Studiosi e professionisti, impegnati a livello internazionale, si sono riuniti all’Università di Catania per ripensare la museologia in chiave sociale
Il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania ha ospitato nei giorni scorsi la Conferenza del Movimento Internazionale per una Nuova Museologia parte dell’International Council of Museums dal titolo Ripensare le museologie in chiave trasformativa: alleanze trans-disciplinari per società più giuste.
L’evento, a cura di Federica Santagati, Melania Nucifora e Alessandro Lutri del Dipartimento di Scienze umanistiche e Giusy Pappalardo del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura, si inserisce all’interno di un percorso ormai pluri decennale intorno alla socio-museologia, un insieme di teorie e pratiche di revisione del ruolo delle istituzioni museali rispetto a questioni sociali e ambientali attraverso la costruzione di relazioni e azioni. Alla call hanno risposto decine di ricercatori e ricercatrici, impegnati a livello teorico e pratico, sulle forme di connessione tra comunità, memorie e patrimoni in aree spesso marginali o a rischio.
Un momento dei lavori nell'auditorium del Monastero dei Benedettini
Musei, ricerca e società in rete a livello globale
Tre keynote hanno accompagnato i lavori: con Bruno Brulon Soares (museologo e antropologo formatosi in Brasile), Giovanna Vitelli (direttrice dell’Ashmolean Museum riconosciuto internazionalmente per il suo University Engagement Programme) e Ciraj Rassool (direttore dell’African Programme, una ricerca nell’ambito di studi museali e sul patrimonio). A Catania, grazie a un insieme di borse, sono arrivate anche dieci ricercatori e ricercatrici, attiviste e attivisti provenienti da varie aree nel mondo. La prima giornata, con numerose sessioni plenarie e parallele, come la seconda, si è conclusa con i festeggiamenti dei quarant’anni della rete Minom insieme ad alcuni membri storici.
All’interno del ricchissimo programma dell’iniziativa, ci soffermiamo su alcuni dei momenti che più hanno coinvolto anche studiose e studiosi provenienti dall’Università di Catania.
Catania fra i poster internazionali
Il secondo giorno del convegno Minom si è aperto presso i locali del Museo della Fabbrica del Monastero dei Benedettini con la presentazione di tantissimi poster che hanno permesso a convegnisti, studenti e professionisti che hanno seguito il convegno di esplorare e conoscere tantissimi progetti attivi in diverse parti del mondo offrendo una nuova visione sulle funzioni sociali dei musei.
Gli autori e le autrici dei poster, spesso impegnati in prima persona nelle iniziative, hanno spiegato agli interessati contenuti, metodologie e curiosità seguite nelle attività esposte. Fra queste, ricordiamo alcuni esempi: come un museo attento alla gender equality e alla realizzazione di esperienze di studio e formazione in Portogallo; e, il museo memoriale Iyá Davina di Rio de Janeiro, che ricorda la storia degli antenati e la sacralità del terreno cerimoniale Ile Omolu Oxum.
Molti contributi di questa sezione erano provenienti dal territorio catanese, a testimonianza degli sviluppi del tema anche nell’area.
Uno dei poster di apertura dell’artista Rossella Grasso (pittrice, illustratrice e movie maker) ha voluto ricordare la figura di Henri Focillon, fondatore della rivista Mouseion, secondo cui il museo deve diventare un organismo aperto alla comunità grazie al dialogo tra la sua missione educativa e di preservazione del patrimonio culturale.
Alcuni dottorandi del trentanovesimo ciclo del Disum Unict, Concetta Cataldo e Roberto Indovina, hanno presentato il poster Le mostre digitali e il patrimonio disperso. Proposte di un itinerario seguendo il racconto della consegna delle armi di Achille, corredato da un qrcode per poter fruire della mostra online.
Altri due progetti sono stati presentati da Grazia Nicotra (dottoranda del trentottesimo ciclo al Disum) e da Antonio Castorina, Francesca Bonaccorso e Giovanni Grasso dell'associazione culturale Centro Studi Acitrezza.
Alcuni poster in esposizione
Il primo poster ha messo in risalto i progetti del centro studi di Aci Trezza, volto alla salvaguardia dei beni immateriali della frazione marittima. L’area trezzota appare come una delle più ricche per l’alta concentrazione di mestieri, tradizioni e usi da salvaguardare. Sono stati ricordati i tesori umani del maestro d’ascia Salvatore Martino Rodolico e il pittore di barca Salvatore Finocchiaro, i suonatori di Brogna, la festa in onore di San Giovanni Battista, la tecnica costruttiva delle barche in legno e la pantomima U Pisci a Mari.
«Le associazioni che collaborano nel territorio di Aci Trezza si impegnano a realizzare eventi che possano valorizzare la nostra terra e le nostre radici; la nostra speranza è convertire il cantiere navale in museo», ha spiegato la dottoressa Grazia Nicotra.
Il secondo progetto ha messo in luce l’acese Ecomuseo del cielo e della terra. Nel poster d’esempio vi era al centro la figura della patrona Santa Venera e la sua continua presenza nelle espressioni artistiche del territorio dal Settecento a oggi tra affreschi, statue, abiti e fumetti. «Tutto ciò testimonia come l’amore per il santo patrono, e quindi le nostre radici, rimangono nella memoria collettiva e arrivano fino ai giorni nostri», ha concluso la dottoressa Nicotra.
A seguire, è stata presentata la mostraRotolando verso sud nei locali dell’auditorium, che ha lasciato poi spazio alle varie sessioni parallele che si sono susseguite durante la giornata. Forte è stata la presenza di progetti realizzati da docenti catanesi.
Una scena de U pisci a mare, la pantomima di Aci Trezza
Un contributo speciale alla museologia da Unict
Tra gli interventi provenienti dall’ateneo catanese, la prof.ssa Germana Barone, docente di georisorse minerarie e applicazioni mineralogico-petrografiche per l’ambiente e i beni culturali che ha presentato il Sistema Museale di Ateneo, di è cui delegata.
Il museo, esposizione delle varie collezioni universitarie nel Museo dei Saperi e delle Mirabilia siciliane in piazza Università, promuove varie attività didattiche e culturali che si rivolgono alla comunità universitaria, a visitatori pubblici italiani e non e soprattutto alle nuove generazioni grazie a percorsi diversificati che coinvolgono studenti di diverso ordine e grado. Grazie a queste strategie e a queste attività «il SiMuA riesce a diffondere cultura e conoscenza, contribuendo all’acquisizione di una identità territoriale condivisa, rappresentando un segno visibile del ruolo sociale che l’Università svolge nella comunità in cui è inserita», ha spiegato la docente.
Tra i molti progetti che il SiMuA propone ogni anno, è ancora visitabile presso il Museo dei Saperi e delle Mirabilia Siciliane il percorso multisensorialeIl Museo per tutti i Sensi, ideato e co-progettato da dottorandi di Scienze umanistiche e Scienze geologiche, pensato per avvicinare i più piccoli al mondo museale attraverso un approccio interdisciplinare e inclusivo.
Il Museo di Palazzo Centrale vuole «suscitare l’interesse del fruitore occasionale che sarà così invogliato a visitare i poli museali decentrati» ̶ ha concluso Barone. Durante la mattinata, particolare attenzione è stata posta sul tema dei musei del cinema, uno degli assi di ricerca più sviluppati dall’ateneo catanese grazie a progetti di respiro nazionale e internazionale.
La loro riscoperta ci riguarda da vicino. Pochi sanno per esempio che il Museo del cinema di Catania è stato costruito dallo stesso architetto del Museo Nazionale del Cinema di Torino, come ha ricordato dalla prof.ssa Stefania Rimini. Docente di cinema, fotografia e televisione Unict , durante il suo intervento a MINOM, ha presentato il Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN 2022) MOV.I.E. dedicato a queste istituzioni, di cui è principal investigator. L’iniziativa di studio, guidata dall’Università di Catania, è realizzata in collaborazione con gli atenei di Torino, Teramo e Udine, ed è stata possibile grazie all’adesione dei più importanti musei italiani e stranieri.
Un momento dei lavori nell'auditorium del Monastero dei Benedettini
«Il nostro gruppo di ricerca ̶ ha spiegato Rimini ha individuato due assi di ricerca diversi ma complementari: da un lato il tentativo di definire i processi che hanno portato alla costituzione delle prime collezioni legate al cinema e dall’altro la ricognizione delle istituzioni che oggi sono attive in Italia e dedicano il proprio intervento strategico alla messa in mostra di oggetti, collezioni, manufatti legati al mondo cinematografico». La docente ha precisato anche che gran parte del patrimonio cinematografico si trova anche in musei della scienza ed etnografici che saranno parte delle analisi.
Questa ricerca darà ampio spazio alla catalogazione delle principali mostre realizzate sul tema dal Novecento a oggi e si guarderà anche al modo in cui i musei del cinema hanno accolto le sfide della contemporaneità, soprattutto nell’ambito del digitale. Per iniziare a rispondere a questioni simili, in occasione di Minom, è stato presentato il volume, di imminente pubblicazione, Musei del cinema e patrimonio audiovisivo: prospettive a confronto.
Il libro, curato dalla prof.ssa Giulia Carluccio dell’Università di Torino e dalla prof.ssa Stefania Rimini, rappresenta il primo risultato completo del PRIN e raccoglie diciotto testimonianze di direttori e curatori di archivi, musei e cineteche che, a partire da una selezione di ventidue parole chiave(tra cui archivio, transmedialità, videoarte, storytelling, memoria, sostenibilità), hanno cercato di interpretare le proprie politiche curatoriali rispetto al patrimonio audiovisivo.
I musei del cinema, negli ultimi anni, stanno riguadagnando importanza grazie al tuffo immersivo nella magia delle immagini che il fruitore si trova a esperire ma anche grazie al ruolo che rivestono all’interno della società. Importantissimo in tal senso è l’esempio è, a tal proposito, il Museo del Cinema di Stromboli, presentato dall’assegnista di ricerca Giovanna Santaera, in Cinema, fotografia e televisione.
«Nato da una call pubblica di ZaLab, laboratorio culturale di produzione di documentari partecipati, per recuperare la memoria dell’isola - ha spiegato la studiosa - ha raccolto in dieci anni di attività materiali filmici e amatoriali mostrando ad abitanti e visitatori visioni differenti della storia locale e del cinema di finzione e non legato al territorio».
Il progetto, inoltre, anche grazie alla produzione di opere con gli abitanti non nasconde le criticità. Le fa conoscere con la speranza che la conoscenza della vita di un territorio ‘marginale’, perché insulare, come quello di Stromboli possa migliorare nel tempo.
Alcuni poster in esposizione
I musei possono cambiare la nostra società?
Il ruolo dei musei rispetto ai mutamenti sociali, è stata al centro della keynote session dal titolo Social Museology as an agent for change? Trans-disciplinary prespective. Sono intervenuti il professor Ciraj Rassool e la studiosa Giusy Pappalardo, che hanno puntato l’attenzione su alcuni aspetti fondamentali a partire dagli spunti provenienti dall’ambito della Nuova Museologia e della museologia sociale. La novità di questi indirizzi è rappresentata dalvalore posto sulla persona messa al centro del processo.
Ciraj Rassool, professore di storia all’Università di Western Cape, ha messo in evidenza il fatto che stiamo vivendo un momento critico nella storia del museo: affrontando temi come quello della restituzione delle collezioni in prospettiva decoloniale ha puntato l’attenzione sul passaggio dell’idea da un museum of government ad un museum of care, inteso come museo della mobilità sociale in cui protagonista sia la cittadinanza attiva.
Mentre alcuni musei etnografici del passato si limitavano a porsi come musei su popolazioni non europee, il docente ha messo in evidenza la necessità di ripensare questa tipologia di museo, ancora troppo legato al triste periodo della colonizzazione. Rassool ha ricordato per esempio il caso del District Six Museum di Città del Capo, un luogo in cui museo memoriale e museo di comunità convivono.
Si tratta - ha illustrato il ricercatore - di un luogo «di impegno laico e indipendente e uno spazio di domande sulla società sudafricana e sui suoi discorsi. Il museo ha operato come uno spazio ibrido di ricerca, rappresentazione e pedagogia, che ha mediato relazione di conoscenza e vari tipi di pratica intellettuale e culturale tra diversi siti, istituti e ambiti sociologici».
Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo
La riflessione dello studioso si è conclusa concentrandosi sul rapporto che deve intercorrere tra Minom e Icom per lo sviluppo dei musei, per una continua collaborazione tra museologia e comunità.
E proprio gli attori sociali di questo rapporto hanno rappresentato il punto di partenza delle riflessioni della professoressa Giusy Pappalardo, docente di tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università di Catania, che ha posto l’attenzione sulla necessità di rimettere al centro della discussione l’uomo, sia esso fruitore o esperto. Le persone che prendono parte ad un processo di cambiamento sono i pilastri su cui esso si poggia:«è più importante il processo che porta ad un obiettivo che l’obiettivo stesso», ha ricordato la docente.
Alla fine dell’intervento e delle domande del pubblico, il rettore Francesco Priolo, ringraziando personalmente non solo i partecipanti accorsi da tutto il mondo ma anche tutti coloro che hanno reso possibile il convegno(tra cui molti sponsor e in special modo la Fondazione Federico II di Palermo, si è detto felice di questi due giorni di lavori e ha messo in luce il ruolo fondamentale del lavoro che tutti i presenti stanno svolgendo per ripensare il ruolo dei musei e il loro impatto sulla società: «Mostrare come si fa ricerca è importante per la ricerca stessa, e spero che questi due giorni vi abbiano dato nuove idee per avere un buon impatto sulla società».