L’Italia vista attraverso il cinema e il fumetto

A Etna Comics è intervenuto l’autore Riccardo Renda sul rapporto intertestuale come specchio della nostra nazione 

Giovanni Greco

Riccardo Renda, autore di due libri sul rapporto tra fumetto e cinema italiano, ha offerto al pubblico di appassionati delle due arti l’occasione di scoprire le relazioni fra i due ambiti. L’incontro è stata l’occasione per scoprire inaspettatamente come anche il fumetto italiano abbia influenzato il cinema.

Si tratta di un panorama molto vasto ma spesso poco ricordato dal grande pubblico. Ma il cinefumetto italiano, formula che indica l’ibridazione fra i due generi, ha segnato non solo la contaminazione fra i due linguaggi ma anche la storia e la cultura del Belpaese in diversi periodi.

L’attore, sceneggiatore e scrittore Ettore Petrolini ha ‘messo in scena’ il primo cinefumetto italiano: Fortunello, personaggio comico apparso per la prima volta nel 1899 sul giornale di New York American Journal con il nome di Hooper Hooligan, il cui successo in Italia fu tale da ripensarlo per un’ambientazione sul territorio nazionale. Si trattava di piccoli racconti che venivano pubblicati sul Corriere dei piccoli, giornalino rivolto ai bambini dell’alta borghesia con un livello medio-alto di istruzione scolastica.

Riccardo Renda intervistato durante il festival

Riccardo Renda intervistato durante il festival

Nel 1931 esce il cinefumetto dedicato al Signor Bonaventura, produzione tutta italiana, in cui il protagonista nonostante le mille disavventure finiva sempre per vincere in maniera fortunata un milione di lire. Il soggetto era così avulso da qualsiasi spunto di critica sociale da essere pienamente accettato dalla censura fascista.

Terminato il primo conflitto mondiale, rimase la paura negli italiani di ricostruzione del proprio futuro partendo dalle macerie belliche. Questa sensazione trovò una forma di canalizzazione in opere westernSuperato il periodo, il cinefumetto si aprì a storie più effimere e ludiche.

Nasce per esempio il fumetto nero. Questa produzione appare sin da subito antimoralista per le storie di criminalità ed erotismo, due tematiche al centro del fumetto più rappresentativo: Diabolik. Il protagonista di quest’opera è un ladro dagli occhi di ghiaccio che ha come unico obiettivo arricchire sé stesso.

Nella trasposizione cinematografica di Mario Bava del 1968 viene dipinto però come una sorta di James Bond mascherato. Il personaggio fu rivisto in tal modo a causa della censura di alcuni produttori che ritenevano l’originale troppo esplicito per il grande pubblico.

La copertina del fumetto il grido del capricorno a confronto con la locandina di profondo rosso

La copertina del fumetto il grido del capricorno a confronto con la locandina di profondo rosso

Negli anni Settanta il rapporto fra l’arte filmica e fumettistica raggiunge una piena maturazione con Profondo Rosso del 1975 la cui sceneggiatura è tratta da Il grido del capricorno, fumetto tratto dalla collana Oltretomba Gigante. I diritti d’autore furono comprati da Salvatore Argento, padre di Dario e regalati al figlio.

Dieci anni dopo, anche se in piena epoca di edonismo di matrice statunitense, viene scelto nel 1985 per una trasposizione cinematografica Tex, personaggio western che proponeva una revisione della storia indigena americana diventato il simbolo della tradizione fumettistica italiana.

L’idea iniziale in realtà era quella di dar vita a una serie tv. Ma l’episodio pilota fu trasformato in pellicola e distribuito in tutti i cinema italiani con risultati disastrosi al botteghino dati dall’incompatibilità tra il personaggio Tex e l’attore Giuliano Gemma e il budget ridotto per gli effetti speciali.

Giuliano Gemma nel ruolo di Tex Willer

Giuliano Gemma nel ruolo di Tex Willer

Negli anni Novanta la Generazione X porta al successo Dylan Dog come fumetto di riferimento, specchio di molti ragazzi dell’epoca. Fra questi anche Riccardo Renda, che ha ricordato: «Era una generazione di mezzo tra quella della guerra e del boom economico che paradossalmente non avendo vissuto disagi e sentendo il peso dei racconti dei nonni si ritrovava smarrita e senza valori, motivo per cui Dylan è vegetariano, contro le multinazionali, e rincorre i mostri alla ricerca di sé».

Negli anni Duemila è stato ricordato l’esempio più riuscito di ibridazione fra cinema e fumetto: 5 è il numero perfetto di Igort che prima scrive e disegna la storia pubblicata nel 2002 e diciassette anni dopo decide di mettersi per la prima volta dietro la macchina da presa per farne un grande cinecomic.

L’opera filmica mescola elementi del cinema di Dario Argento come l’orrore, citazioni spudorate da ‘triello’ come Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone e sparatorie girate nello stile di Fernando Di Leo, maestro dell’azione che ha ispirato Tarantino tra i tanti.

Toni Servillo in 5 è il numero perfetto

Toni Servillo in 5 è il numero perfetto

Il rapporto fra i due ambiti è ancora tutto da esplorare. Grandi figure del cinema, infatti, si sono affacciate al fumetto, dai registi come Ettore Scola e Mario Monicelli che hanno realizzato brevi vignette, ma anche attori impensabili come Franco e Ciccio.

Un’altra pratica può stimolare la curiosità futura del pubblico: l’uso da parte dei disegnatori di volti noti del cinema per farne dei personaggi fumettistici che colpivano l’immaginario dei lettori sin dalle copertine e facevano un ampio riuso di espressioni filmiche già note.

Del resto, il legame fra cinema e fumetto continua ancora ad appassionare giovani e adulti come ha dimostrato il grande successo di operazioni come Diabolik dei Manetti Bros.

Settimanale con l’apparizione di Franco e Ciccio in copertina

Settimanale con l’apparizione di Franco e Ciccio in copertina