Conclusa la Summer school Odisseuro, l’intervento di Andrea Giuseppe Cerra su come riscoprire il senso del fare comunità
Riscoprire il senso del fare comunità, non solo nella prospettiva scientifica. Questo il proposito della Summer School Odisseuro, nata nel 2020 durante la pandemia da Sars2 Covid19 dalla volontà di studiosi di diverse discipline che hanno già sperimentato felici forme di collaborazione scientifica nell’ambito di un proficuo rapporto tra gli atenei della Sicilia centro-orientale.
Ed in particolar modo dei docenti Giuseppe Speciale, Stefania Mazzone, Carlo Colloca, Rosario D’Agata, Alessia Di Stefano e Andrea Giuseppe Cerra dell'Università di Catania, Daniela Novarese dell'Università di Messina e Jacopo Torrisi di UniKore. Obiettivi di Odisseuro sono la ricerca e la formazione condotte con metodo e approccio multidisciplinare nel campo delle scienze umane e sociali.
Il progetto guarda ai modi in cui hanno attecchito e si sono sviluppate, anche lungo percorsi carsici, le diverse forme di civiltà che hanno disegnato la storia politica, sociale, economica, culturale, religiosa, giuridica, delle donne, degli uomini e dei popoli che hanno vissuto sulle sponde del Mediterraneo.
L’edizione di quest’anno, la quarta, si è tenuta dal 9 all’11 settembre nei locali del Collegio San Tommaso Congress Hall, grazie anche alla sensibilità della Fondazione Morgagni, presieduta dal professor Salvatore Castorina, che da quattro anni mette a disposizione della comunità di Odisseuro il già collegio domenicano “San Tommaso d’Aquino”.
I docenti Pinella Di Gregorio, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e sociali di Unict, e Giuseppe Speciale, docente del Dipartimento di Giurisprudenza di Unict
Il tema affrontato quest’anno è profondamente legato alle insidie della contemporaneità: le Na(rra)zioni.
Johann Christoph Adelung, autore settecentesco di un celebre dizionario tedesco, così definisce la nazione: «composta da abitanti autoctoni di un territorio in quanto hanno una comune origine, parlano una lingua comune e, in un senso più specifico, sono distinti dalle altre genti per un loro modo caratteristico di pensare e di agire, ovvero per il loro spirito nazionale: e ciò indipendentemente dal costituire essi uno Stato, o dal loro vivere dispersi in più Stati» (Adelung, 1776).
Interpretare e proporre una chiave di lettura rifuggendo lo scontro amico/nemico e proponendo, al contrario, un contenitore culturale rivolto al dialogo perenne alle pendici dell’Etna. La tre giorni si è strutturata in un sinergico dialogo tra intellettuali, accademici e studenti.
A partire da Lia Levi che ha tenuto un’intensa lectio magistralis, ricordando la sua lunga attività di divulgazione, sino al laboratorio assai partecipato di Angelica Edna Calò Livnè, fondatrice del Teatro dell'Arcobaleno che mette in dialogo ebrei, arabi e drusi, vivendo ancora nel Kibbutz Sasa, a un chilometro dal confine con il Libano, nonostante i bombardamenti continui.
Una proiezione nel corso della Summer school
Gli oltre ottanta partecipanti, provenienti da tutto il Mezzogiorno, si sono potuti confrontare in un contesto di vivacità culturale animato dal chiaro intento dei fondatori di offrire uno strumento di crescita intellettuale condiviso, oltre gli steccati della cattedra. Il dibattito/confronto sul tema LeNa(rra)zioni ha assunto come elementi di partenza quelli secondo cui la coscienza del popolo sarebbe dunque narrazione, storia tramandata, linguaggio vivente, prima ancora che diritto, istituzioni, forme politiche e sociali.
L’organizzazione politica e sociale quale fattore culturale connoterebbe, dunque, una nazione e i suoi caratteri e, di converso, la convivenza e la pratica della vita vissuta sotto certe regole, uniformerebbero gli individui a un comune carattere nazionale.
La questione, sin dai suoi esordi, non è affatto di poco momento per la storia sociale, giuridica, politica, culturale, istituzionale dell’Occidente: si giocano qui concetti quali cultura, natura, razza, religione, civiltà, legge, narrazione, universalità. Il concetto di identità entra in gioco e in tensione se la cultura è una sola, eterna e immutabile, in una realtà storica viva e cangiante.
Un momento dell'intervento di Lia Levi
Analizzare strade di narrazione storica della nazione, dei suoi assetti istituzionali, sociali, giuridici, politici, estetici, comporta il confronto con tre snodi di senso: «vi è in primo luogo la variabile naturale, in virtù della quale la nazione si definisce attraverso il riferimento a elementi quali la razza, l’etnia, la stirpe, la consanguineità o, più genericamente, un’origine comune" (Tuccari, 2000).
"Vi è poi la variabile culturale, che fonda la nazione e le forme della coscienza nazionale su fattori quali la lingua, le tradizioni, la religione, le memorie storiche, lo spirito del popolo; oppure, ancora, un complesso di relazioni più o meno stabili con un determinato territorio. E vi è infine la variabile politica, che pone al centro della nazione e dei meccanismi di riconoscimento da essa prodotti l’appartenenza - da realizzare o da consolidare - a un sistema di istituzioni politico-territoriali comuni, oppure il riferimento a una comune volontà politica» (Tuccari, 2000).
Ogni nazione, sostiene Foucault, è una costruzione di tipo testuale e ideologico, che permea di sé il canone letterario e insieme i discorsi critico-scientifici. Questo paradigma, applicato alle realtà nazionali globalizzate dai grandi esodi, delinea l’ambito di un linguaggio appartenente a ogni singola nazione.
Organizzatori e relatori della Summer school Odisseuro
La comunità di Odisseuro è già al lavoro per la quinta edizione, nella consapevolezza che quest’esperienza si rinnova e si rafforza ogni anno.
Momenti di grande emozione, durante la Summer School, sono stati quelli che Gerta Human Reports, col suo presidente, Angelo Di Giorgio, ha dedicato alla proiezione del documentario pluripremiato 20 giorni a Mariupol e del reportage sul 7 ottobre Screams before Silence, oltre che all’inaugurazione della mostra fotografica israelo-palestinese Heimat di Stefania Mazzone.