Studentesse e docenti hanno “esplorato” il Parco Gioeni tra bellezze naturali e insidie evidenziando criticità e interventi per rendere più vivibile lo spazio pubblico
Ogni donna, o quasi, ha da raccontare uno o più aneddoti riguardanti episodi accaduti di notte nella città in cui vive o ha vissuto in passato. La gravità di queste esperienze può variare notevolmente: c'è chi ha avuto una sorte migliore e si limita a dire "m'è andata bene", mentre altre, purtroppo, portano con sé storie ben più drammatiche. Questi racconti mettono in luce una realtà che merita attenzione e riflessione.
A questo è servita la passeggiata esplorativa Percezione del rischio in un parco pubblico, organizzata dal Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente al Parco Gioeni di Catania. Camminare per quei sentieri ha suscitato nei partecipanti riflessioni e domande. Mentre il gruppo si inoltrava nei sentieri del parco, un mix di emozioni contrastanti li avvolgeva. Da un lato, la meraviglia di una flora e fauna rigogliose; dall'altro, un pensiero: “Se fossi sola, sarei al sicuro?”. La scarsa visibilità e l’ampio spazio di esplorazione del parco sollevano interrogativi sulla sicurezza e il rischio di imbattersi in un pericolo.
In effetti, la bellezza naturale del luogo nasconde insidie che possono rivelarsi fatali. La mancanza di illuminazione, in particolare, rende difficile non solo godere appieno della natura circostante, ma anche individuare una via di fuga in caso di emergenza. La paura di trovarsi in una situazione di pericolo senza alcuna possibilità di soccorso è un altro punto critico, amplificato da un altro aspetto preoccupante: la scarsa affluenza di persone nel parco, anche durante le ore pomeridiane.
Alcuni partecipanti alla passeggiata
Questo rende l’idea di chiedere aiuto un’ipotesi poco rassicurante, poiché la probabilità di trovare qualcuno disposto a intervenire è estremamente bassa. Insomma, il parco, con la sua bellezza mozzafiato, cela anche ombre inquietanti. È fondamentale riflettere su come migliorare la sicurezza dei visitatori, affinché la meraviglia della natura non sia offuscata dalla paura.
"Quest'anno abbiamo voluto fare un passo in più per celebrare la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, cioè esplorare uno spazio della città fruibile da tutti e quindi anche dalle donne. Sappiamo che in queste aree si percepisce una forte insicurezza e una spiccata difficoltà a viverle con serenità. Abbiamo pensato di uscire dalle aule accademiche ed essere più presenti sui territori con proposte operative". Queste le parole della prof.ssa Gabriella Vindigni, delegata alle Pari opportunità del Di3A e co-organizzatrice della passeggiata esplorativa.
Una iniziativa - organizzata insieme con i docenti del Di3A Teresa Graziano (Geografia economico-politica) e Francesco Martinico (Urbanistica) - che va ben oltre, ovvero la volontà di fare di più, di toccare con mano quelli che sono i veri problemi della città.
La mappa del parco e gli itinerari
L'evento è stato organizzato nell’ambito delle attività di ricerca e terza missione previste dal progetto RISE | Urban Regeneration, Infrastructure Reconversion and Social Equity, finanziato dai fondi PIA.CE.RI di Ateneo per la programmazione 2024-2026, che si propone di esplorare la rigenerazione urbana da una prospettiva transdisciplinare, indagando sia progetti di rigenerazione a partire dalla riconversione di grandi infrastrutture industriali o di trasporto, che pratiche di tipo bottom-up, spesso originate da esperienze partecipative.
Il progetto, coordinato dalla professoressa Teresa Graziano, prevede un team di ricerca incardinato al Di3A, di cui fanno parte anche i docenti Francesco Martinico, Gabriella Vindigni e Maurizio Spina, e un altro team al Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura, con il coordinamento scientifico del professore Luca Barbarossa, di cui fanno parte i docenti Fernanda Cantone, Franscesca Castagneto, Paolo La Greca con l’assegnista di ricerca Eliana Fischer.
A proposito degli obiettivi della passeggiata esplorativa, il prof. Paolo La Greca, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica al Dicar di Unict e vice-sindaco di Catania, ha dichiarato: "Gli spazi pubblici sono sicuri quando sono intervisibili, cioè è possibile camminarci attorno, fuori, all'esterno, ma non è sempre possibile quando questi sono molto estesi. Bisogna promuovere modelli di fruizione che siano quanto più possibile continuativi durante le ore in cui la struttura è aperta. È chiaro che la sorveglianza e l'illuminazione siano indispensabili, ma è anche importante che sia fruito da diverse fasce della cittadinanza”.
Il professore Francesco Martinico ha poi aggiunto che "una città che funziona è una città viva, densa di persone". Ha anche messo in guardia contro le periferie programmate secondo le logiche del razionalismo, che "causano un effetto di svuotamento poiché sono dilatate e diventano dei luoghi vuoti". La sua proposta è chiara: "Bisogna densificare le città, a differenza di come si è pensato per lungo tempo”.
Il prof. Francesco Martinico insieme con le colleghe Gabriella Vindigni e Teresa Graziano
Dopo la passeggiata, i partecipanti sono stati invitati a collaborare a una mappatura partecipata per evidenziare sia gli elementi positivi emersi nel corso della passeggiata che le diverse percezioni del rischio per elaborare infine una serie di proposte migliorative. Tra i commenti emersi, si sottolineano quelli di
Emanuela Rita Giuffrida, dottoranda Di3A, che ha partecipato ha evidenziato l'importanza dell'evento "per comprendere, alla luce anche degli ultimi avvenimenti di Villa Bellini, come vengono percepiti gli spazi verdi della città". "Capire la percezione femminile e anche indagare su quella maschile", ha aggiunto.
Per Eleonora Suriano, studentessa di Salvaguardia del territorio e dell'ambiente del Di3A, la visita ha permesso di "capire che non sono sola a percepire questo rischio". "È una percezione comune - ha aggiunto -. Non sono l'unica a pensare che bisognerebbe migliorare la situazione. Migliorare le condizioni del parco o introdurre maggiori attività”.
"Non conoscevo la storia del parco e questo mi ha molto colpito. Inoltre, ritengo che non sia tramite le forze armate fino ai denti che si risolverà il problema della criminalità o del rischio, ma dando maggiore consapevolezza ai cittadini e creando opportunità per fare vivere la struttura alla cittadinanza", ha detto Elias Trullo, studente di Scienze e tecnologie agrarie.
Non sono mancati i commenti anche da parte degli uomini come Alessandro Grasso, assegnista di ricerca Di3A: "Vivendo la città da catanese, mi sono sempre posto il problema della sicurezza da cittadino. Ho colto l'occasione di partecipare poiché è la prima volta che viene proposta un'iniziativa del genere sulla percezione del rischio. Spesso mi pongo il problema di quale possa essere la percezione di una donna riguardo a uno spazio che io, da uomo, ritengo già pericoloso”.
Una studentessa che ha partecipato all'iniziativa
RISE | Urban Regeneration, Infrastructure reconversion and Social Equity
Il progetto RISE | Urban Regeneration, Infrastructure reconversion and Social Equity, finanziato dalla nuova tornata del programma PIA.CE.RI. 2024/2026 dell’Università di Catania, si prefigge di esplorare le implicazioni socio-economiche, urbanistiche e architettoniche di strategie di rigenerazione urbana trainate da un lato da progetti di riconversione funzionale di spazi e infrastrutture dismesse o rifunzionalizzate e, dall’altro, da interventi “dal basso”, alla scala di quartieri o di isolati, in una serie di città mediterranee, con un focus specifico su Catania.
I due team di ricerca, che includono docenti di Geografia economico-politica, Urbanistica, Tecnica e Pianificazione Urbanistica, Economia agraria e di Tecnologia dell’architettura, hanno adottato un approccio transdisciplinare per capire se esiste una “soglia” di marginalità sotto la quale l’innesco della rigenerazione è giudicato difficilmente realizzabile, cercando di comprendere come le iniziative di rivitalizzazione si intersechino con le specificità socio-demografiche locali e influiscano sull'equità sociale.
L'obiettivo è fornire indicazioni di policy per una rigenerazione “meridiana”, definendo un set di dispositivi progettuali e normativi da applicare agli strumenti urbanistici.
La mappa del Parco Gioeni
Alla scala globale, infatti, numerose iniziative di rigenerazione si delineano a partire dalle infrastrutture di trasporto, commerciali e/o logistiche, immaginando il rinnovamento di quelle ancora operanti o la riconversione di quelle dismesse.
Altre, invece, sono pratiche di riappropriazione dello spazio pubblico e di inclusione sociale che emergono dal basso, come le esperienze di tactical urbanism, di orti urbani o di spazi pubblici adibiti a parchi su iniziativa dei cittadini, lasciando emergere il ruolo delle comunità locali nella co-progettazione.
In questa prospettiva è importante valutare criticamente come certi paradigmi ubiquitari si territorializzano alla scala locale, in particolare nell’Europa Mediterranea dove l’inerzia urbana di contesti più periferici rispetto ai capitali transnazionali non esclude a priori l’innesco di nuove polarizzazioni socio-economiche.
Emanuela Rita Giuffrida, Gabriella Vindigni e Teresa Graziano
Il progetto ha preso il via nel mese di ottobre con un workshop metodologico durante il quale i componenti delle due unità hanno avviato un confronto teorico-operativo per scambiare prospettive concettuali e metodi di indagine empirica, identificando i primi casi di studio su cui lavorare in modo congiunto: l’ex scalo merci della stazione di Acquicella a Catania con l’area di Monte Po da destinare a parco pubblico, fortemente promossa e supportata da diverse associazioni locali; il Parco Gioeni, in cui mappare i bisogni degli utenti, dove si è già svolta una prima passeggiata esplorativa partecipata aperta a studenti e cittadini.
Così come per gli altri casi di studio in via di definizione, i progetti e le proposte di rigenerazione o riconversione saranno valutati nel quadro più ampio e articolato del contesto socio-economico, urbanistico e architettonico in cui si inseriscono, attraverso l’analisi documentale su fonti secondarie (giornalistiche, report, piani), l’ osservazione sul campo e le interviste semi-strutturate e/o focus group con informatori-chiave, i cui esiti saranno rielaborati anche attraverso l’ausilio di sistemi informativi geografici. Infine sarà costruito un dataset di indicatori per la valutazione delle disuguaglianze socio-economiche e della marginalità territoriale nei contesti interessati.
Infrastrutture dismesse, aree a verde e parchi pubblici, dunque, possono rappresentare dei campi di sperimentazione in cui far convergere le diverse prospettive di analisi dei componenti del progetto e restituire una serie di indicazioni che possono incidere sulle politiche urbane locali con l’obiettivo di coniugare le legittime esigenze di sviluppo urbanistico ed economico con una maggior equità sociale.
Alcuni partecipanti alle attività sul campo al Parco Gioeni
Il progetto è sviluppato da due gruppi di ricerca dell’ateneo catanese: i docenti Teresa Graziano (principal investigator), Francesco Martinico, Maurizio Spina e Gabriella Vindigni afferenti al Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente; i docenti Luca Barbarossa (coordinatore del team del Dicar), Fernanda Cantone, Francesca Castagneto e Paolo la Greca insieme con Eliana Fischer (assegnista di ricerca) afferenti al Dipartimento di Ingegneria civile e architettura.