Al Centro universitario teatrale è andata in scena la performance finale del laboratorio di inclusione sociale del CInAP condotto da Francesco Paolo Ferrara
Affermare il dovere sociale del teatro, al di là di uno specifico riferimento legislativo, con uno spettacolo inclusivo e in cui il pubblico ha interagito con gli attori. E proprio le decisioni del pubblico hanno dato forma allo spettacolo, mostrando come ogni conflitto sia fatto di verità diverse.
Una rappresentazione che ha entusiasmato tutti i presenti al Centro Universitario Teatrale per lo spettacolo della quinta edizione del progetto Il teatro che fa il suo dovere! Tra legge e azione, laboratorio teatrale d'inclusione sociale, ideato e diretto dall’attore Francesco Paolo Ferrara, teatro-terapeuta e specialista nella Lingua italiana dei segni e prodotto dal CInAP - Centro per l'Inclusione Attiva e Partecipata dell'Università di Catania.
In apertura è stato proprio Francesco Paolo Ferrara a guidare il pubblico fornendo loro le indicazioni su come si sarebbe svolto lo spettacolo e invitandolo «ad assumere il ruolo di regista dando suggerimenti e cercando di aiutare i personaggi a trovare un punto di accordo nei vari dialoghi».
Una galleria di otto personaggi autentici e sfaccettati, ognuno con le proprie ragioni e fragilità, coinvolti in conflitti che non cercano colpevoli, ma che aprono le porte all’empatia. Uno spazio in cui nessuno ha del tutto ragione e nessuno è del tutto in errore.
Gli otto personaggi protagonisti dello spettacolo
A far da contorno un coro – come nella tragedia antica – che segue e commenta ogni momento, sollecitando riflessioni profonde e guidando il pubblico attraverso scelte e dilemmi.
«La voglia di condividere con voi questo spettacolo è quella di ragionare su ciò che stiamo vedendo, non ci sono personaggi positivi e negativi”, ha precisato Francesco Paolo Ferrara che ha “aperto” la scena al pubblico utilizzando l’espediente della rottura della quarta parete, in modo da «coinvolgere direttamente il pubblico rompendo la barriera tradizionale tra attori e spettatori».
«In questo modo gli spettatori non erano semplicemente osservatori delle vicende rappresentate, ma sono diventati parte attiva della narrazione – ha aggiunto -. Lo scopo è quello di stimolare una riflessione più profonda e immediata sul tema del conflitto e delle scelte personali».
Il regista ha spiegato che, durante la preparazione dello spettacolo, lui e gli attori hanno cercato di «mettersi nei panni degli altri per comprendere meglio cosa li spinge a comportarsi in un certo modo, specialmente in situazioni di conflitto».
«Questo approccio ci ha aiutato a comprendere quanto sia complesso il comportamento umano», ha aggiunto sottolineando il valore dell’empatia. «In teatro l’empatia è fondamentale per connettersi con i personaggi e con il pubblico – ha spiegato -. Allo stesso modo, nella vita, è uno strumento essenziale per affrontare e risolvere i conflitti, comprendere gli altri e costruire relazioni significative».
Gli otto personaggi protagonisti dello spettacolo a conclusione della rappresentazione
E sulla teatroterapia Francesco Paolo Ferrara ha evidenziato che «offre numerosi benefici tra cui il miglioramento della consapevolezza di sé, delle capacità comunicative e della gestione delle emozioni».
«Attraverso il teatro, i partecipanti si trovano a esplorare parti di sé che magari non conoscevano o non avevano mai espresso – ha sottolineato -. Questo li aiuta a sviluppare maggiore fiducia nelle proprie capacità, a migliorare l’empatia verso sé stessi e gli altri e a costruire relazioni. Lavorare in gruppo, inoltre, stimola la collaborazione e il senso di appartenenza”.
Il regista, in chiusura, si è detto «molto soddisfatto e orgoglioso degli sforzi e dei successi che il gruppo ha raggiunto». «Tra questi obiettivi ci sono la riabilitazione, la crescita personale, il potenziamento dell’autostima e il valore terapeutico che i partecipanti traggono dal percorso – ha detto -. Per me, ciò potrebbe essere visto come solo uno spettacolo, ma non è così, per loro rappresenta un’esperienza unica e questo mi riempie di orgoglio».