Alla Notte dei Ricercatori anche performance teatrali, quiz e giochi da tavolo dedicati alle arti e a Catania
Cinema, fotografia, teatro, letteratura e la città di Catania. Un connubio perfetto, tra arti e ricerche, protagonista dei diversi eventi organizzati in occasione della Notte dei Ricercatori, l’iniziativa che storicamente celebra la ricerca universitaria catanese.
E così il 29 settembre, con una serie di eventi al Centro Teatrale Universitario dell’ateneo catanese e negli stand di piazza Università, le ricerche su queste arti sono state illustrate al pubblico evidenziandone temi e impatti degli studi in questo campo particolarmente ampio.
Notte dei Ricercatori, uno degli stand del Dipartimento di Scienze umanistiche
Cine - cartoline di Catania
Proprio all’interno del Cut è stato ospitato l’evento curato da Stefania Rimini e Simona Busni, docenti di Cinema, Fotografia e Televisione al Dipartimento di Scienze Umanistiche, e da Enrico Riccobene, dottorando in Scienze per il Patrimonio e la Produzione Culturale.
Le premesse che hanno condotto all’ideazione del montaggio sono legate al progetto PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale) del 2017, Archivi del Sud, giunto oramai alla sua fase conclusiva. Sono tre le parole che, intrecciate all’audiovisivo proposto, sono state illuminate dai ricercatori: memoria come spazio di raccolta e di visione, volto al ricordo di quando, nello scorso secolo, un forte spirito nazionale indusse molti italiani a fermare nel tempo, con l’aiuto di una cinepresa, ritagli, cartoline di una realtà fisica e politica progressivamente mutata.
Fondamentale, poi, il concetto di immaginario: esso ha che fare con quanto determinati prodotti siano in grado di suscitare nella visione di spettatori e spettatrici in epoche differenti. «Si è voluto scardinare – precisa Stefania Rimini – alcuni stereotipi tipici delle narrazioni del Meridione: l’idea, cioè di una terra soltanto sterile, caratterizzata da arretratezza, da incrostazioni socio-culturali».
«Quel che abbiamo trovato è invece un paesaggio vivo, dinamico, senz’altro a tratti contradditorio, ma capace ancora oggi di parlarci e guidarci alla riscoperta di opere e giorni che contraddistinguono la nostra cultura», ha proseguito la docente.
Simona Busni, ha richiamato invece l’attenzione sull’attualità e l’urgenza odierna del tema delle catastrofi territoriali, nel caso specifico del Sud, nell’ambito di un ulteriore progetto PRIN dedicato alla Fenomenologia di mediazione di catastrofi naturali. «L’obiettivo di questo progetto – ha spiegato la ricercatrice – è quello di ricostruire l’immaginario audiovisivo e mediale legato alle catastrofi naturali che hanno interessato la zona a sud dell’Italia, così da poter intraprendere una riflessione sui rapporti evidentemente complessi tra essere umano e paesaggio naturale, prendendo in esame immagini cinematografiche, televisive e diffuse nel mondo dei media».
Il progetto prenderà le mosse da eventi specifici, quali il terremoto di Messina e Reggio (1908), l’eruzione dell’Etna (1923), di cui ricorre il centenario quest’anno; il terremoto del Belice (1968) e il terremoto dell’Irpinia (1980). Si tratta evidentemente di uno studio che lega insieme discipline diverse come la storia del cinema, la narratologia, la geofisica e la vulcanologia solo per citarne alcune, apparentemente irrelate tra loro. Proposito è la tutela della memoria, oltre ad una lettura creativa di risignificazione del trauma, cercando di dare voce all’elemento naturale e riscrivendo un paradigma estetico legato al caos.
Enrico Riccobene ha, infine, chiuso e introdotto l’incontro, orientato alla visione di filmati recuperati all’archivio bolognese dedicato (Home Movies): si tratta di documenti privati, non solo nel senso più comune, ma anche nel significato di “privati” di una destinazione, tanto quanto dell’elemento sonoro: è stata infatti aggiunta una colonna sonora che potesse connetterli insieme. Filmati amatoriali, dunque, home movies girati in un formato ridotto, più piccolo cioè rispetto alla pellicola e alle macchine di ripresa usati per i film di finzione, che di per sé rimanda all’idea del cinema alla portata di tutti.
«È da quest’idea – ha sottolineato Riccobene – che vogliamo partire, per considerare il cinema non solo nella sua dimensione industriale e artistica, ma anche documentaria, come sguardo sul mondo da parte dell’uomo comune. Roland Barthes definiva la storia della fotografia come storia di sguardi e nel momento in cui questi si moltiplicano, proprio per via del formato ridotto, innumerevoli sono le prospettive di indagine estetica e storica sul paesaggio filtrato dall’osservazione».
Le cine – cartoline proposte, filmate tra 1948 e 1968, hanno indugiato soprattutto sull’Etna, Aci Trezza e sul Giardino Bellini, come luoghi particolarmente simbolici nel racconto di una Catania che fu.
Un momento dell'incontro su cine - cartoline al Cut
Prove generali per una città (in)visibile
L’evento curato da Simona Scattina, ricercatrice e docente di Discipline per lo spettacolo presso l’Università di Catania, ha previsto la lettura drammatizzata da parte di Giorgia Coco, attrice e dottoranda in Scienze per il Patrimonio e la Produzione culturale, con l’accompagnamento di interpreti LIS (Lingua dei Segni Italiana) della Cooperativa Agire. Giorgia Coco ha inoltre curato la regia, mentre Enrico Riccobene ha realizzato lo sfondo audiovisivo con scorci caleidoscopici di città.
«Quando il viaggiatore visionario giungerà a Catania, come descriverà questa città costruita sulla pietra lavica?», è la domanda posta da Simona Scattina e a cui si ispira la lettura che trae le mosse e che rievoca Le città invisibili di Italo Calvino.
«La forma di quale desiderio dovrebbe avere la tua città ideale?», è la domanda posta a numerosi studenti e studentesse, a cui la professoressa dedica l’epilogo dello spettacolo. E ha proseguito ricordando come, in un momento in cui non è sempre facile vivere le nostre città (e anche Catania probabilmente non vive un momento felicissimo), dovremmo provare ad ergerci a viaggiatori visionari, che sappiano narrare – e Calvino è stato grande anticipatore in questo – nel proprio privato, lo spazio urbano fra realtà e immaginazione, passato e presente.
Quel che emerge dalle numerose voci rievocate e interpretate da Giorgia Coco è come la città interroghi i suoi abitanti e come da costoro venga a sua volta continuamente, inevitabilmente interrogata: «della città non godi le sette o le settanta meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda». In cosa deve rispettare il suo primo disegno?, quale umore le dà la sua forma?, quale infelicità deve risarcire?: sono alcune tra le possibili domande proiettate sullo schermo, che hanno interrogato gli spettatori presenti.
Oltre tutte le città possibili, reali o inventate, come Zenobia, ve n’è una (in)visibile, quella di cui quotidianamente, insieme, edifichiamo le architetture e di cui «due modi ci sono per non soffrirne: il primo è accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto da non vederlo più. Il secondo, rischioso, desidera attenzione e apprendimento continuo: cercare e sapere riconoscere chi e cosa in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio».
Un momento di "Prove generali per una città (in)visibile" al Cut
Dama Quiz
Medesimo legame tra ambiente e arte, è stato ribadito interattivamente dal Cine – quiz, con cui le ricercatrici del PRIN DAMA - Divagrafie (Drawing A MAp of italian actress in writing) hanno intrattenuto il pubblico.
L’evento, curato da Maria Rizzarelli, docente di Critica letteraria e Letterature comparate, ha visto la partecipazione di molti giovani e numerosi bambini entusiasti di scegliere tra attori e attrici, registe e registi - tra cui Sophia Loren, Marilyn Monroe, Cate Blanchet, Leonardo Di Caprio, Matt Damon, Michelangelo Antonioni o Pier Paolo Pasolini - la pedina da far avanzare ad ogni risposta corretta sul tavolo da gioco, farsi interrogare da soli o in squadra su alcuni tra i film d’animazione e di finzione più di successo degli ultimi anni legati a temi ambientali e con importanti protagoniste femminili, come La la Land, Barbie, Frozen, Oceania, ed ancora Lilo e Stich o Il favoloso mondo di Amelie.
I quesiti posti seguendo il tema di Sharper Night 2023 legato ad ambiente e smart cities si sono di frequente orientati su temi ecologici per ricordare e valorizzare l’importanza dell’impegno su questioni di genere e sulla difesa del pianeta da parte di personagge e attrici.
Un momento di Dama quiz all'interno dello stand del Disum in piazza Università
Smart Berillo: il gioco
Particolarmente animato e partecipato il gioco incentrato sullo storico quartiere catanese, sventrato a partire dal febbraio del 1957.
Curato dagli assegnisti Giuseppe Sanfratello, Giovanna Santaera e dalla dottoranda in Scienze per il Patrimonio e la Produzione Culturale Doriana Masucci, il gioco da tavolo è stato pensato come passeggiata virtuale tra le strade di San Berillo, grazie ad un itinerario ludico condotto per mezzo di fotografie (conservate presso la Biblioteca Regionale Universitaria di Catania) e mappe utili a ricostruire storie, luoghi e personaggi di un tassello caratteristico e importante della storia di Catania. L’iniziativa è nata a partire dal progetto OPHeLiA - Organizing Photo Heritage in Literature and Arts del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania che raccoglie fonti e memorie sviluppate intorno al quartiere.
Si è trattato di un percorso a squadre tra loro in competizione. Cinque le fasi previste: nella prima, ogni squadra ha disposto di trenta secondi entro i quali individuare tramite un localizzatore, da porre sulla cartina bianca di Catania, lo storico quartiere.
Successivamente, ai partecipanti è stata chiesta, a partire dalla visione di una foto, quale sia stata la causa principale all’origine della trasformazione di San Berillo negli anni ’50, mentre il terzo momento del gioco, prospettato sul modello di memory, prevedeva l’associazione di carte di luoghi propri del quartiere di San Berillo, prima e dopo.
In seguito, ogni squadra ha potuto pescare una carta con fotografia che ritraeva una zona pre o post sventramento specifica di San Berillo, recante un suggerimento coincidente con le didascalie storiche del fondo delle immagini. In dieci secondi i partecipanti hanno tentato di posizionare il localizzatore del luogo “pescato” confrontando la mappa antica con quella contemporanea.
Fra gli scatti originali, però, ricorre un cronista misterioso, divenuto oggetto di carte penalty per tentare di rispondere ad altre domande a partire da altre immagini su San Berillo, legate a eventi storici, personaggi e storie quotidiane delle tradizioni popolari del luogo.
L’attività ha riscosso grande successo, richiamando intorno a sé un pubblico eterogeno per età, estrazione sociale, etnia, corsi di studio e interessi, tutti coinvolti in un progetto attento alla valorizzazione di una realtà mutata nel tempo all’interno della città.
Un momento di Smart Berillo
Tutti gli eventi legati alla città di Catania e al ruolo delle arti si sono svolti all’insegna della rilevanza del rapporto necessariamente esistente tra i luoghi abitati e l’individuo: che sia un rapporto di memoria, domanda e ricerca continua, che rimandano all’appuntamento di un nuovo incontro a Sharper Night 2024.