Entusiasmante serata all’insegna della commistione tra jazz e sinfonica grazie alla bacchetta del giovane Riccardo Bisatti
Chissà cosa avrebbe pensato George Gershwin se, prima della sua scomparsa prematura, gli fosse stato detto che le sue composizioni sarebbero diventate tra le più amate e celebrate nei grandi teatri.
Sono sicuro che il compositore di Porgy and Bess, tanto ambizioso quanto insicuro, sarebbe esploso di gioia alla notizia che il Teatro della città di Bellini ha dedicato al suo nome un’entusiasmante serata all’insegna della commistione tra jazz e sinfonica. Lo scorso fine settimana, al Teatro Massimo Bellini di Catania, la bacchetta del giovane Riccardo Bisatti ha diretto tre celebri pagine gershwiniane.
Ad aprire le danze, l’effervescente Cuban Overture, in cui l’orchestra ha acceso la platea al ritmo di rumba. Composta nel 1932, l’overture fonde una ricca gamma di colori orchestrali all’ipnotico ritmo delle danze caraibiche, con un tema gioioso e sfolgorante che difficilmente esce dalla testa dell’ascoltatore.
A seguire, la celeberrima Rhapsody in Blue, che ha consacrato Gershwin all’Olimpo dei compositori più celebrati e che, curiosamente, tra poco più di due mesi compie ben cento anni dalla sua prima esecuzione. Sin dall’iconico glissando del clarinetto con cui si apre, la Rapsodia rievoca il dinamismo della città di New York, nel segno di una visualità corroborata, in questi cento anni, da pellicole come Manhattan di Woody Allen o Fantasia 2000 della Disney.
Il giovane pianista Ruben Micieli
Un capolavoro senza tempo, dunque, alla quale l’impeccabile tocco del pianista Ruben Micieli ha dato giustizia, con un’esecuzione appassionata e tecnicamente ineccepibile. Azzeccatissimo il bis, la scoppiettante Alla turca, jazzistica rivisitazione, a opera di Arkadij Volodos’, del celeberrimo terzo movimento della Sonata per pianoforte K331 di Mozart.
Primo grande esempio di commistione tra linguaggi – quello delle danze popolari dei Roaring Twenties e quello del sinfonismo tardoromantico –, Rhapsody in Blue, in questo omaggio del Teatro Bellini, è stata affiancata da un lavoro che sembra proiettare ai giorni nostri gli auspici di Gershwin.
Si tratta proprio di una rapsodia, composta da Giuseppe Emmanuele ed eseguita in prima assoluta. Nella Rapsodia, op. 67 di Emmanuele si sente la grandiosa tradizione sinfonica tardoromantica e, a tratti, un pianismo di derivazione inconfondibilmente jazzistica che ricorda i labirinti sonori di Nikolai Kapustin.
Bisatti e Micieli hanno affrontato magistralmente anche questo brano.
Il giovane direttore d'orchestra Riccardo Bisatti
Molto interessante la proposta con cui si è aperta la seconda parte del concerto: la Sinfonia n.1 di William Grant Still, decano dei compositori afroamericani e figura influente della Harlem Renaissance, movimento che ha sfidato il paternalismo bianco esaltando la creatività nera. La sinfonia, soprannominata Afroamericana, suona come un riscatto per quelli che sono i veri e propri fautori del jazz e ci ricorda l’importanza di figure come Gershwin nell’aver contribuito a restituire dignità a un genere altrimenti associato ai quartieri a luci rosse.
La serata si è chiusa con la celebre An American in Paris, trionfo dell’idioma americano nella mente di un musicista lontano dalla sua terra: le memorabili pagine del poema sinfonico, composto da Gershwin durante un soggiorno a Parigi, sono pervase dalla nostalgia del compositore per la propria hometown, culminando nell’emozionante Blues centrale.
Insomma, non solo un omaggio a Gershwin, ma anche un omaggio a tutto ciò che Gershwin rappresenta: il dinamismo audace e variopinto della musica americana.