Una rete di note che ingloba classico e contemporaneo. I danzatori di Roberto Zappalà conquistano Catania con i loro passi su musiche e silenzi
Il Teatro Massimo Bellini di Catania ha ospitato la Trilogia dell’estasi, il terzultimo spettacolo previsto per la stagione di lirica e balletto 2024. Il progetto è stato realizzato in partnership con la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, la Compagnia Zappalà Danza, Scenario Pubblico, il Centre Chorégraphique National de Rillieux-la-Pape di Lione, i Teatri di Reggio Emilia, MilanOltre Festival di Milano, il Teatro Massimo Bellini di Catania, la Fondazione Teatri di Piacenza, la Fondazione Ravenna Manifestazioni e il Teatro del Giglio di Lucca.
Lo spettacolo di danza muove a partire da tre composizioni classiche novecentesche: Prélude à l’après midi d’un faune di Debussy, il Boléro di Ravel e Le Sacre du printemps di Stravinskij, in un quadro unico che lega passato, presente e futuro.
La scena che si offre agli occhi dello spettatore richiama un ambiente urbano in penombra, mentre sul palco volteggiano figure incappucciate o con il volto celato da una maschera (14 danzatori e 10 comparse); un richiamo alla società contemporanea in cui l’uomo si ritrova ogni giorno a fare i conti con verità nascoste allo sguardo.
La drammaturgia di Nello Calabrò in unione con le coreografie di Zappalà riesce a sedurre lo spettatore e a conferire potenza alla visione; a impreziosire il tutto, i costumi di Veronica Cornacchini. Analisi speciale meritano le musiche, o meglio, il loro significato e utilizzo all’interno dell’opera di Zappalà. D’impatto la scelta di aprire lo spettacolo con Techno Party, brano di musica elettronica di Tujamo, Vinne & Murotani, che funge anche da intermezzo fra un’opera e un’altra, un filo conduttore, un leitmotiv, che lega le tre melodie.
Un momento dello spettacolo (foto di Franziska Strauss)
Significativi anche i momenti di silenzio assoluto che precedono l’esecuzione orchestrale: i corpi dei ballerini continuano a muoversi scandendo un ritmo ben preciso, il silenzio è musica; probabilmente un ulteriore richiamo che la compagnia Zappalà ha voluto fare al secolo breve (nel corso del secolo scorso, infatti, sono stati tanti i compositori che hanno scelto di mettere in scena il silenzio; il più noto fra gli artisti di musica sperimentale è sicuramente John Cage, con la sua composizione del 1952 dal titolo 4’3’’).
Prélude à l’après midi d’un faune è il brano considerato capolavoro dell’impressionismo musicale, esso segue una partitura molto lineare, caratterizzata da una melodia arabeggiante che racchiude due momenti musicali, un tema, affidato al flauto che esegue un solo e che simboleggia la figura del fauno, e una ripetizione di quest’ultimo, con variazione; il protagonista viene prima escluso dal gruppo, per poi lanciarsi in una danza di corteggiamento che esprime erotismo.
Successivamente, il crescendo e i ritmi ossessivi del Boléro di Ravel hanno acceso la passione e la lussuria: l’aspetto visivo (mantelli e maschere) ricorda l’iconica scena del rito orgiastico di Eyes wide shut e i movimenti sinuosi e sensuali dei ballerini esprimono tutto il calore e la sensualità del brano; il bolero è una danza di origine spagnola, caratterizzata da un tempo in 3/4, che si è consacrata solo dopo la celebre opera di Ravel, che fu, peraltro, ispirata dalla famosa danzatrice russa Ida Rubenstein.
Un momento dello spettacolo (foto di Giacomo Orlando)
A chiudere, Le Sacre du printemps di Stravinskij, scritta fra il 1911 e il 1913; qui i temi si sviluppano poco anche se con mezzi totalmente nuovi, in modo da attribuire loro un dinamismo sempre più rimarcato. Non vi sono, quasi, modifiche dal punto di vista della melodia, a variare continuamente sono, invece, i rapporti ritmici, armonici e contrappuntistici; la modifica progressiva di questi elementi, conferisce alla musica una tensione che aumenta senza tregua.
L’opera conta una ventina di temi, tutti semplici e distonici, che vengono presentati e ripetuti, per poi dissolversi. Stravinskij, inoltre, fa grande uso della poliritmia, egli immette in uno stesso movimento ritmico metri differenti, aggiungendo anche un disarmante contro-ritmo irregolare che forma una nuova dimensione armonica e polifonica.
Ma è l’utilizzo massiccio della politonalità a costituire la novità principale: attraverso questi procedimenti, il musicista sovrappone, l’una all’altra, tonalità differenti; secondo alcuni critici non si può parlare di una vera e propria politonalità, dal momento che una reale politonalità comporta la totale autonomia di tonalità differenti, e ciò non accade in quest’opera.
Alla fine di quest’ultimo brano, la rete sospesa in alto, fin dall’inizio dello spettacolo, cade, ingabbiando note e corpi. In scena i danzatori: Samuele Arisci, Faile Sol Bakker, Giulia Berretta, Andrea Rachele Bruno, Corinne Cilia, Filippo Domini, Laura Finocchiaro, Anna Forzutti, William Mazzei, Silvia Rossi, Damiano Scavo, Thomas Sutton, Paola Tosto, Alessandra Verona, Erik Zarcone e varie comparse. Musiche eseguite dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini, diretta dal Maestro Vitali Alekseenok.
Un momento dello spettacolo (foto di Giacomo Orlando)