Al Teatro Massimo Bellini si è concluso il Festival con un focus sui compositori siciliani: da Bellini a Taralli, Ferrauto e Schittino
L’ultimo appuntamento di Belliniana 2024 si è svolto lo scorso 29 settembre al Teatro Massimo Bellini alla presenza delle autorità, degli organizzatori e del numeroso pubblico che ha seguito con interesse tutte le iniziative, performative e di approfondimento, che hanno arricchito il cartellone della quarta edizione del Festival dedicato al Cigno catanese.
Sul palco l’orchestra del Teatro Bellini diretta dal maestro Salvatore Percacciolo e il coro guidato dal maestro Luigi Petrozziello. L’apertura è ancora una volta sulla Sinfonia di Norma, una esecuzione energica e ricca di pathos che continua ad offrire le scene del dramma intenso e umano che Bellini scrive in musica. Il programma ha voluto dar rilievo, quindi, ai compositori siciliani offrendo l’ascolto della Sinfonia di Pacini, catenese di nascita, tratta dall’opera Il Falegname di Livonia; ampio spazio ai contemporanei con l’esecuzione di Figlia del fuoco di Marco Taralli su testo di Emanuela Abbdessa, Giufà di Joe Schittino con illustrazioni Gitrop, Kore e Dioniso tratti da Dioniso in Sicilia di Giovanni Ferrauto su libretto di Paolo Cipolla. Non poteva mancare un rimando a Wagner, compositore tedesco di cui Bellini fu vivace fonte di ispirazione, e a Puccini nell’anno in cui ricorre il centenario dalla morte.
Tra le proposte di quest’ultima serata un focus particolare vogliamo offrirlo alla composizione del maestro Ferrauto su libretto del prof. Cipolla. Il brano si ispira alla colonizzazione greca della Sicilia e, nel programma di questo evento, vengono presentati i primi due quadri: il primo, Kore, si colloca dentro un paesaggio arido e assolato del centro della Sicilia in cui, un auleta guida la processione di gruppi oranti verso il sacrario di Demetra dove verrà innalzato un inno di lode a Kore; il secondo quadro, Dioniso, rappresenta una vera e propria orgia di canti e danze in onore alla divinità.
Abbiamo incontrato, per l’occasione il prof. Paolo Cipolla, professore associato di lingua e letteratura greca all’Università di Catania e noto organista. Si è cimentato, per la prima volta nella scrittura di un libretto e ci racconta di questo lavoro a quattro mani nell’intreccio tra aspetti filologici di testo e musica.
Un momento del concerto
Come nasce l’idea di questo lavoro?
«Nasce da un’idea di Giovanni Ferrauto. Mi contattò perché voleva scrivere una cantata profana su questo soggetto mitologico, il rapporto della Sicilia con gli dei dell’antica Grecia in particolare Dioniso – dio del vino, dell’ebbrezza, della festa – e Kore – dea delle messi, della primavera che risorge – figlia di Demetra, dea della terra. Secondo la versione del mito, Kore sarebbe stata rapita dal dio degli inferi che, colpito dalla sua bellezza, proprio in Sicilia, nei pressi del lago di Pergusa – come racconta Ovidio ne LeMetamorfosi – mentre giocava con le compagne e ne volle fare la sua sposa. Si racconta, poi, che la madre, disperata la cercò per tutta la terra; la terra, intanto inaridiva e la gente moriva di fame. Demetra venne a sapere che la figlia si trovava nell’Ade. Zeus intervenne, stabilendo un giudizio salomonico secondo cui Kore avrebbe trascorso metà dell’anno sottoterra, generando i mesi freddi, l’altra metà dell’anno nell’Olimpo insieme alla madre, corrispondenti ai mesi caldi della primavera e dell’estate. Ecco quindi che, su questo mito, Ferrauto mi chiese di scrivere i versi su cui lui avrebbe scritto la musica. La versione presentata consta di due quadri: il quadro di Demetra e Kora; il quadro di Dioniso; ci sarà un terzo quadro che parlerà dell’amore ma è ancora in fase di scrittura».
Lei è il librettista. È la prima volta in questo ruolo? Qual è il suo rapporto con i testi per la musica, data anche la sua esperienza di musicista?
«Come librettista è la prima volta. Ho scritto testi sacri, testi di inni, mottetti di cui ho scritto anche la musica, sono testi con una struttura ben precisa, anche metrica, che si ripete con le strofe; in questo caso ho potuto scrivere più liberamente e, in accordo con il compositore, ho “giocato” con la lingua incastrando versi greci antichi con la traduzione in italiano – prendendoli da autori, alcuni anche poco conosciuti - con versi scritti da me sia in italiano che in greco, ispirandomi ai miti e agli autori classici. Un esempio è dato, nella parte dedicata a Dioniso, in cui troviamo un inno ispirato a Le Baccanti di Euripide. Essendo musicista, nel lavoro da librettista ho scritto dei versi che potessero avere una loro musicalità di base, ma ho lasciato al compositore piena libertà di interpretarli come voleva".
Certamente il mio studio organistico e quello filologico camminano di pari passo perché, in entrambi i casi, si tratta di un lavoro e di uno studio basato sul “recupero” di qualcosa che ci arriva dal passato, che a volte si è anche perduto, che ha bisogno di essere ricostruito, rivissuto, ripristinato – e questo vale soprattutto per la poesia greca e per la musica greca di cui non abbiamo quasi nulla; nel caso della musica organistica, il recupero è nella prassi esecutiva e nella riproposizione al pubblico, ormai abituato a stili musicali molto diversi».
Un momento del concerto
«Una delle caratteristiche fondamentali dell’estetica musicale greca era proprio lo stretto rapporto tra il testo e la musica, la musica era al servizio del testo, almeno nell’estetica greca classica; le cose sono pian piano cambiate, i ruoli si sono invertiti e il testo è diventato un pretesto per la musica. Persino la polifonia, nel campo della musica sacra, rappresentò un’annosa questione nell’ambito della polifonia sacra che, secondo la chiesa, tendeva ad oscurare il significato delle parole. Sicuramente la volontà del librettista è che le parole siano comprensibili, mentre il musicista si impegna per mettere in campo le sue competenze e le capacità musicali degli strumenti che usa. La sua bravura, quindi, sarà quella di usare il suo virtuosismo per far emergere i valori del testo», spiega il maestro Paolo Cipolla.
«La competenza musicale, è vero, mi permette di pensare alle parole in musica e, ovviamente immaginando già una possibile realizzazione sonora secondo la mia sensibilità. Ma già nell’anteprima di ascolto della composizione di Ferrauto, da cui si coglie il suo stile, il suo mondo interiore, il suo modo fare musica, si nota come ha colto molto bene i valori ritmici e fonici del testo, riproponendo, in alcune parti certe modalità greche di base intrecciate a ritmi e armonie moderne», aggiunge.
«Nell’ascolto di questa composizione si fondono due mondi: il testo e la musica, il tempo classico e quello contemporaneo, il recupero del mito antico dentro il linguaggio nuovo della musica di oggi: si è percepita un’atmosfera di grande attrazione, ritmi incantatori dentro un vortice di ricordi e mito nel primo quadro dedicato alla dea Kore, mentre grande effervescenza e caos emergono dalla festa nel quadro di Dioniso, “rombi di timpani, ululati notturni…satiri folli” cosi come canta il testo. Quando l’arte sta al centro, essa restituisce l’equilibrio delle forme, così come è stato», spiega il maestro.
Grande entusiasmo è stato colto tra il pubblico, che ha inoltrato applausi all’orchestra, al coro e ai compositori presenti, ringraziando il grande impegno di coloro che per l’edizione 2024 hanno scelto di regalare la Bellezza nel nome di Vincenzo Bellini.