Le scrittrici Annie Ernaux, Azar Nafisi e Joyce Carol Oates si sono confrontate sul tema delle libertà in apertura di Taobuk. A moderare l’incontro la giornalista di origine iraniana Farah Nayeri
Taobuk 2023 è stato incentrato sul tema delle libertà al plurale e sul loro declinarsi nella vita e nel sociale sotto diversi aspetti.
Del resto, come ha più volte sottolineato – facendo propria la lezione di Benedetto Croce – Antonella Ferrara, ideatrice, presidente e direttore artistico del Taormina Book Festival, giunto alla tredicesima edizione, «la libertà al singolare esiste soltanto nelle libertà al plurale».
È dunque possibile definirsi davvero liberi solo attraverso la libertà universale e l’aspirazione a essa.
La scelta di un tema dettato da un’urgenza storica contemporanea ha offerto un’opportunità di dialogo tra ospiti che per il concetto di libertà e per una sua possibile attuazione si battono ogni giorno.
Un clima di confronto si è instaurato, in particolar modo, fra le scrittrici Joyce Carol Oates, Azar Nafisi e Annie Ernaux, che hanno offerto al numeroso pubblico presente il loro punto di vista – particolarmente interno alle cose – sul mondo e sui concetti di libertà personale e di “genere” (nella duplice accezione di gender e di genere letterario) derivanti dalle loro differenti esperienze e provenienze geografiche.
L’incontro, moderato dalla giornalista di origini iraniane Farah Nayeri, ha quindi permesso al pubblico di avere un’idea più chiara su quel che sta avvenendo attualmente.
Le tre scrittrici Annie Ernaux, Joyce Carol Oates e Azar Nafisi con la moderatrice Farah Nayeri
L’autrice americana Joyce Carol Oates ha raccontato così della visione odierna di libertà negli Stati Uniti d’America, in cui «c’è forse un eccesso di libertà» causato dalle troppe informazioni circolanti sui social media statunitensi.
Negli States i social media basandosi su fatti poco attendibili e non certificati è come se limitassero la libertà di pensiero, anziché agevolarla, provocando confusione e smarrimento.
Diversa è stata la lettura del presente proposta da Azar Nafisi, scrittrice iraniana costretta all’esilio negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni del regime degli ayatollah.
Nafisi ha tratteggiato una realtà molto più oscura rispetto a quella americana, una realtà contraddistinta da sopraffazione, violenza e uccisioni. Tuttavia, come ha ricordato l’autrice, ci sono donne e ragazze che resistono, che si sono organizzate in un movimento che scende in strada e desidera diffondere un messaggio fondamentale, ossia che tutti e tutte dobbiamo avere il diritto alla vita e alla libertà.
«Sin dal momento della prima rivoluzione – ha spiegato Nafisi – ci furono delle reazioni molto forti contro le imposizioni del regime, ma nel mondo occidentale non si è mai sentita la versione della popolazione; si sentiva unicamente quella del regime»; invece adesso «per la prima volta sono gli iraniani a far sentire la propria voce. Tutto questo va avanti dall’8 marzo 1979», quando l’ayatollah Khomeini obbligò le donne iraniane a indossare il velo.
«Ma i nostri slogan – ha proseguito l’autrice – voi non li avete mai sentiti in Occidente. Adesso invece il nuovo slogan Donna, vita, libertà si sente e deve essere inteso come libertà e diritto di esistere».
In tale contesto sono due i punti da evidenziare secondo Azar Nafisi.
Le tre scrittrici Annie Ernaux, Joyce Carol Oates e Azar Nafisi con la moderatrice Farah Nayeri
Innanzitutto è necessario rilevare il fatto che «c’è stata negli ultimi anni un’unificazione tra ciò che pensano gli uomini e ciò che pensano le donne».
Questo dato può essere interpretato come il sintomo di un cambiamento, il segnale che finalmente anche gli uomini stiano iniziando a combattere per i diritti delle donne in quanto esseri umani come loro, prive di differenze di genere.
In secondo luogo la scrittrice ha sottolineato l’importanza del ruolo che la letteratura riveste in questo processo. «Se c’è una cosa che la letteratura può insegnarci è che non bisogna mai reagire con le stesse armi – ha spiegato -. E gli iraniani lo hanno capito; per questo scendono in strada e coprono il rumore degli spari con canti e danze».
Annie Ernaux, Antonella Ferrara, Joyce Carol Oates, Azar Nafisi e Farah Nayeri al termine della conferenza
Un ulteriore punto di vista sulla libertà è stato espresso da Annie Ernaux, scrittrice vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2022 che racconta e analizza, attraverso l’autobiografia, i vincoli sociali che condizionano l’esistenza.
Nel dicembre 2022, durante il discorso pronunciato in occasione del conferimento del Nobel, Ernaux ha sottolineato come sia importante che venga finalmente riconosciuta alle autrici pari dignità professionale e letteraria rispetto agli autori. Un concetto che ha confermato anche nel corso della conferenza stampa.
«Nella letteratura quando si parla di scrittori si pensa solo ed esclusivamente agli uomini e lo stesso avviene quando si chiede a qualcuno chi sia lo scrittore che ha contato di più nella sua vita – ha raccontato -. Nella letteratura la donna è sempre stata relegata all’immaginario di colei che scrive d’amore, di favole; sono gli uomini ad essere scrittori di cose serie».
Tuttavia, anche secondo la scrittrice francese i tempi sono maturi per il cambiamento e, a dimostrazione di ciò, ha posto in rilievo la nascita del movimento Me Too, che ha permesso alla protesta di molte donne di andare avanti.
L’evento, dunque, ha visto l’alternarsi delle voci di tre autrici accomunate dalla lotta come scelta di vita; una lotta che emerge dalle pagine dei loro libri in nome di tutti gli esseri umani in difficoltà, con la speranza che la società possa davvero cambiare.