I racconti di Giuliana Agata Mirenda, Gabriele Caruso, Gessica Agrippina Scollo e Juri Di Prima: “Ci confrontiamo con una realtà diversa, finora studiata solo sui libri, anche per rimuovere stereotipi e pregiudizi”
«Dopo aver sostenuto l’esame di Diritto penitenziario, ho partecipato a un bando per svolgere attività di tutorato a favore di studenti detenuti. Ho pensato: quale miglior occasione di entrare in carcere e conoscere le persone che il carcere lo vivono, per capire se ciò che ho studiato ha un riscontro nella realtà?». Giuliana Agata Mirenda, 25 anni, laureata in Giurisprudenza, è una dei nove ‘tutor’ attualmente in servizio nel Polo universitario penitenziario dell’Università di Catania. L’anno scorso erano stati in 27, da pochi giorni è uscito il nuovo bando per il reclutamento di 16 studenti o neolaureati incaricati di supportare coloro che scelgono di frequentare un corso di laurea in regime di detenzione.
«L’idea mi è venuta nel corso del tirocinio che ho svolto nella casa circondariale di Piazza Lanza e mentre preparavo la tesi comparativa sui sistemi penitenziari italiano e portoghese – specifica Gabriele Caruso, 22 anni, studente nel corso di laurea magistrale in Sociologia delle reti, dell’informazione e dell’innovazione -. Molti dei detenuti, durante i colloqui, mi esprimevano il loro desiderio di studiare e di conoscere altro rispetto alla vita condotta fino a quel momento. Quando, nel 2022, è stato lanciato il Polo penitenziario di Unict ho sentito di dover contribuire a questo progetto».
«All’inizio nutrivo molte incertezze – aggiunge la sua collega ventiseienne Gessica Agrippina Scollo -, non sapevo se sarei riuscita a gestire la situazione adeguatamente. Ma ho scelto ugualmente di tentare, mi è sembrata un’opportunità irripetibile per confrontarsi con una realtà diversa e riuscire, nel quotidiano, a ricercare sempre il dialogo con l’altro rifuggendo pregiudizi e stereotipi. Mi ha fatto comprendere il valore di un'educazione completa, che vada oltre gli studi e le singole discipline, abbracciando il crescere come persona».
«Il carcere è come se fosse uno Stato a sé in quanto è costituito da regolamenti interni che, nei limiti della legge, possono variare da istituto a istituto ma soprattutto è fatto da persone – racconta Juri Di Prima -. Queste persone provengono da tutte le parti d’Italia e appartengono a stati sociali completamente diversi; infatti, ho avuto a che fare con studenti già laureati e studenti appena diplomati con difficoltà a comunicare in lingua italiana. Le differenze che caratterizzano ogni istituto e la condizione di restrizione della libertà in cui versano i detenuti, rappresentano due caratteristiche che hanno reso tutto più difficile».
Alcuni tutor del Polo penitenziario di Unict con mons. Luigi Renna al festival delle parrocchie
Il Polo Universitario Penitenziario è stato avviato nel 2019 in fase sperimentale. Nel 2022 è stato ufficialmente inaugurato il Polo di Unict che attualmente coinvolge 8 istituti penitenziari che ricadono nel distretto della Corte d’appello di Catania.
A questi studenti e studentesse viene garantito l’esonero totale di tasse e contributi, la fornitura di libri di testo, materiale didattico, cancelleria e attrezzature informatiche, la possibilità di svolgere attività didattiche integrative e il costante supporto dei tutor, senior e junior.
«Il tutor senior – spiega Giuliana - è una figura che si occupa di fare da “ponte” tra l’Amministrazione penitenziaria e quella universitaria, così da facilitarne i rapporti. In tal modo ho appreso i compiti di tutti gli operatori del sistema penitenziario (dal funzionario giuridico - pedagogico al direttore penitenziario, dall’agente di polizia penitenziaria all’operatore informatico) che, ogni giorno, si adoperano per rendere possibile gli incontri (in presenza e online) con gli studenti detenuti».
«Da tutor junior – precisa Gabriele – il mio compito più importante è sicuramente il supporto agli studenti nella fase di preparazione delle materie. Spesso si tratta di persone che non studiano da diversi anni e quindi hanno bisogno di familiarizzare nuovamente con l’approccio alle discipline ma anche di essere seguiti in modo costante e incoraggiati».
«Mi occupo anche di accoglienza, disbrigo di pratiche amministrative, affiancamento allo studio universitario e attività di orientamento all'ingresso – racconta Gessica -. Nella pratica, mi vedo come un’intermediaria tra gli studenti e i docenti. Considerare le singolarità di ciascuno, i loro bisogni e le loro esigenze, è essenziale per costruire una relazione di fiducia e ottimizzare il processo di apprendimento. Il superamento di un esame è gratificante sia per loro, sia per noi che abbiamo scelto di accompagnarli».
Alcuni tutor del Polo penitenziario di Unict al festival delle parrocchie
«Spesso diamo troppo per scontato ciò che noi abbiamo da studenti universitari – riflette Giuliana - . Reperire del materiale didattico o prenotare un esame universitario, per gli studenti ristretti diventa veramente complesso e a volte può sembrare una montagna impossibile da scalare. Per questo la nostra attività è fondamentale. Ma ciò che più mi ha colpito è l’impegno e l’attenzione che molti di loro pongono nello studio universitario, mostrando di apprezzare questa chance che le istituzioni hanno concesso loro, provando a migliorarsi come persone e ad avanzare nel percorso di rieducazione che è alla base del nostro ordinamento penitenziario».
«Soprattutto durante il mio primo anno di tutorato, anche a causa delle forti emozioni provate e della passione con cui vivo le mie esperienze, tornavo a casa un po’ scosso da ciò che vedevo e pian piano ho maturato in me la consapevolezza dell’importanza della libertà e quanto quest’ultima non sia un diritto assolutamente scontato per alcune persone – aggiunge Juri -. Durante il mio secondo anno, ho acquisito una maggiore maturità che mi ha permesso di aiutare alcuni miei colleghi al loro primo anno di attività di tutorato soprattutto dal punto di vista emozionale in quanto, dal punto di vista didattico, ogni mio collega era davvero molto preparato».
«Ho visto uno stu-detenuto, come vengono chiamati, piangere di gioia dopo aver superato un esame – racconta Gabriele -. Era stato bocciato nella sessione precedente e aveva vissuto questo momento come una dura sconfitta personale. Vederlo così felice mi ha fatto riflettere su quanto un successo relativamente piccolo per alcuni, come una materia conseguita, possa rappresentare un traguardo enorme per chi si trova in condizioni di fragilità».
«Io porterò per sempre con me il ricordo di una madre che attendeva la scarcerazione del figlio – conclude Gessica - come se scendesse da un treno o da un aereo: era lì per accoglierlo, non per giudicarlo. In quel momento, ho compreso l'importanza di un percorso educativo dopo il carcere e come il sostegno possa fare la differenza nella reintegrazione sociale. È questo il valore aggiunto, che possono dire alle loro famiglie di essere studenti, e non soltanto detenuti».