
Community-based epilepsy awareness program
«L'app per smartphone e l'uso del teleconsulto possono rappresentare strumenti preziosi per la ricerca epidemiologica nelle regioni con risorse inferiori – rileva la prof.ssa Nicoletti -, serve a supportare i Community Health Workers nell'identificare correttamente le persone con possibile epilessia, riducendo il numero di falsi positivi e la necessità di consultazioni neurologiche».
«Il bilancio di questa iniziativa è indubbiamente positivo: trattare le persone con epilessia nelle aree rurali remote è possibile», conclude la prof.ssa Nicoletti, che considera la pubblicazione dell’Ilae un significativo riconoscimento alla trentennale attività di ricerca e assistenza che ha visto anche l’Università di Catania protagonista, in perfetta linea con le tematiche di Global Health.
«Da un lato – osserva -, i Community Health Workers che operano e vivono nelle comunità rurali di solito conoscono molto bene lo stato di salute dei membri della loro comunità e grazie a specifiche attività formative, possono facilmente identificare i soggetti affetti da epilessia, almeno quelli con crisi tonico-cloniche».
«Dall’altro lato - aggiunge - se preceduto da campagne di educazione e sensibilizzazione, i trattamenti medici sono ben accettati dalle popolazioni, e incoraggiano le persone con epilessia a cercare adeguate cure mediche. Ma queste campagne devono essere accompagnate da azioni governative per coprire i costi e le forniture di farmaci anticonvulsivanti».
La prof.ssa Alessandra Nicoletti