Un innovativo Repository per la gestione documentale di fonti relative a filologia, politica e società dalla guerra franco-prussiana alla caduta del Muro di Berlino sarà realizzato con un progetto Prin
Il drammatico conflitto in Ucraina e il Manifesto dell'Unione Russa dei rettori a sostegno di Putin e dell’esercito russo ricordano tragicamente che gli uomini di scienza sono stati coinvolti in tutte le guerre del mondo contemporaneo a partire dalla guerra franco-prussiana del 1870. Il documento dei rettori in favore della guerra ha sinistramente richiamato alla mente un analogo documento del secolo scorso, il cosiddetto l’Aufruf an die Kulturwelt dell’ottobre 1914.
La discesa in campo di 93 uomini di scienza tedeschi, tra cui molti premi Nobel, fu un evento senza precedenti, che determinò appassionate adesioni e furibonde reazioni, svelando così l’inconsistenza di un’illusione che aveva accompagnato la figura dell’uomo di scienza dall’Illuminismo in avanti: che questi fosse un tipo d’uomo votato a un fine superiore, la ricerca della verità universale, e non di una verità nazionale; e che lo scienziato lavorasse per l’umanità, non per il suo governo e una parte di umanità a lui vicina e con la quale egli condivideva la lingua, il suolo e, come presumeva l’antropologia contemporanea, il sangue.
È da questo momento in poi che comincia a manifestarsi un fenomeno nuovo nella storia della cultura, e anche della politica. Uomini di studio, accademici, scienziati, professori d’università, scendono nell’agone della militanza, si danno alla politica. O meglio, ostentano il loro servizio allo Stato, con adesione totalizzante ai fini specifici e particolari dello Stato di cui essi sono emanazione.
The library at Holland House in Kensington, London, extensively damaged by a Molotov 'Breadbasket' fire bomb, 23rd October 1940. (Photo by Central Press/Hulton Archive/Getty Images)
Il progetto SwarD
Il progetto Scholars at War Digital Library: an Innovative Environment for Advanced Documents Management (acronimo SwarD), finanziato con fondi Prin, mira a studiare il comportamento di individui (uomini di scienza, in tutti i campi, scienze storiche, sociali, umanistiche, naturali, scienze 'dure') e istituzioni (politiche come governi e ministeri e scientifiche come accademie, università e istituti governativi) dinanzi alla situazioni di competizione o conflitto tra culture nazionali tipico della storia europea dei secoli XIX-XX, tra costruzioni nazionali, definizioni identitarie, appartenenze a istituzioni, ma anche scissioni personali, drammi, traumi, e con essi anche, e contemporaneamente, costruzioni di relazioni personali spesso di tipo sovranazionale.
SwarD riunisce studiosi appartenenti a diverse aree disciplinari (filologico-letterarie, storiche, filosofiche, linguistiche) che intendono studiare l’immane impatto delle guerre sulla cultura europea, e più in generale il comportamento di individui e istituzioni dinanzi alle situazioni di competizione o conflitto tra culture nazionali tipiche dei secoli XIX-XX e, purtroppo, anche del XXI, come i recenti fatti di Ucraina dimostrano.
«Sono i secoli della costruzione della Nazione e della competizione tra Nazioni, ma anche, nello stesso tempo, i secoli della tessitura di reti scientifiche sovranazionali in molteplici ambiti scientifici, dalla filologia romanza alle scienze fisiche – spiega il prof. Stefano Rapisarda dell’Università di Catania, principal investigator di SwarD -. È un progetto ambizioso: fare una storia della cultura europea attraverso la lente della competizione nazionale in ambito accademico e contemporaneamente della tessitura di reti sovranazionali».
A tal fine il progetto SwarD si propone di offrire alla società della conoscenza un nuovo archivio di fonti primarie che mettano in relazione politica e attività scientifica, come autobiografie, mémoirs, scritti politici, corrispondenza di accademici europei, in particolare filologi e linguisti, tra gli estremi cronologici della guerra franco-prussiana (1870) e la caduta del muro di Berlino (1989).
Il gruppo di ricerca – costituito dagli atenei di Catania e di Cagliari, dall'Università per Stranieri di Perugia e dal Cnr/Ircress - è unito dall'intenzione di studiare la filologia e la linguistica non solo come corpora autonomi di conoscenze scientifiche, ma anche come scienze prodotte in determinati contesti storici al servizio delle politiche degli Stati-Nazione e spesso animate da finalità ideologiche non apertamente dichiarate, che dovrebbe essere evidenziate per un'appropriata interpretazione del lavoro scientifico di quell'epoca.
«Sarà uno strumento utile ai ricercatori che vogliano indagare la filologia e la linguistica nelle loro relazioni con la società, la politica e la storia contemporanea, al fine di evidenziare i fatti sociali che stanno alla base della produzione intellettuale, ripensando la filologia e la linguistica romanza nel loro contesto originario di scienze "militanti" – aggiunge il docente, ordinario di Filologia e linguistica romanza e presidente della Struttura didattica speciale di Ragusa -. La sua attuazione consentirà di approfondire lo studio dei nessi tra filologia, linguistica, politica e società, contribuendo all'elaborazione di una "storia sociale" della filologia e della linguistica romanza e della cultura umanistica in senso più ampio».
Un palazzo distrutto in Ucraina
L’importanza dei programmi Erasmus
«La storia ci insegna, per esempio, che i soldi spesi nei programmi Erasmus sono il miglior antidoto contro il nazionalismo, come dimostrano molti casi di studiosi formati al di fuori della loro nazione di origine e poi nel resto della carriera quasi sempre animati da forti sentimenti pacifisti e “internazionalisti” – spiega il prof. Stefano Rapisarda -. Ci insegna per esempio come comportarci nel problema, attualissimo, delle espulsioni di scienziati o di sportivi basti pensare al tema della partecipazione della Russia alle competizioni sportive internazionali è caldissimo, e non è poi molto diverso».
«Richiamiamo brevemente il caso Mommsen – aggiunge il principal investigator del progetto -. Theodore Mommsen, il principe dei filologi della seconda metà dell’Ottocento europeo, ebbe con la Francia una lunga familiarità. Prussiano di nascita, il suo primo viaggio oltre il Reno è datato 1844. Parla e scrive fluidamente il francese. Non gli dispiace oltrepassare verso ovest quel grande, placido fiume al di là del quale comincia il mondo latino, in quella terra che gli sembra dolce e dal clima mite, popolata di uomini amanti del bel vivere e di donne piene di fascino, di gentilezze, di grazia. D’altronde, la Francia gli ricambia l’apprezzamento, egli vi è particolarmente considerato e stimato principe degli antichisti d’Europa, e dunque del mondo. Poi, come un lampo, la guerra franco-prussiana del 1870 cambia tutto».
«O meglio, non la guerra in sé, in verità, quanto una precisa presa di posizione di Mommsen a proposito della guerra: che il suo paese, la Prussia, avrebbe buon diritto a far guerra alla Francia per la conquista dell’Alsazia – continua il docente dell’ateneo catanese -. Mommsen, che di formazione è giurista, lo fa con delle argomentazioni storico-giuridiche, e attraverso delle comparazioni. Molti colleghi non perdoneranno a Mommsen questo coinvolgimento politico, l’ammirazione diminuirà, sarà radiato dalla Société des Antiquaires de France, il massimo sodalizio degli antichisti della nazione».
«Molto interessante la motivazione – spiega in chiusura il prof. Rapisarda -. I francesi stanno attenti a mettere a verbale che lo storico tedesco non viene espulso perché prussiano, ma per quello che aveva detto e fatto. Questo è un punto importante, direi. Andando all’attualità, le espulsioni indiscriminate dalle accademie, dalle società scientifiche, dai convegni, dai progetti, sulla base della nazionalità, sono abbastanza discutibili. Gli scienziati insomma vanno puniti, espulsi, sanzionati, non sulla base del principio di nazionalità, una cosa che non hanno scelto loro, ma sulla base delle loro azioni, di ciò che hanno eventualmente detto e fatto, come i Francesi fecero con Mommsen. In questo e in altri casi il nostro Archivio Digitale potrà fornire sostegno all’azione dei decisori politici».
Il docente Stefano Rapisarda