Polizia e democrazia: storia, sfide e futuro della sicurezza in Italia

A Palazzo Pedagaggi del Dipartimento di Scienze politiche e sociali è stato presentato il volume di Giovanna Tosatti dell’Università della Tuscia

Giuseppe Rasconà

Come si è trasformata nel tempo la gestione dell’ordine pubblico in Italia? Qual è il ruolo della polizia nelle democrazie contemporanee, tra diritto, potere e società? A queste domande ha cercato di rispondere l’incontro dal titolo Istituzioni, politica e società nella gestione dell’ordine pubblico in Italia che si è tenuto, nell’aula magna di Palazzo Pedagaggi del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, in occasione della presentazione del volume Storia della polizia (Il Mulino, 2024) di Giovanna Tosatti, docente all’Università della Tuscia.

L’iniziativa, promossa dal Dipartimento di Scienze politiche e sociali, ha visto la partecipazione di numerosi studiosi e studiose che hanno riflettuto sul rapporto tra istituzioni e controllo sociale, in un dialogo che ha incrociato prospettive storiche, giuridiche e politologiche. Dopo i saluti istituzionali di Pinella Di Gregorio, Stefania Mazzone, Ida Angela Nicotra e Giovanni Schininà, l’incontro è stato introdotto e moderato da Elena Gaetana Faraci.

Tra gli interventi, quello di Vincenzo Antonelli, che ha aperto il dibattito interrogandosi sul ruolo delle forze dell’ordine nel sistema penale e sulla loro dimensione storica e politica; Giuseppe Astuto e Vittorio Coco hanno poi approfondito il nesso tra autorità pubblica e democrazia, mentre Enza Pelleriti ha offerto uno sguardo critico sulla sicurezza come costruzione culturale e sociale. 

A concludere i lavori, l’intervento dell’autrice, Giovanna Tosatti, che ha ripercorso il lungo cammino della polizia italiana tra monarchia, fascismo e repubblica.

Ordine pubblico e democrazia: la Polizia italiana tra passato e futuro

La storia della polizia italiana è profondamente intrecciata a quella del Paese, dalle tensioni post-unitarie alle emergenze del terrorismo, fino alle attuali sfide della sicurezza urbana e digitale. Durante la conferenza dedicata a questo tema, i relatori hanno ribadito un concetto chiave: negli ordinamenti liberal-democratici, la forza dello Stato risiede nella capacità di bilanciare sicurezza e libertà fondamentali, come il diritto di riunione, di associazione e di espressione.

Lo spunto fondamentale della discussione è stato il volume Storia della polizia di Giovanna Tosatti, definito «intenso e documentatissimo». Il libro, infatti, smonta il radicato stereotipo dell’Italia come un Paese frammentato in “cinque polizie” in perenne disfunzione. Al contrario, Tosatti documenta un lungo e progressivo processo di razionalizzazione dei corpi di polizia, offrendo una prospettiva che va oltre l’aspetto istituzionale; come ha affermato la stessa autrice: “Studiare la polizia significa esplorare il rapporto tra Stato e cittadini”.

Dalle piazze al cyberspazio

Uno dei temi centrali emersi nel dibattito è stata la riforma del 1981 (legge 121), che segnò il superamento dell’impostazione militarizzata della Polizia di Stato, ridefinendola come servizio civile al fianco del cittadino. Tuttavia, come ha osservato il professor Vincenzo Antonelli, oggi la sicurezza è una responsabilità diffusa, che coinvolge non solo lo Stato, ma anche i Comuni, i soggetti privati e persino gli algoritmi.

«Le nuove sfide riguardano l’ordine pubblico digitale e la gestione delle smart city», ha spiegato, sottolineando l’impatto delle bodycam e il rischio di una crescente militarizzazione del cyberspazio.

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

Dalle proteste al doppio Stato: le tensioni della storia

Il convegno ha offerto anche un’ampia riflessione storica, dai fatti di Avola del 1968, che segnarono una svolta nelle mobilitazioni sindacali, alle ambiguità del cosiddetto “doppio Stato”. Su questo tema si è concentrato l’intervento dello storico Vittorio Coco, che ha ricostruito il ruolo di figure emblematiche come Carlo Mosca, protagonista della riforma della Polizia negli anni ’80, e Federico Umberto D’Amato, figura chiave dei servizi segreti durante la Guerra Fredda, spesso associato a scenari oscuri della politica italiana.

Università e istituzioni: un dialogo necessario

Un altro punto centrale dell’evento è stato il ruolo dell’università nella formazione di una cultura critica della sicurezza. «La sicurezza è un sapere interdisciplinare», ha sottolineato Ida Angela Nicotra, coordinatrice del master in Diritto delle Pubbliche amministrazioni, evidenziando come i percorsi accademici contribuiscano alla preparazione di funzionari destinati a operare nelle prefetture e nelle forze dell’ordine. La presenza di magistrati e funzionari pubblici all’incontro ha testimoniato il forte legame tra la ricerca storica e le pratiche istituzionali.

Il mito delle “cinque polizie”

Uno dei temi più dibattuti è stato quello della presunta frammentazione del sistema di sicurezza italiano, spesso riassunto nella formula coniata da Gino Germani nel 1962: l’Italia come “Paese delle cinque polizie”.

Tosatti ha messo in discussione questa narrazione, spiegando che la molteplicità dei corpi di polizia non è un’anomalia italiana, ma una caratteristica comune a molte realtà europee dell’Ottocento. Coco ha precisato che corpi come la Guardia di Finanza hanno compiti ben definiti e non si sovrappongono alla Polizia di Stato.

Il vero nodo, ha aggiunto, è stato storicamente il rapporto tra polizia e carabinieri, entrambi coinvolti nella gestione dell’ordine pubblico e nelle indagini investigative. Nel tempo, tentativi di delimitazione dei rispettivi ruoli si sono sempre più susseguiti, con risultati alterni, ma oggi la collaborazione prevale, soprattutto nelle operazioni interforze, come le indagini antimafia.

Oltre l’ideologia: studiare la polizia con strumenti nuovi

Per decenni, lo studio della Polizia è stato condizionato da approcci ideologici, in particolare negli anni Settanta, quando l’istituzione era spesso descritta come un semplice “braccio armato” del potere. Un esempio di questa visione è Forze Armate e potere politico di Angelo Torsi (1972), un’opera significativa ma segnata da pregiudizi. La riforma del 1981 ha rappresentato una svolta, ridefinendo il profilo democratico della Polizia.

«Quella riforma ha trasformato la percezione pubblica della Polizia», ha osservato Rocco, «ma non è stato un taglio netto col passato: alcune pratiche discutibili sono sopravvissute, come dimostrano i casi del G8 di Genova o del sequestro Dozier».

Un momento dell'incontro

Il tavolo dei relatori

Polizia e fascismo: rottura o continuità?

Un capitolo fondamentale della ricerca storica riguarda il rapporto tra Polizia e fascismo. Tosatti ha contestato l’idea che il regime abbia creato da zero un nuovo apparato repressivo, evidenziando come molte strutture esistessero già nell’Italia liberale. «Arturo Bocchini, capo della Polizia dal 1926 al 1940, non partiva da un foglio bianco», ha spiegato Rocco. Strumenti come il confino di polizia o il casellario politico erano già presenti, ma sotto il fascismo assunsero un carattere sistematico e pervasivo, con un drastico aumento dei controlli e delle schedature politiche.

La Sicilia: un laboratorio dell’ordine pubblico

Un caso emblematico è quello della Sicilia, da sempre un territorio complesso per le politiche di ordine pubblico. La professoressa Enza Pelleriti ha ripercorso l’evoluzione storica dell’isola, evidenziando come, nell’Ottocento, la sicurezza fosse gestita da una pluralità di forze, dalle Guardie Regie borboniche ai cosiddetti “campieri”, ovvero milizie private al soldo dei latifondisti.

«Molti di questi erano ex criminali legalizzati, incaricati di proteggere i feudi», ha spiegato Pelleriti. La Costituzione siciliana del 1812 tentò di regolare il fenomeno, ma solo nel 1892 le milizie private furono definitivamente abolite, aprendo la strada a un controllo statale più centralizzato.

Dagli “sbirri” alla cybersicurezza: la polizia che verrà

Il convegno si è concluso con uno sguardo al futuro: dalle smart city alla cybersicurezza, passando per l’uso di strumenti tecnologici avanzati. «Oggi la polizia non è più sola nella gestione della sicurezza», ha ricordato Vincenzo Antonelli.

«Sindaci, privati e tecnologie giocano un ruolo decisivo. Tuttavia, è necessario vigilare: strumenti come le bodycam e le ronde di quartiere possono essere utili, ma non devono minare le libertà individuali».

Il volume Storia della polizia non è solo un’analisi storica, ma una bussola per comprendere come un’istituzione centrale della Repubblica abbia influito — e continui a influire — sulla società italiana. Con una lezione che resta attuale: senza libertà, non c’è mai sicurezza duratura, ma senza sicurezza, le libertà rischiano di rimanere solo sulla carta.

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