Il regista messicano riscrive le avventure del burattino più famoso del mondo, che arriva anche a Catania, nel suo nuovo film disponibile su Netflix
È trascorso più di un secolo dal 1911, anno in cui Pinocchio ha fatto il suo esordio nel cinema muto. Da allora, il personaggio inventato da Carlo Collodi è stato più volte riproposto sul grande schermo, con il rischio – in alcuni casi – di cadere nella trappola del "già visto".
Non è certamente il caso di Pinocchio di Guillermo del Toro.
Il film, girato in stop motion tra Stati Uniti e Messico, è frutto di una gestazione lunga 15 anni, nei quali il progetto ha rischiato di venire accantonato a causa dei costi elevati e che solo l’acquisizione da parte di Netflix ha definitivamente portato a termine.
I lunghi tempi di lavorazione hanno permesso alla squadra di animatori, diretta dall’esperto Mark Gustafson (che è anche co-regista del film) di curare ogni aspetto nei minimi dettagli.
Il risultato è la creazione di un mondo quanto mai plasticamente "reale", che non ha nulla da invidiare alla tecnica digitale. Il pubblico è trasportato per 120 minuti dentro la magia del racconto esegue i protagonisti nel loro viaggio che attraversa l’Italia – da nord a sud – fino a Catania - Proprio nella città etnea avrà luogo uno dei momenti clou della sottotrama politica.
La sceneggiatura di Guillermo del Toro e Patrick McHale riesce nell’impresa di donare nuova linfa al celebre burattino, attraverso una riscrittura che non risparmia aggiunte innovative e clamorose esclusioni, come la promozione della Volpe al ruolo di solitaria antagonista o la sostituzione della fata turchina con una creatura fantastica "in salsa messicana".
Si rinuncia però soprattutto alla tradizionale patina ottocentesca in favore di un’ambientazione dai toni più dark, che viene spostata in avanti di cinquant’anni, durante la dittatura fascista. Scelta non casuale, se ricordiamo che già in La spina del diavolo e Il labirinto del fauno del Toro ha fatto ricorso al fantastico e al meraviglioso per affrontare la spaventosa realtà della Guerra civile spagnola.
Il regista messicano parte dal nucleo originale della storia per costruire un coinvolgente discorso su vita e morte, famiglia e libertà, capace di colpire il cuore del pubblico meno avvezzo al sentimentalismo.
Pinocchio di Guillermo del Toro è anche un inno alla diversità. Infatti, nel corso delle sue avventure, Pinocchio respinge ogni tentativo di omologazione da parte del Podestà, ufficiale fascista e padre di Lucignolo. La retorica del regime sarà sbeffeggiata dall’irriverenza del burattino, causando così non pochi guai a Geppetto e Sebastian il Grillo.
Il film propone un Pinocchio al passo con i tempi, che rinnova le tematiche dell’originale senza tradirne lo spirito, con l’indiscutibile pregio di riunire davanti allo schermo grandi e piccini.