Il messaggio di mons. Luigi Renna alla comunità accademica in occasione della Messa di Pasqua nella Chiesa San Michele Arcangelo ai Minoriti
«L’Università rappresenta una scuola di umanità, di pace, di serenità e di cultura. Soprattutto in questi momenti in cui vi sono tanti conflitti nel mondo e anche nel cuore dell’Europa. E l’università è quel luogo fondamentale in cui si ripudia la guerra e in cui si instaurano relazioni di pace per il bene della società e delle future generazioni». È il messaggio che mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, ha rivolto alla comunità accademica in occasione della tradizionale Messa di Pasqua nella Chiesa San Michele Arcangelo ai Minoriti.
«La pace è una condizione che permette a tutti noi di fare, progettare e realizzarsi e per questo Sant’Agostino la definiva tranquillitas ordinis proprio per evidenziare che quando non c’è ordine non ci può essere alcuno spazio per nessuna attività dell’uomo, meno che mai per l’università e la scuola», ha aggiunto mons. Renna nella sua omelia alla presenza del rettore Francesco Priolo, della prorettrice Francesca Longo e del direttore generale Corrado Spinella.
Mons. Luigi Renna in un momento dell'omelia
«Per noi celebrare la Pasqua significa partire da una storia in cui la non violenza è la pace e nella storia ricordo coloro che hanno fatto della non violenza Gandhi, Martin Luther King, Lanza del Vasto, Jean Goss, don Primo Mazzolari, Aldo Capitini, don Tonino Bello. Davvero ancora troppo pochi», ha aggiunto mons. Renna che ha officiato la liturgia insieme con Narciso Sunda, vice direttore della Pastorale universitaria, e Pasquale Munzone.
E in chiusura ha evidenziato come «non si può vivere la conoscenza di tutti i saperi, non si può costruire un linguaggio comune se non si ha un pensiero di pace soprattutto in una fase storica in cui vi è un commercio di armi senza tracciabilità che si trasformano da strumenti di difesa a strumenti di offesa». «E chi pensa in grande nell’epoca dell’intelligenza artificiale non può rinunciare alla coscienza umana, quella che sente il dolore dell’altro e il grido delle vittime», ha concluso mons. Renna.
Un momento della celebrazione eucaristica
A seguire la docente Arianna Rotondo, direttrice della Pastorale universitaria, insieme con padre Narciso Sunda, hanno evidenziato il percorso spirituale e culturale degli studenti, del personale tecnico-amministrativo e dei docenti dell’ateneo.
«Sono oltre quaranta i giovani della Pastorale universitaria impegnati in attività di servizio in zone di frontiera vivendo esperienze autentiche e vere grazie anche ai nuovi spazi messi a disposizione», ha detto la prof.ssa Arianna Rotondo.
Una celebrazione in cui il rettore Francesco Priolo ha affidato il messaggio della comunità accademica alla voce degli studenti. A rappresentare l’ateneo, infatti, è stato Damiano Guardo, studente del quarto anno di Medicina, che ha evidenziato «come la vita universitaria sia uno scambio di informazioni e di conoscenze con l’acquisizione di abilità da spendere in un futuro lavorativo, ma soprattutto nella costruzione dell’identità e della personalità di ognuno di noi», ha detto il giovane studente.
La docente Arianna Rotondo e padre Narciso Sunda, direttrice e vice della Pastorale universitaria
«Ci iscriviamo all’università per vivere la vita e se da un lato abbiamo bisogno della comprensione e dell’ascolto dei docenti, dall’altro ci sentiamo di dover ricambiare con la nostra dedizione e serietà. Esperienze che non avvengono sempre nelle aule universitarie, anzi le più importanti esperienze di vita le viviamo in attività che fanno da contorno ai vari corsi universitari», ha spiegato Damiano Guardo.
Nel suo messaggio il giovane studente ha evidenziato l’importanza della «cura per la dimensione spirituale che trova risposta nella pastorale universitaria, luogo di scambio di pensieri e di emozioni perché anche quelle hanno un ruolo fondamentale per la vita di un giovane in formazione».
Un momento dell'intervento dello studente Damiano Guardo
In chiusura Damiano Guardo ha sottolineato le attività di volontariato nelle varie strutture del Centro Astalli, Caritas e Spazio Erwin «che hanno permesso di conoscere realtà diverse, di confine e di approcciarsi a queste come con lo stare con i senza fissi dimora o insegnare italiano a bambini e adulti».
«Tutte esperienze che fanno riflettere e soprattutto ci consente di avere un quadro più ampio e veritiero della vita. Ognuno di noi deve pensare di essere importante e necessario nella comunità», ha detto in chiusura lo studente dell’ateneo catanese.