Nasce il Centro di Eccellenza Mediterraneo per lo Sviluppo Accademico della Ricerca Infermieristica. Un’iniziativa autonoma di 6 ricercatori del Sud illustrata dalla ricercatrice Giampiera Bulfone dell’Università di Catania
Nasce il Centro d’Eccellenza Mediterraneo per lo Sviluppo Accademico della Ricerca Infermieristica. Si tratta di un’iniziativa di sei ricercatori del settore infermieristico di altrettante università del Meridione.
A fondare il "centro" Nicola Ramacciati dell'Università della Calabria, Giampiera Bulfone dell'Università di Catania, Silvio Simeone dell'Università di Catanzaro "Magna Graecia", Roberto Latina dell'Università di Palermo, Alessandro Stievano dell'Università di Messina e Teresa Rea dell'Università di Napoli Federico II.
Le ragioni sono molteplici, ma tra le prioritarie quella di investire sulla salute soprattutto del Mezzogiorno. Esistono diverse disparità tra le regioni Italiane: alcune di queste sono estremamente virtuose, altre invece in grande sofferenza.
Se diamo uno sguardo alla mobilità sanitaria attiva interregionale, che identifica l'indice di attrazione di una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate a cittadini non residenti, si evidenzia dai dati di Agenas (l'Agenzia per i servizi sanitari regionali) e del Report dell’Osservatorio GIimbe del 2024, che esiste un ingente flusso di cittadini che si sposta in regioni diverse da quelle di residenza per accedere a prestazioni sanitarie.
Le Regioni con maggiori capacità di attrazione sono la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto, il Lazio, il Piemonte, la Toscana e la Campania che vantano crediti superiori a 200 milioni di euro, mentre una minor attrattività è riservata alle restanti regioni che prevalentemente si posizionano nel Centro-Sud Italiano. Quindi mentre alcune regioni vantano dei saldi attivi, quelli passivi si concentrano prevalentemente nelle regioni del sud.
Ad alcuni cittadini, perciò, non viene pienamente garantito il diritto alla salute così come sancito nella Costituzione o perlomeno gli utenti, a seconda della regione di provenienza, hanno diverse opportunità rispetto all’accesso alle cure. Un altro dato è quello relativo alla speranza di vita. Secondo l’Istat, nel sud la speranza di vita è di circa un anno e sette mesi in meno rispetto ai cittadini del nord.
Al Nord-ovest la speranza di vita è di 82,9 anni, al Nord-est di 83,2, al Centro di 83,0 anni, mentre nel Mezzogiorno di 81,7 anni.
É interessante, inoltre, la distribuzione delle malattie croniche sul territorio italiano. Se in Liguria, in ragione della più elevata età media dei suoi abitanti, si riscontra la più alta percentuale di abitanti affetti da almeno una malattia cronica (45,1%, rispetto alla media nazionale del 39,9%), ai primi posti troviamo alcune regioni del Sud Italia (Calabria, Basilicata, Sardegna, Molise).
Ad aggravare ulteriormente questo quadro vi è anche la questione della carenza di risorse infermieristiche.
Secondo il rapporto Health at a Glance del 2023, in Italia ci sono 6.2 infermieri ogni mille abitanti contro una media dei paesi Ocse di 9.2. Migliore è la situazione per i medici sul territorio italiano che mediamente sono 4.1 ogni mille abitanti contro una media paesi Ocse di 3.7.
Secondo la Federazione degli Ordini mancano circa 63mila infermieri di cui 27mila a Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.
Solamente il decreto 77 del 2022 che definisce modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale, prevedendo le case e gli ospedali di comunità ed il potenziamento dell’assistenza domiciliare integrata, richiederebbe circa 20mila infermieri
Questi dati ci dicono che bisogna investire sugli infermieri, sulla loro formazione e sulla ricerca infermieristica, perché quest’ultima deve essere al servizio del cittadino, per offrire nuove strategie di intervento, nuovi modelli organizzativi, nuove soluzioni affinché gli utenti possano usufruire dei migliori servizi e prestazioni per raggiungere la miglior qualità di vita possibile.
La ricerca non può essere espressione di singoli professionisti, di iniziative isolate, deve essere un lavoro di squadra, di diversi professionisti, di diverse realtà affinché ognuno possa offrire la propria prospettiva, le proprie risorse e opportunità.
È questo il meccanismo che vede le università e le strutture sanitarie in partnership. Moltissimi studenti universitari usufruiscono di formazione, tirocini e hanno l’opportunità di fare ricerca grazie alle aziende sanitarie delle reti formative.
Ovviamente tutto ciò richiede dei complessi meccanismi di collaborazione ed integrazione non sempre facili perché trattasi di realtà diverse con logiche di funzionamento diverse. Basti pensare alle priorità; mentre per un’azienda sanitaria la priorità è offrire salute al cittadino, ed in seconda istanza garantirà formazione e ricerca, l’università ha altre priorità che sono quelle della formazione e della ricerca. Nonostante ciò, grazie a questa collaborazione e condivisione di obiettivi comuni si realizza la produzione di nuova conoscenza.
Il Cemsir mira a progettare innovazioni assistenziali implementabili nei contesti di cura, ad uso del cittadino e della collettività tenendo conto in primis della realtà assistenziale del Mezzogiorno.
Le aree di ricerca su cui Cemsir si concentrerà saranno l’organizzazione dell’assistenza territoriale, di prossimità, comunità e ospedaliera, ed il miglioramento degli esiti clinici sensibili all’assistenza infermieristica (nursing sensitive outcome).
Il Cemsir vuole costruire network nazionali e internazionali, favorire lo sviluppo di un linguaggio condiviso ad uso degli infermieri nella pratica clinica quotidiana, identificare e gestire i nuovi bisogni di salute, del singolo e delle famiglie, con particolare attenzione alle popolazioni minoritarie e fragili, affette da patologie cronico-degenerative, malattie rare, e in contesti sociali di emarginazione.
Non da ultimo vuole costruire una nuova cultura del sapere infermieristico attraverso la ricerca e la formazione dei giovani infermieri e dei futuri ricercatori riducendo il divario tra gli Atenei nella formazione universitaria infermieristica di base e post-base, sulle base delle indicazioni di organismi nazionali e internazionali.
Giampiera Bulfone, ricercatrice di Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche al Dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e tecnologie avanzate