Il coreografo brasiliano Samir Calixto parla del significato di “4 Seasons”, sua creazione andata in scena al Teatro Bellini di Catania
Non chiedete: lui non ha risposte. «Tutti i miei lavori rivolgono al pubblico delle domande, non delle risposte. Per gli artisti è importante farlo, soprattutto in questo momento». No, non sono le parole di Eugenio Montale, l’autore di Non chiederci la parola.
Sono le parole di Samir Calixto, ballerino e coreografo brasiliano, da tanti anni celebre in Europa per le sue coreografie, che gli hanno guadagnato importanti riconoscimenti in tutto il mondo. Infatti le sue creazioni si distinguono, tra le altre cose, per l’approccio teatrale e per il significato che si cela sempre dietro alle sue scelte artistiche.
«Non si tratta di prendere un pezzo di musica e farci una coreografia – chiarisce il ballerino –, perché cerco di vedere il contesto di quella musica, il suo significato programmatico e l’impatto drammaturgico che quella scelta implica».
Nei giorni scorsi Calixto è stato ospite del Teatro Massimo Bellini di Catania, dove, nell’ambito della Stagione sinfonica del teatro, è stata messa in scena la sua 4 Seasons, una creazione coreutica sulle note delle celeberrime Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, ideata lo scorso decennio, quando in tutto il mondo si discuteva dell’antica profezia dei Maya.
Una occasione anche per riflettere anche sul valore dell’arte e della danza in un periodo storico come il nostro, sulle sue radici latinoamericane e sui pregiudizi legati alla danza.
«Ero molto interessato ai discorsi sulla fine del mondo – racconta il coreografo –, però in questo caso non si parla di una fine del mondo in senso letterale, ma della fine del mondo come lo conosciamo. Mi sono dunque confrontato con l’idea delle stagioni dell’umanità, come se l’umanità vivesse delle stagioni».
Il ballerino e coreografo brasiliano Samir Calixto
Una delle parole-chiave nella coreografia di 4 Seasons è forse essenzialità: sul palco non vediamo che un uomo e una donna, perché, come ha spiegato Calixto, «la musica è già abbastanza potente di per sé».
«È molto interessante mettere un uomo e una donna in confronto con la musica. È una metafora di come l’umanità si debba sempre confrontare con le forze della natura», così il coreografo brasiliano ha tracciato, attraverso il solo movimento di due corpi, un ideale percorso dell’umanità, compresa una sua possibile estinzione. Sì, perché l’umanità, secondo lui, sta attraversando un periodo in discesa: un inverno.
Ma dopo l’inverno arriva la primavera. Almeno in teoria. In pratica, l’artista brasiliano non ne è proprio sicuro.
«Se guardo fuori dalla finestra, ci sono cose che mi danno speranza, ma ci sono anche cose terribili che sono la conseguenza dei nostri comportamenti irresponsabili», racconta. Si riferisce a uno dei temi che più gli sta a cuore, ovvero il rapporto tra uomo e natura, che proprio in 4 Seasons trova la sua espressione. «Vedo quello che sta succedendo al sud del Brasile come conseguenza del surriscaldamento globale e di alcune azioni politiche irresponsabili – spiega -. Il fatto è che il pianeta sopravviverà e, in un modo o nell’altro, la vita continuerà a svilupparsi, con o senza l’essere umano».
Prima di approdare alla danza, Samir Calixto ha sperimentato vari ambiti artistici. «Iniziai col teatro – racconta –, perché provengo da una tradizione in cui avere un uomo che danza è ancora un po’ problematico. Il teatro è stato la mia scorciatoia per salire sul palco e svilupparmi artisticamente».
Samir Calixto in “4 Seasons” al Teatro Bellini di Catania (foto Serena Nicoletti)
Ma l’amore per la danza, che risale già all’infanzia, è stato più forte di qualsiasi luogo comune: «Seguivo lezioni di danza di nascosto dalla mia famiglia. Poi mi sono iscritto all’università di arte drammatica di San Paolo, dove la mia maestra di canto mi ha convinto a entrare in conservatorio per studiare canto lirico. Così è nata la mia passione per la musica classica».
Un atteggiamento eclettico, dunque, quello di Calixto, che si è riversato sull’arte che ha infine scelto di fare, mescolandosi anche con le radici latinoamericane del coreografo: «Il mio lavoro ha un apparente eurocentrismo, per i temi che di solito scelgo come punto di partenza, cioè opere musicali o letterarie iconiche della tradizione culturale europea. Ma nel nucleo di ogni lavoro si trovano elementi della mia eredità brasiliana, c’è una vibrazione, un’intensità, un rapporto col ritmo, che vengono dalla mia infanzia. Da bambino guardavo molti rituali afro-brasiliani, dove le persone erano in stato di trance davanti alla musica».
E ai giovani talenti che aspirano alla carriera nel mondo della danza, il brasiliano consiglia di «essere profondi. Viviamo in un’epoca piena di distrazioni, in cui abbiamo accesso a un sacco di informazioni. Ponendo attenzione a tutte, alla fine non si approfondisce niente. Se si ha un interesse specifico come artista, bisogna guardare quella cosa a fondo».
Non bisogna dimenticare, però, che il mondo ha ancora dei pregiudizi verso la danza. Samir Calixto ha una regola d’oro: fidarsi del proprio istinto e insistere su ciò che il cuore vuole. «Il pregiudizio ci sarà sempre – conclude – e il compito di noi artisti è anche quello di aprire le menti. Bisogna vivere in modo genuino la propria verità».