L’intervento delle docenti Giulia Piccitto e Caterina Viola del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania
I computer sono macchine in grado di memorizzare, elaborare e comunicare una grande quantità di dati. Per fare ciò, incanalano l’informazione nei bit, entità che possono assumere solo due valori, 0 e 1, e che possiamo immaginare come piccole lampadine che possono essere accese o spente.
L’informazione codificata in questo modo si chiama digitale (dall’inglese digit, ovvero cifra). La tecnologia più utilizzata per creare i bit è quella dei transistor.
La legge di Moore (legge empirica) è stata formulata a partire dai dati statistici relativi alla crescita del numero di transistor su un chip negli ultimi 50 anni. Questo numero raddoppia circa ogni due anni, il che implica che i dispositivi hardware sono sempre più efficienti e compatti.
Attualmente la tecnologia più avanzata utilizza nanochip di circa due nanometri di grandezza. Secondo la legge di Moore, la tecnologia per produrre chip sempre più piccoli raggiungerà presto il suo limite: i transistor saranno piccoli quanto una particella atomica, e a quel punto gli effetti quantistici non saranno più trascurabili.
E se potessimo utilizzare questi effetti a nostro vantaggio? Una delle proprietà fondamentali della meccanica quantistica è quella che consente a un sistema di trovarsi in una sovrapposizione di stati. I sistemi quantistici possono essere entangled, cioè intrecciati, un fenomeno che non possiamo osservare nei sistemi classici.
Il principio di sovrapposizione
Quando due sistemi sono entangled, è possibile ricavare informazioni su uno dei due misurando l’altro. Partendo da questa osservazione, si propone come unità fondamentale dell’informazione in un computer quantistico il qubit (quantum bit).
A differenza dei bit tradizionali, che possono essere solo negli stati 0 o 1, i qubit possono trovarsi in una sovrapposizione di entrambi gli stati, ciascuno dei quali può essere osservato con una certa probabilità. Inoltre, due o più qubit possono essere entangled, rendendoli adatti a codificare informazioni correlate tra loro.
Queste proprietà dell’informazione quantistica offrono inedite potenzialità di calcolo e prestazioni irraggiungibili anche dai più potenti supercomputer digitali.
Si stima che siano sufficienti circa 160 qubit per simulare quantisticamente una molecola di caffeina, un obiettivo irraggiungibile con la computazione classica, anche utilizzando l’Ibm Summit, uno dei più potenti supercomputer moderni, con 250 milioni Gb di memoria.
Il primo a proporre lo sviluppo di computer quantistici fu il fisico Richard Feynman, nel 1982, ma l'interesse per questa tecnologia emerse solo nel 1994, quando il matematico e informatico Peter Shor pubblicò uno studio in cui mostrava il suo algoritmo quantistico che, almeno a livello teorico, poteva violare l’attuale sistema di crittografia, quello che protegge la nostra privacy informatica e le nostre transazioni bancarie, e che è indecifrabile anche per il più potente computer classico a causa di un limite teorico.
Entanglement
Da allora, aziende come Ibm, Google, D-Wave e molte altre hanno accelerato la corsa verso la costruzione di computer quantistici e, parallelamente, molte aziende e ricercatori nel campo del software hanno cominciato a rivolgere l'attenzione al design di algoritmi capaci di sfruttare al meglio le potenzialità di queste macchine.
Il quantum computing è oggi una disciplina che comprende tutte quelle tecnologie hardware e software che sfruttano i fenomeni della fisica quantistica e coinvolge diversi ambiti Stem, come l’informatica, la fisica e l’ingegneria.
La dimostrazione pratica della supremazia quantistica, ovvero il vantaggio in termini di efficienza delle macchine quantistiche rispetto a quelle classiche, ottenuta da alcuni scienziati di Google nel 2019 e pubblicata sulla rivista Nature, ha contribuito ad accrescere le aspettative nei confronti del mondo del quantum computing.
Sebbene le conoscenze teoriche sull’informazione e la meccanica quantistica siano abbastanza avanzate, le tecnologie attuali permettono di costruire soltanto computer quantistici con pochi qubit, molto rumorosi, cioè che generano molti errori, rendendoli poco adatti ad applicazioni su larga scala.
Il progresso scientifico in questo campo ci sta rapidamente portando verso computer quantistici tolleranti agli errori, che potranno essere utilizzati a breve termine per applicazioni pratiche; questi computer sono definiti utility-scale near-term noisy quantum computer. Secondo la roadmap di Ibm Quantum, saranno disponibili intorno al 2029.
La misurazione di un qubit
Le architetture più promettenti sono quelle ibride quantum-centriche, che prevedono l’integrazione di supercomputer classici che lavorano in parallelo con un processore quantistico centrale. In un futuro più lontano, si prevede di poter raggiungere l’obiettivo di computer completamente quantistici, che potrebbero aiutarci ad affrontare sfide attualmente irrisolvibili.
Leggendo le parole del fisico Michio Kaku: "Le aziende automobilistiche, i ricercatori medici e le società di consulenza stanno scommettendo sul calcolo quantistico, sperando di sfruttarne la potenza per progettare veicoli più efficienti, sviluppare nuovi farmaci salvavita e snellire i processi industriali, rivoluzionando così l’economia. Ma questo è solo l'inizio. I computer quantistici potrebbero permetterci di realizzare finalmente reattori a fusione nucleare in grado di generare energia pulita e rinnovabile, senza scorie radioattive o rischi di fusione”.
E aggiunge: “Potrebbero aiutarci a comprendere i processi biologici che producono fertilizzanti naturali a basso costo, consentendoci di sfamare una popolazione mondiale in continua crescita. E potrebbero svelare i complessi meccanismi del ripiegamento delle proteine, alla base di malattie finora incurabili come l’Alzheimer, la Sla e il Parkinson, aiutandoci a vivere più a lungo e in salute”.
Da queste parole si comprende quanto la computazione quantistica sarà presto rilevante non soltanto nell’ambito della fisica e dell’informatica, ma anche nella vita di tutti i giorni.
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