Salutato il biennio di celebrazioni dedicate a Giovanni Verga. Le parole dei docenti Andrea Manganaro e Gabriella Alfieri
È da un convegno dedicato alle riletture storico-critiche dello scrittore siciliano Giovanni Verga, tra 1928 e 1968, che è stato accompagnato l’epilogo delle numerose iniziative in onore dei cento anni dalla morte dell’autore de I Malavoglia.
Dalla rilettura critica di Attilio Momigliano ad opera di Pasquale Guaragnella e dalle carte ritrovate di Aurelio Navarria, oggetto della relazione di Gianni Oliva, al Verga di Debenedetti di Matteo Palumbo e al pragmatismo verghiano di Dino Garrone, rammentato da Antonio Di Grado, sono stati numerosi i relatori intervenuti, nei giorni scorsi nei locali della Fondazione Verga, a ripercorrere linee interpretative dalle quali proseguire tutt’oggi ed oltre il biennio trascorso, l’inalienabile “conflitto delle interpretazioni”, a fondamento di qualsivoglia ricerca di senso, d’una scrittura come di una vita.
«Le celebrazioni per il centenario dalla morte di Verga sono iniziate il 27 gennaio 2022 con una serie di interventi e con la lettura delle pagine dedicate da De Roberto al maestro, all’inizio della sua immortalità come scrittore», ha ricordato Andrea Manganaro, professore di Letteratura Italiana dell’Università di Catania e rappresentante dell’ateneo catanese nel Comitato nazionale per le celebrazioni del Centenario, che ha registrato anche la partecipazione degli altri atenei siciliani, della Fondazione Verga e di enti locali, quali il Comune di Catania, di Aci Castello e di Vizzini insieme con la Regione Sicilia.
Le docenti Gabriella Alfieri e Marina Paino
«Gli eventi organizzati specificatamente dall’Università di Catania in collaborazione con la Fondazione, tra cui convegni, letture recitate de I Malavoglia e del Mastro-don Gesualdo, corsi di formazione indirizzati agli insegnanti, hanno avuto una caratteristica peculiare sin dal primo grande convegno del marzo 2022, A scuola con Giovanni Verga: uno sguardo proteso al mondo nel quale avviene la trasmissione di un canone letterario», ha proseguito il prof. Andrea Manganaro, che riflette sul tesoro consegnato in eredità dai convegni organizzati non solo in territorio siciliano, ma anche negli atenei di Milano, Siena, Bari, nonché a Parigi, grazie alla collaborazione del Centro Zola: il rinnovamento, cioè, della ricezione di Verga, soprattutto l’acquisizione della sua centralità entro il quadro del realismo europeo ed extraeuropeo, diffusosi tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.
«A confermare tale proposta ermeneutica ha contribuito l’innovazione del convegno Verga nel realismo europeo, distante da prospettive prettamente nazionali e svoltosi in due sessioni, nel dicembre 2022 e nell’aprile 2023, con la partecipazione di studiosi provenienti da tutta Europa, dal Nord e dal Sud America».
Le sessioni in questione saranno pubblicate in due volumi di Atti da parte della Fondazione Verga.
A proposito del valore didattico attuabile degli studi verghiani, perseguibile dalla cooperazione tra scuola e università, il professore Manganaro riflette su come «non si tratta né si è trattato di ripetere triti stereotipi su Verga. Il compito di noi insegnanti è quello di interrogare lo scrittore, di sottoporlo, cioè, a domande di senso forse dissonanti da quelle del passato».
Un momento dell'intervento del prof. Andrea Manganaro
E ha aggiunto che «l’estremo coraggio con cui Verga guarda il reale, nella sperimentazione di forme atte a restituirlo, lo rende quanto mai attuale oggi, in un momento in cui dolorosamente scopriamo il peso della realtà, patita sulla pelle da esseri umani migranti, da quanti continuano a subire la violenza della guerra, delle disuguaglianze globali, la prevaricazione del forte sul debole, come dell’uomo sulla donna: non dimentichiamo la violenza feroce ritratta in Tentazione o le pagine novellistiche di Verga sullo stupro, come in Un processo.
Sicuramente, infatti, Verga fu un uomo e un autore del proprio tempo, pur prefigurando, come solo la grande letteratura sa fare, domande inquiete su scene di vita ancora presenti».
È sottolineando un’esigenza di mediazione che il docente conclude la propria riflessione: grazie a figure che reinterpretino il testo, un giovane può ancora sentirsi commosso, turbato da una domanda di senso che non escluda l’eventuale bruttezza del mondo.
La professoressa Gabriella Alfieri, docente di Storia della lingua italiana all’Università di Catania, nonché presidente della Fondazione Verga, ha concordato sul fondamentale rafforzamento attuato con la scuola, oltre che sull’importante opera di divulgazione culturale all’interno del territorio.
Acquisizione critica fondamentale, ribadisce la docente, è «la sottrazione della poetica verghiana alla nomea di fenomeno regionale, tramite il confronto con autori e autrici del realismo, al di là dei confini europei, per scoprire, insieme a studiosi provenienti da tutto il mondo, una comunanza di temi e codici tra letterature concomitanti».
Un momento dei lavori
In merito ai termini cronologici stabiliti dal convegno d’epilogo del centenario - 1928-1968 - , la professoressa Alfieri precisa che «si è stabilito di ricostruire l’orientamento critico verghiano, maggiormente idealistico e filologico, prima della virata in senso sociologico promossa specialmente da Alberto Asor Rosa».
Sull’attualità della scrittura di Verga si è espressa anche la docente, in merito al tema, sì dell’emigrazione e della relazione uomo-donna - si pensi a Eva o a Il marito di Elena -, ma anche del bullismo: «pensiamo a Rosso Malpelo che insegna a Ranocchio a difendersi, riflettendo su quanto sia ancora fondamentale oggi riconoscere chi ci brutalizza».
Non è poi da sottovalutare la lingua dello scrittore, prosegue Gabriella Alfieri: «proprio in questo anno ho potuto dimostrare l’erronea punteggiatura della lettera indirizzata da Verga a Salvatore Paolo Verdura sul ciclo dei vinti, e che necessiterebbe di revisione su qualunque manuale, così da ripristinare il senso della poetica professatavi dall’autore».
«Verga - inoltre - rivoluzionò l’italiano odierno, fornendo un avanzamento in direzione della lingua parlata. L’italiano contemporaneo come lingua in movimento e in grande fase di ristandardizzazione è già anticipata nell’autore, la cui lingua si propone non solo come strumento di caratterizzazione degli ambienti siciliani, soprattutto come lingua moderna, vicina al parlato e interregionale, basta che si guardi alle novelle milanesi di Per le vie, in cui linguaggio e sintassi dei personaggi sono gli stessi dei personaggi siciliani».
Un momento dell'intervento del prof. Mario Cimini, al suo fianco Gabriella Alfieri
A dimostrazione ulteriore della preminenza di figure di mediazione e della lettura diretta del testo letterario, che possa, vissuto in tal maniera, scuotere un’esistenza ed imprimervisi, si pone il ricordo della docente sull’ardore che da studentessa universitaria, ne delineò l’avvenire: «Nei primi anni ’70 frequentavo il primo anno a Firenze. Giovanni Nencioni, professore di Storia della lingua italiana, dedicò il corso alla lettura stilistica e retorica dei Malavoglia, libro che mi conquistò, decidendo del mio destino».
La conclusione dei lavori dell'11 dicembre scorso, ha riepilogato l’attività febbrile del biennio trascorso, articolatasi in ben 18 convegni, 25 letture verghiane, 5 corsi di formazione, non solo in Sicilia, ma anche a Roma all’Accademia dei Lincei, a Firenze all’Accademia della Crusca e a Milano alla Statale; mostre ed iniziative editoriali: alle due monografie già pubblicate si affiancheranno, infatti, 8 atti di convegni.
Altrettanto numerose, avvertono sia Andrea Manganaro che Gabriella Alfieri le iniziative future, le quali saranno annunciate sin dai primi mesi del 2024.
L’epilogo in questione ha goduto dei saluti della professoressa Marina Paino, direttrice del Dipartimento di Scienze Umanistiche, e di quelli di Giorgio Forni in rappresentanza dell’ateo messinese.
A prendere la parola anche Carla Verga, nipote di Giovannino Verga Patriarca, erede universale del lascito testamentario dello scrittore: «Voglio dedicare la conclusione di queste celebrazioni a mio nonno. La Fondazione Verga è stata suo desiderio e se fosse qui sarebbe contento».
Gabriella Alfieri e Carla Verga