Poesia e ambiente protagonisti sullo schermo di Immaginarsi al Sud

Al Centro Universitario Teatrale si è tenuta la proiezione del documentario “Logos Zanzotto” del regista e docente universitario Denis Brotto

Federica Malpasso

Il Centro Universitario Teatrale di Unict ha ospitato la proiezione del documentario dal titolo Logos Zanzotto (2021) di Denis Brotto, docente di Cinema, televisione e fotografia dell’Università di Padova.

L’evento ha rappresentato il quarto appuntamento della rassegna di film e incontri Immaginarsi al Sud, curata da Simona Busni, Stefania Rimini e Giovanna Santaera, docenti al Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania. Una rassegna che ha come obiettivo quello di restituire al pubblico i risultati del Prin 2017 Archivi del Sud. Il cinema documentario 1948-1968.

Nel corso dei suoi 75 minuti complessivi, il film racconta la vita del poeta Andrea Zanzotto mediante l’uso di materiali d’archivio fotografici e audiovisivi.

Facendo, inoltre, riferimento al pensiero del poeta in relazione ai luoghi da lui vissuti e amati, la pellicola propone un’osservazione del mondo e degli ambienti in cui si esalta la diversità e la bellezza di ognuno di essi. 

L’evento è stato presentato da Stefania Rimini, docente di Cinema, fotografia e televisione del Dipartimento di Scienze Umanistiche, che ha ringraziato il regista per aver accettato l’invito al Centro Universitario Teatrale.

La docente Stefania Rimini e il regista Denis Brotto

La docente Stefania Rimini e il regista Denis Brotto

La parola è così passata a Denis Brotto che ha esordito ringraziando le organizzatrici dell’evento per l’opportunità di presentare il film a Catania. Il regista ha poi raccontato come le origini del progetto risalgano a poco prima della scomparsa del poeta protagonista del lungometraggio, confessando che poter «girare questo film è stato un onore». 

Brotto ha successivamente sottolineato che, dopo aver dialogato più volte con il poeta e con il figlio Giovanni, ha desiderato creare una biografia che desse risalto alla sua figura umana. Essendo quella della creazione di una biografia un «lavoro rischioso e scivoloso», il regista ha deciso di sfruttare appieno i materiali d’archivio relativi al poeta contemporaneo.

Così facendo ha potuto, non solo utilizzare i ricordi audiovisivi su Zanzotto, ma anche creare una narrazione in grado di guardare alla vita dell’uomo sia nei suoi momenti pubblici come poeta, «partigiano non violento della Seconda guerra mondiale» e attore per importanti figure cinematografiche come Fellini, sia come padre, circondato dalla propria famiglia durante gli eventi privati.

Zanzotto, che nel lungometraggio sottolinea avere una cultura che «si è fatta con il ruvido delle cose», è molto vicino ai luoghi e alla natura. Ed è questo un aspetto che viene spesso sottolineato dal regista, che decide di donare allo spettatore numerose vedute di boschi e altri luoghi remoti. Apprezzabile alla visione risulta anche l’attenzione ai dettagli.

Peculiarità del documentario è, infatti, la scelta, da parte di Brotto, di avvicinarsi: di volta in volta coloro che esprimono il proprio pensiero nei riguardi del poeta scomparso appaiono sullo schermo attraverso dei primissimi piani o, ancora più frequente, dei particolari: sono gli occhi o le bocche dei parlanti i reali protagonisti delle scene.

È una narrazione intima quella di Logos. Zanzotto, che cerca di mostrare con cura e tanta attenzione il poeta scomparso nel 2011.

Conclusa la proiezione si è aperto un dialogo con il pubblico. Il regista ha affermato di aver cercato di avvicinarsi quanto più possibile alla natura, al suono e al modo in cui Zanzotto si relazionava a loro, ma non solo.

Un momento dello scambio avvenuto con Denis Brotto dopo la proiezione del documentario

Un momento dello scambio avvenuto con Denis Brotto dopo la proiezione del documentario

Difatti non è solo il Zanzotto poeta quello mostrato nel lungometraggio.

Come ha affermato lo stesso Brotto, quella dell’uomo è stata una «vita di tensioni» tra giornate in cui il poeta si è dedicato del tutto alla scrittura e giornate in cui si è dedicato alla famiglia. È proprio quest’ultima ad apparire spesso nella pellicola mediante immagini e video di repertorio, con filmati inerenti compleanni e momenti di gioia passati con le persone a lui care.

Il documentario rappresenta così un’opera attraverso la quale sfruttare il dolore della perdita e, allo stesso tempo, «continuare un tragitto poetico ed esistenziale».

Quando gli viene chiesto se l’influenza di Zanzotto continuerà ad essere presente nella società così come oggi, a Brotto risulta chiaro che «la memoria torna ad avere valore primario nel momento in cui una figura come Zanzotto stride con la contemporaneità e i modi sovradimensionati del presente».

Il regista continua affermando che «fortunatamente la poesia di Zanzotto è stratificata anche nella metafisica: pregio è farti riflettere sempre su ciò che hai trovato in quei versi e ciò permette alla sua poesia di avere ancora – e spero per lungo tempo – una fascinazione. Tutto la rende sempre attuale».

Anche i luoghi mostrati, spesso protagonisti nella pellicola, e di cui hanno chiesto maggiori informazioni i ragazzi del Centro di Poesia Contemporanea, anche loro presenti all’evento, «sono stati accuratamente selezionati per dimostrare che la sua poesia parte dal reale, dal paesaggio e dalle condizioni fisiche di esso, ma non facendolo mai con una costruzione didascalica. È una narrazione composita, con i suoni ad accompagnare il percorso».

La conversazione è poi proseguita con gli interventi delle docenti Simona Busni, che ha sottolineato quanto il film sia stato suggestivo agli occhi degli spettatori, e Giovanna Santaera, che ha ringraziato il regista per il valore del lavoro compiuto.

Quella effettuata da Brotto è stata, infatti, una sfida che è riuscita a creare brillantemente una «commistione tra linguaggi, un connubio che emoziona» tra poesia e cinema.