L’antichistica ai tempi delle Digital Humanities

Come cambia la conservazione del passato nell’epoca del digitale. Ecco alcuni progetti di ricerca di ambito archeologico e filologico presentati in occasione del XIII Convegno nazionale Aiucd

Gabriele Cristiano Crisci (foto di Micaela Rodriguez)

La rivoluzione digitale in atto oggigiorno sta radicalmente cambiando i modi in cui si documentano e si analizzano gli avvenimenti del passato e sta comportando un ripensamento delle metodologie tradizionali messe in campo dall’antichistica, dall’ambito archeologico a quello filologico.

Il miglioramento e lo sviluppo delle tecnologie digitali hanno permesso alle digital humanities di disporre di software sempre più sofisticati e performanti, che implementano costantemente la portata di innumerevoli archivi (epigrafici, iconografici, storici, lessicografici, etc.) fondamentali per la ricerca. Quest’ultimo tema è stato ben approfondito durante il XIII Convegno nazionale AIUCD, dal titolo MeTe digitali. Mediterraneo in rete tra testi e contesti, tenutosi al Monastero dei Benedettini di Catania dal 28 al 30 maggio.

Alla raccolta, all’archiviazione e alla valorizzazione dei dati in ambito archeologicoe storico-artistico è dedicato il progetto Storage, finanziato dall’Università di Catania e coordinato da Pietro Militello. Tale proposta di ricerca, dal titolo Il progetto Storage: dai dati al Web, è stata presentata durante la prima giornata del convegno da Simone Faro e Marianna Nicolosi Asmundo, oltre che dal professore Militello.

Gli obiettivi sono molteplici: attraverso nove casi studio provenienti da indagini sul campo, dondotte sia in Sicilia che all’estero, si punta alla creazione di un’ontologia per il patrimonio culturale e di soluzioni algoritmiche per la tecnologia OCR in modo da poter esserci una fruizione adeguata in rete sia da parte degli studiosi che del grande pubblico.

Tra le diverse attività avviate dal progetto Storage è prevista anche la rivalutazione dell’archivio fotografico dell’ex Istituto di Archeologia dell’Università di Catania: da una schedatura della documentazione fotografica fino alla creazione di una piattaforma sul web. L’iniziativa – dal titolo Preservare la memoria: Il progetto Storage e l’archivio dell’ex istituto di Archeologia – è stata presentata da Pietro Militello e Giovanni Fragalà.

Oggi si avverte anche la necessità di costruire ponti tra i filologi digitali e, più in generale, tra gli umanisti digitali, affinché si possano sfruttare al meglio le potenzialità del mezzo informatico e abbracciarne più ampie prospettive critiche. Quali sono, infatti, le implicazioni nate dall’incontro tra testi millenari e ambienti digitali?

In foto da sinistra Francesca Michelone e Giuseppe Palazzolo

In foto da sinistra Francesca Michelone e Giuseppe Palazzolo

Su questo versante si muove il progetto Onomastikón. Studi di lessicografia greca e latina, coordinato da Vincenzo Ortoleva, Maria Rosaria Petringa e Salvatore Cammisuli.

Fondamentale risulta la collaborazione tra l’Università di Catania e alcune prestigiose istituzioni scientifiche europee ed extra-europee, quali gli Istituti del Thesaurus Linguae Graecae dell’Università della California (Inrvine), del Thesaurus linguae Latinae di Monaco di Baviera e del Diccionario Griego-Español di Madrid. 

Il programma di ricerca è stato esposto nella sezione “poster slam” in un intervento dal titolo Strategie per la creazione e la condivisione di una collezione digitale di testi greco-latini presentato anche da Mariarosaria Villareale, oltre che dai già citati coordinatori. Onomastikón si presenta in open access come una collezione digitale di testi greco-latini in costante aggiornamento, composta da due sezioni.

La prima è dedicata allo studio della lessicografia greca e latina attraverso la pubblicazione di un’edizione critica commentata delle porzioni ancora del glossario bilingue latino-greco degli Hermeneumata Celtis, che risale all’età tardoantica.

A ciò si affianca la seconda parte del progetto costituita dall’Archivio digitale del lessico della poesia cristiana antica e medievale, volto all’individuazione e all’interpretazione di termini rari o per nulla attestati rinvenibili nei testi poetici tardo-antichi di matrice cristiana, con particolare riguardo alle loro possibili continuazioni mediolatine e romanze.

Il fronte lessicografico latino è il fulcro anche dell’ambizioso processo di digitalizzazione – a cura di Francesca Michelone – del dizionario latino bilingue Lana, la cui edizione originale risale al 1978. «Il progetto nasce con lo scopo di creare un prodotto digitale che sia aperto a tutti e che segua i principî FAIR (acronimo di Findability, Accessibility, Interoperability, Reusability)», ha spiegato Michelone nel suo intervento dal titolo La digitalizzazione del dizionario Lana 1978.

In foto da sinistra Agnese Macchiarelli, Franz Fischer e Antonio Di Silvestro

In foto da sinistra Agnese Macchiarelli, Franz Fischer e Antonio Di Silvestro

La direttrice del progetto è una linea “green” che valorizzi e individui il lessico latino legato all’ambiente: grazie all’uso dell’ontologia di Hallig-Wartburg, vi è la possibilità di gerarchizzare i lemmi e di procedere tramite categorie (ad esempio, cielo e atmosfera, flora e fauna).

Una novità significativa è l’incremento delle citazioni rispetto all’originale, anche grazie alla «prospettiva che vede il dizionario come luogo di scambio; uno scambio facilitato dalla creazione di una interfaccia web che permetta ricerche per argomento e un collegamento tra dizionario e biblioteca digitale», come ha sottolineato Francesca Michelone al termine della sua presentazione. 

Un esempio concreto d’incontro tra la rappresentazione stemmatica di un testo greco-latino e i software di codifica digitale è quello discusso da Agnese Macchiarelli e Franz Fischer nella relazione intitolata Rappresentare la Storia Sacra: un’impresa ieri, una sfida oggi.

Oggetto di questo studio è la restituzione in ambiente digitale del Compendium di Pietro di Poitiers, teologo scolastico del XII secolo. Tale opera ha una natura diagrammatica ed è tradita da più di 300 testimoni, e sono questi due elementi a complicarne la resa in termini informatici: non solo per il fatto di essere un’opera trasmessa assieme a pericopi bibliche o ad altri testi scolastici, ma soprattutto perché si presenta come una sovrapposizione della componente testuale, iconografica e diagrammatica.

Lo scopo è creare un’edizione critica digitale commentata che oltre ad avere gli apparati sia provvista di un database dei codici e della rappresentazione in TEI delle numerose linee genealogiche e delle didascalie presenti nei manoscritti originali.

L’auspicio è che le Digital Humanities possano diventare sempre più protagoniste di uno sviluppo in un’ottica multidisciplinare anche per gli studi di antichistica.  Ciò può avvenire partendo innanzitutto dalla creazione di centri di ricerca, nei quali il lavoro congiunto di informatici e specialisti in scienze umanistiche (archeologi, linguisti, storici dell’arte, filologi) possa dar vita a un’ingente quantità di progetti competitivi nel panorama internazionale.