È uno dei pensieri di Salvatore Amato, il docente che il suo “allievo” Alberto Andronico ricorda in questo intervento
Salvatore Amato è un filosofo del diritto che ha pubblicato otto libri, un paio di centinaia di saggi in alcune delle più prestigiose riviste del settore, italiane e straniere, e che tra le altre cose è stato anche componente del Comitato Nazionale di Bioetica per una ventina d’anni.
Ma per sapere questo (e tanto, tantissimo altro) basterebbe scorrere un suo curriculum sul web, armandosi però di una certa pazienza, visto che si tratta di un elenco pressoché interminabile di incarichi, convegni, progetti, riconoscimenti scientifici e accademici e, appunto, pubblicazioni.
Per questo, piuttosto che ripercorrere il suo profilo accademico e scientifico, ci terrei a dire qualcos’altro su di lui. Con tutto l’imbarazzo e soprattutto con tutta la difficoltà che bisogna superare quando ci si trova a parlare o a scrivere di qualcuno a cui devi in larga parte la scelta di fare il mestiere che fai, e dunque (almeno in parte) anche ciò che sei.
“Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo”, lo ha detto Daniel Pennac.
Ed è proprio così. O almeno, è esattamente questo quello che a me è accaduto con Salvatore. È a lui che devo alcune delle cose più belle che ho avuto la fortuna di leggere. Ed è sempre stato lui una delle prime persone a cui ne ho parlato. Quelle scritte da lui sono tra queste.
Perché se è vero che spesso chi scrive non legge e chi legge non scrive, tutto il suo lavoro costituisce una splendida dimostrazione del fatto che sai veramente scrivere solo se sai veramente leggere. E lui questo lo sa fare in modo davvero magistrale.
Ed è anche per questo che leggere le sue pagine è sempre una straordinaria avventura del pensiero e uno splendido modo di entrare nel mondo del diritto.
Dentro il diritto, del resto, è proprio il titolo di uno dei suoi libri. Un titolo che rinvia, innanzitutto, a un percorso dentro le contraddizioni del diritto, dentro la sua ritualità, la sua formalità e le sue rappresentazioni. Un modo di riflettere anche, se non soprattutto, su ciò che sta fuori del diritto, ma senza il quale il diritto non sarebbe ciò che è: morale, politica, economia, scienza.
Ed è proprio questo gesto, quello di entrare nel mondo del diritto sempre con uno sguardo rivolto anche a (e a volte proprio a partire da) ciò che sta fuori, a costituire una sorta di basso continuo di tutta la sua produzione scientifica.
Fin dalla sua prima monografia: Sessualità e corporeità. I limiti dell’identificazione giuridica, dove già nel 1985 aveva intuito con sorprendente preveggenza la centralità di un tema in quegli anni ancora ritenuto a dir poco marginale.
Per arrivare all’ultima: Biodiritto 4.0. Intelligenza artificiale e nuove tecnologie, dove, come sottolinea lui, i tanti punti interrogativi presenti nei titoli dei capitoli, nei titoli dei paragrafi e nel corso del testo, più che segno di incertezza costituiscono il segno della certezza della nostra fragilità e della fragilità dell’ordine del discorso giuridico tradizionale di fronte alle sfide poste dalla rivoluzione digitale.
Del resto, scrive Salvatore Amato: “Più stiamo dentro il diritto e più scopriamo di dover andare oltre il diritto”. Impossibile dirlo meglio di così. Ed è difficile percorrere questo vasto territorio di confine meglio di come lo ha fatto lui.
In foto da sinistra Alessio Lo Giudice, Salvatore Amato, Bruno Montanari e Alberto Andronico
Nei giorni scorsi il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Catania ha ospitato, nell'aula magna di Villa Cerami, il convegno dal titolo "Biodiritto, identità e vulnerabilità", due giornate in onore di Salvatore Amato, ordinario di Filosofia del diritto in quiescenza da pochi giorni.
Al convegno (vai all'articolo dedicato) - organizzato nell'ambito del Prin 2022 “Vulnerabilities arising from human-robot collaboration in the workplace: ethical and legal perspectives’’ (principal investigato prof. Alberto Andronico), finanziato dall'Unione europea tramite i fondi del Next Generation EU - sono intervenuti i massimi esperti nazionali della materia.