La vita nell’arte

Lo spettacolo “Marina. Nemmeno io sapevo di essere un poeta” in scena alla Sala Hernandez in occasione del Catania Off Fringe Festival

Carmen Musumeci

In occasione del Catania Off Fringe Festival alla Sala Hernandez è andato in scena Marina. Nemmeno io sapevo di essere un poeta, spettacolo di teatro-danza diretto e coreografato da Tatiana Stepanenko.

Un connubio di recitazione e arte coreutica ha permesso di addentrarsi nella storia della poetessa russa Marina Cvetaeva (1892-1941), donna forte e fragile al tempo stesso. La sua vita tormentata e le sue intense poesie diventano un tutt’uno sulla scena dello spettacolo, grazie alle abilità plurime delle sue interpreti: l’attrice Monica Massone e le danzatrici Tatiana Stepanenko e Giorgia Zunino.

Le abbiamo intervistate per farci raccontare la vocazione del progetto, e ciò che secondo loro l’arte è in grado di esprimere e di mettere in luce.

Da dove nasce l’idea dello spettacolo?

«Sono molto appassionata di poesia – racconta Tatiana Stepanenko – e parlando a Monica dei versi di Marina Cvetaeva anche lei ne è rimasta entusiasta. Così si è pensato di realizzare uno spettacolo dedicato a questo. A partire da questa idea che ci coinvolge molto abbiamo iniziato a creare il progetto». «Considerando anche una condivisione di visioni sull’arte» aggiunge Monica Massone.

Un momento dello spettacolo

Un momento dello spettacolo

È stato difficile unire due forme d’arte quali il teatro e la danza? E com’è stato coniugare la rigida tecnica che c’è nella danza con l’emotività della poesia?

«La rigida tecnica è il nostro strumento che serve per esprimerci – dice la regista – e la funzione dell’arte, per me, è far vedere attraverso i nostri occhi quello che sentiamo». «Nel teatro – specifica l’attrice – la componente emotiva è il fulcro, però serve una tecnica che quando si è in scena bisogna continuamente tenere in considerazione». «Non siamo partite dall’idea della tecnica – sottolinea Stepanenko – ma da una condivisione, da una visione dell’arte e del vivere la poesia». 

Cosa vi ha colpito di più di questa poetessa? E cos’hanno lasciato la sua storia e i suoi versi in ognuna di voi?

«Facendo riferimento alle poesie e ai brani scelti, questi possono essere compresi sia da una persona giovane, a cui arrivano nella potenza dell’emotività, sia da una persona più matura, a cui giungono anche forti di un’esperienza che nell’arco dei decenni si matura. È una poetessa universale che canta veramente l’universalità di emozioni e sentimenti che si declinano in vario modo nelle varie epoche della vita», spiega Massone. «Ciò che mi piace di lei – aggiunge Stepanenko – è che sia onesta, nel senso che va dritta al petto, dice quello che sente in maniera molto diretta».  

«Per me – afferma poi la ballerina Giorgia Zunino – è stato sicuramente più difficile capire le sue poesie, proprio perché sono più giovane e ho avuto meno esperienza. Tuttavia, come dice Tatiana, ascoltandole nel modo in cui sono recitate da Monica o leggendole ci si immedesima, proprio perché questa poetessa è vera e si riesce a capire il senso di quello che comunica».

Un momento dello spettacolo

Un momento dello spettacolo

L’arte è in grado di restituire voce a chi non c’è più e far risuonare la sua storia, rendendola attuale. In che modo la vita di questa poetessa può essere vicina a noi oggi?

«È attualissima; si pensi alla situazione di fragilità degli artisti e del mondo artistico che vive nella precarietà. Marina Cvetaeva è stata una poetessa dalla vita molto difficile, e l’essere artista come lei in questo mondo complicato per tutti è una condizione presente anche oggi» spiega Stepanenko. 

«Era davvero un’anima estremamente libera – commenta Massone –, a cui interessava cantare l’essenza della vita e, questo, le ha portato nella quotidianità diverse problematiche».

Come definireste con una parola questo spettacolo?

«Con un’espressione: la fragilità della potenza», dice l’attrice. «Per me – continua la regista – anche bellezza. In effetti abbiamo cercato di realizzare uno spettacolo in cui fosse presente un lato molto estetico perché anche il dolore, così come la fragilità, può essere bello».

Cos’è per ciascuna di voi l’arte, il teatro, la danza?

«Evoluzione», risponde Massone. «Espressione, modi di esprimersi diversi», specifica Zunino. «Per me – dice Stepanenko – è semplicemente un modo di vivere. Io ogni cosa la vivo così; non mi immagino da nessun’altra parte. Cerco dentro di me la creatività e attraverso quello che so fare provo a raccontare come vedo la vita».

Un momento dello spettacolo

Un momento dello spettacolo

Qual è stato il vostro percorso di formazione?

«Io ho fatto un percorso di formazione come ballerina in Russia – racconta Stepanenko –, e poi mi sono laureata con una specialistica in coreografia. In seguito ho viaggiato, ho fatto tournée con una compagnia di danza e dopo mi sono fermata qua, in Italia, dove per vent’anni ho avuto una scuola di danza in cui insegnavo e dirigevo. Da quest’anno abbiamo cambiato gestione perché ora tocca a lei, Giorgia, allieva che conosco da quando aveva sei anni. Ho sempre comunque lavorato nello spettacolo».   

«Da quando ho sei anni– continua Zunino – ballo con Tatiana, è stata la mia insegnante da sempre. Ho fatto qualche esperienza, qualche stage in giro con altri insegnanti, mi sono laureata in Scienze motorie e adesso ho aperto questa scuola dove insegno principalmente danza moderna e contemporanea».                                 

«Io – dice Massone – mi sono diplomata in una delle scuole della regione Lazio come attrice, poi mi sono formata al DAMS di Torino in teatro educativo e sociale. Ho scelto un percorso particolare, ossia lo Stanslavskij Study, perché sono una persona molto molto emotiva e quindi volevo cercare di potenziare questa mia risorsa e renderla più disciplinata attraverso una tecnica. Ho fatto varie esperienze nel teatro contemporaneo».

Un momento dello spettacolo

Un momento dello spettacolo 

Secondo voi in che modo i giovani possono avvicinarsi ancora di più all’arte?

«Leggendo, andando a teatro. Penso che la scuola abbia un ruolo importante in questo» afferma Stepanenko. «Coinvolgendo i giovani e dando importanza al percorso che scelgono di intraprendere», aggiunge Zunino. «Gli insegnanti sono fondamentali», chiosa Massone.                                                                      

«Essere coraggiosi, sperimentare, andare a vedere, sentire, non dire subito a priori mi piace o non mi piace; apprezzare il valore di un’esperienza che può essere positiva o negativa, può piacere o non piacere», conclude infine la regista.

Quando l’arte incontra la vita si crea un’atmosfera magica in cui tutto ciò che c’è al di fuori scompare. Nella scena di Marina. Nemmeno io sapevo di essere un poeta la commistione di elementi diversi (recitazione, corpo, musica, costumi, luci) uniti alla bravura delle interpreti ha permesso al pubblico di immergersi nella storia di Marina Cvetaeva, e di così sentir risuonare le sue parole attraverso il filtro magico del teatro e della danza.