Una storia vera, d’amore, di lotta e di ricerca della verità. Mohican è anche un omaggio alla figura femminile in cui viene sottolineato lo spirito di abnegazione, la forza e l’amore della donna
Al Teatro Metropolitan di Catania è stata presentata Mohican, l’opera ispirata da un racconto di Leo Amici del celebre Carlo Tedeschi, autore e regista che ha firmato in 40 anni di carriera oltre 20 spettacoli teatrali, riscuotendo consenso di pubblico in Italia e all’estero. La compagnia consta di altre figure altrettanto fondamentali, quali Emanuele Tedeschi, coautore e addetto alle musiche, Mauro Frascati che si occupa delle scenografie, Gianluca Raponi e Matteo Mecozzi delle coreografie, Annamaria Bianchini dell’aiuto regia e tanti altri.
Prima di dare avvio alle danze, il regista, in apertura dello spettacolo del 19 ottobre scorso, ha presentato un breve monologo sull’analoga situazione che accomuna i tempi odierni al vero e proprio nucleo del musical.
«Stiamo vivendo dei giorni brutti, se accendiamo la televisione sentiamo tante brutte notizie: odio, rancore e ancora odio e rancore. Sembra quasi indecoroso, senza pudore venire in un teatro, forse per divertirsi, per vedere uno spettacolo», ha detto Carlo Tedeschi.
«Eppure, questo musical parla proprio della guerra tra indiani e bianchi, l’ho realizzato quando il nostro Papa ha chiesto scusa e perdono ai nativi americani per come i bianchi li hanno trattati – ha aggiunto -. Avevo nel cassetto un piccolo progetto ed ecco che è diventato questo spettacolo. E allora? Ognuno di noi che cosa può fare per la pace del mondo? Siamo talmente piccoli rispetto ai ‘grandi’, rispetto alla politica, ai potenti della terra che ci sembra quasi di essere impotenti. Invece no, non lo siamo e possiamo fare qualcosa».
«Se ci guardiamo profondamente dentro di noi c’è una parte più bella che è quella che ci ha donato Dio, perché siamo a sua immagine somiglianza ed è una parte molto nascosta perché viviamo nel male per svariati motivi. Spesso ci dimentichiamo di che cosa c’è dentro di noi perché, se la nostra anima riuscisse a vivere nella pace, allora tutti vivremmo nella pace», ha detto in chiusura del monologo.
Un momento dello spettacolo
Il pubblico, dinanzi a queste parole, non può fare altro che riconoscersi in esse e applaudire per svariati secondi.
La vicenda viene narrata dall’anima di Eliane, la stessa che riuscirà a far vivere al pubblico i momenti salienti, i drammi, le gioie, la passione e le vicende delle sopraffazioni subite dal popolo nativo di quell’area del Nord America.
Tratto da una storia vera di circa 120 anni fa, “Mohican” racconta l’amore contrastato tra Eliane e un giovane indiano della tribù dei Mohicani.
Le prime scene si alternano tra l’Inghilterra, dove vediamo protagonisti Emily e Daniel, i futuri genitori di Eliane e l’America, in cui viene narrata la storia d’amore tra Wikimak e Nosh, presto genitori di Mohican.
I due inglesi arriveranno in Inghilterra insieme ad altri compagni di viaggio per appropriarsi delle terre dei Mohicani, ma quella che all’inizio sembrava essere una tragedia, si trasformerà in una grande amicizia tra la coppia inglese e la coppia americana.
Un momento dello spettacolo
«Io non sono contro nessuno, nemmeno contro di voi, siamo tutti fratelli, figli di Manitù, ma il governo dell’uomo bianco ci caccia via da qui».
Queste sono le parole che Wikimak rivolge ad Emily per far sì che la donna potesse ricevere un aiuto durante il parto. È una frase che arriva dritta al cuore degli spettatori, azzerando qualsiasi distanza, di razza e di genere, perché gli uomini sono tali a prescindere dal colore della pelle, dai tratti somatici e dalla provenienza.
Venuto al mondo Mohican, diversi anni dopo nascerà il suo grande amore: Eliane.
Cresciuti insieme i due si innamorano, ma ben presto verranno separati con l’inganno dagli agenti del governo inglese, facendogli credere che sia l’una che l’altro fossero morti, in quanto le due razze non potevano mescolarsi. Dunque, a Mohican non resta altro che il carillon che la sua amata gli aveva regalato per imparare a danzare sulle note del Valzer.
Il nativo americano si isola nella foresta, nella sua capanna ed è costretto ad adeguarsi alla civiltà degli euroamericani, ma la sua vita sarà coronata anche da momenti di gioia e felicità per aver conosciuto degli uomini provenienti da diverse parti del mondo: dalla Guatemala, dal Kenya, dall’Argentina e dal Portogallo. Questi uomini lodevoli saranno gli stessi che riusciranno a far riunire Mohican ed Eliane.
L’intera vicenda è un intreccio armonioso, complesso e introspettivo che cattura lo spettatore, rendendo partecipe il pubblico delle grandi emozioni che travolgono i personaggi. Il pubblico si unisce agli artisti ritmando gli applausi, ogni spettatore è visibilmente appagato e la compagnia si gode la standing ovation del Metropolitan.
Un momento dello spettacolo