L’intervento di Agatino Cariola, docente di Diritto costituzionale, sul tema del Convegno nazionale dell’Unione giuristi cattolici italiani ospitato dall’Università di Catania
Cos’è la verità? È la frase che è stata pronunciata da Pilato nel cosiddetto processo a Gesù.
Davanti al prigioniero che gli era stato portato dal Sinedrio di Gerusalemme e che era accusato di sedizione contro ogni potere costituito, il discorso tra l’imputato ed il suo giudice passò subito ad occuparsi del tema della verità.
E davanti a Gesù che si richiamò alla verità e iniziò a trattare di valori in riferimento alla sua persona, Pilato se ne uscì subito con la frase che non attendeva risposta, perché era la sintesi dello scetticismo di un’epoca: non esiste alcuna verità, ma solo il potere. Non vale nemmeno la pena di ricercare assieme la verità.
Pilato uscì letteralmente dall’aula del processo che vide il suo esito, oltretutto, deciso altrove, in sedi che oggi si direbbe essere proprie della politica. Potrebbe dirsi che la colpa di Pilato sta nel non aver continuato il dialogo con Gesù, ma di essere stato attento solo alla volontà del potere. Ciò lo porto a far uccidere un uomo che lui sapeva ed affermava innocente, quindi ad agire contro la verità.
Epperò, il tema della verità è contemporaneo ad ogni generazione e ad ogni uomo. Lo Stato, che è la comunità per eccellenza, ha pure bisogno di reggersi su taluni valori condivisi, a cominciare da quello di uguaglianza e dal rispetto della libertà di tutti, e di utilizzare strumenti per assicurare la convivenza.
Il prof. Agatino Cariola
Il processo – ogni processo – muove di necessità dall’accertamento dei fatti e, quindi, dalla ricerca della verità. Il giurista – studioso, avvocato, giudice - non può smarrire il desiderio di appurare la realtà dei fatti. Del resto, tutti noi da cittadini reputiamo che una decisione è giusta solo se risponde ai fatti, quasi ad esserne una conseguenza: in fondo siamo rimasti dalla parte di Gesù che insisteva sulla verità e per questo tutelava la libertà, sua e di ogni altro essere umano.
La ricerca della verità, allora, è il filo rosso che accompagna l’esperienza di ognuno, ad iniziare dalle relazioni interpersonali sino ad arrivare alle scelte più elevate della politica. Come si potrebbe votare efficacemente e liberamente, se non si fosse informati dei fatti e delle vicende istituzionali? Ed ancora: come potrebbe essere libero un sistema sociale se le decisioni fossero il frutto di occultata corruzione? E l’intera esperienza giudiziaria come potrebbe giustificarsi se si mettesse da parte l’accertamento dei fatti? O come potrebbe pensarsi di reinserire l’autore di un reato nelle dinamiche sociali se non si passa attraverso l’ammissione dell’illecito compiuto e la volontà di riparare al danno procurato?
Un momento dei lavori nell'aula magna del Monastero dei Benedettini
Si vede che la verità – almeno nella parte relativa alla ricostruzione della realtà – non è affatto una variabile indipendente delle relazioni umane, ma è il fondamento di ciò che ci fa stare assieme. La verità come problema, insomma. Senza soluzioni precostituite, ma anche senza perdere il gusto di cercare.
A questi temi è stato dedicato il Convegno nazionale dell’Unione giuristi cattolici italiani che si è tenuto a Catania al Monastero dei Benedettini, frutto della collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo catanese e con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catania.
L’incontro ha visto specialisti delle più varie discipline giuridiche discutere su verità e certezze: argomenti difficili perché la risposta – anzi: la non risposta – di Pilato è sempre in agguato, ma essenziali per ogni uomo e per ogni donna, oltre per chi si occupa professionalmente di diritto e non deve smarrire il senso del lavoro che fa.
Il convegno ha ricevuto la medaglia del Presidente della Repubblica: il premio di rappresentanza è stato conferito all’iniziativa appunto per il valore che si annette ad una riflessione a tante voci sul “problema verità”.