A venticinque anni dalla morte del cantautore, l’eco della voce di Faber conquista la platea del Bellini di Catania
Un’esperienza concertistica energica ed emozionante quella al Teatro Massimo Bellini di Catania, in cui si è svolto il concerto sinfonico-corale Omaggio a Fabrizio De André – Sogno n.1… ed oltre.
Il tributo – per uno dei maggiori esponenti della popular music della fine del secolo scorso – è stato arrangiato e diretto dal maestro londinese Geoff Westley, che insieme ai due interpreti Peppe Servillo e Ilaria Pilar Patassini, all’Orchestra e al Coro del Teatro Massimo Bellini, ha permesso al pubblico di riascoltare alcuni tra i più celebri brani di Faber in una chiave del tutto inedita a venticinque anni dalla sua morte.
Oltre al già citato Servillo – attore, compositore e cantante del gruppo Avion Travel –, ospite d’eccezione è stato Mario Arcari – uno dei musicisti e collaboratori storici di Fabrizio De André – che ha dato il suo contributo suonando vari strumenti a fiato orchestrali e di estrazione popolare.
Tra i brani eseguiti troviamo il famosissimo Don Raffaé in dialetto napoletano, La canzone dell’amore perduto e Hotel Supramonte interpretati con grande pathos dalla Patassini.
Il Coro – preparato dal maestro Luigi Petrozziello – è intervenuto a cappella nel brano L’infanzia di Maria ricalcando l’impostazione della registrazione del disco di De André, ma anche in un grande Laudate hominem in cui l’Orchestra ha recitato da protagonista indiscussa.
Un momento del concerto al Teatro Massimo Bellini
Diverse sonorità e ritmi hanno caratterizzato la serata, spaziando dal riadattamento alla sinfonia classica in alcuni brani già citati, al tempo di valzer in Valzer per un amore – contenente uno squisito dialogo danzante tra ottoni e legni, in cui la tromba è protagonista –, e al tango dai timbri dal sapore mediterraneo in Ho visto Nina volare.
Conclude la serata un arrangiamento orchestrale che rende solenne e al contempo toccante l’esecuzione di Anime salve, brano in cui i due cantanti si alternano nell’intonazione delle strofe che risuonano come un lacerante inno, un elogio della solitudine. Un invito alla riflessione – rimarcato da un flauto di canna suonato da Arcari – ma anche il ricordo dello spessore e della profondità di un “trovatore”, di un poeta-cantore come era Fabrizio. Le cui parole e melodie «tra mille anni al mondo, mille ancora» continueranno a far vibrare l’anima del mondo che ha avuto la fortuna di conoscerlo e apprezzarlo, proprio come il pubblico presente al Teatro Massimo Bellini, che con un lunghissimo applauso estatico è riuscito a strappare un primo bis, altrettanto celebre, ‘Bocca di rosa’.
Nel brano, un mirabile intervento armonizzato dal Coro ha continuato ad accompagnare a cappella il solo della Patassini, fino al ritorno esplosivo dell’Orchestra con l’inciso fortunato eseguito anche all’ottavino da Mario Arcari. E un creativo ultimo intermezzo ha ricondotto il tessuto orchestrale, corale e la solista alla conclusione marcata dalle parole dell’ultima strofa, seguite infine da un dialogo tra la fanfara e il primo violino solista, che ha sostenuto le ultime parole del testo «l’amore sacro e l’amor profano».
Un momento del concerto al Teatro Massimo Bellini
Come ha anche sottolineato in conclusione Peppe Servillo «il valore di questa serata è [stato] dato dal fatto che un’istituzione importante come questa [ossia il Teatro Massimo Bellini] ospiti artisti della nostra musica popolare; ed è [giunto il] tempo che istituzioni come queste, che ringraziamo, diano più spazio ad artisti come De André, che hanno dato voce alla nostre generazioni e al cuore del popolo».
La conclusione ufficiale è stata sancita dal secondo e ultimo bis, già eseguito nel corso del concerto, Preghiera in gennaio. Una sublime e accorata interpretazione che ha chiuso in bellezza la serata caratterizzata dall’eco della voce di De André, talvolta presente con un voice over, «che ormai canta nel vento».
Un finale appropriato che, forse più di qualsiasi altro, ha reso gli spettatori ammaliati, proprio come il «Dio di misericordia» – citato in chiusura nel testo – «contento», e in visibilio per aver potuto rivivere, ancora una volta, le emozioni che Faber è sempre stato in grado di suscitare.
Gli applausi a conclusione del concerto