Avviato nel 2019 in fase sperimentale, tre anni dopo è stato ufficialmente inaugurato. Oggi conta 79 studenti
Il Polo Universitario Penitenziario è stato avviato nel 2019 in fase sperimentale. Nel 2022 – alla presenza del Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Cinzia Calandrino – è stato ufficialmente inaugurato il Polo di Unict che attualmente coinvolge otto istituti penitenziari che ricadono nel distretto della Corte d’appello di Catania: oltre a piazza Lanza (sede del Polo), anche Catania-Bicocca, Caltagirone, Giarre, Siracusa, Augusta, Noto e Ragusa, in virtù di un accordo quadro fra le Università di Palermo, Catania, Messina ed Enna “Kore”, l’assessorato regionale dell’Istruzione e della Formazione professionale, il Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria e il Garante regionale dei Diritti dei detenuti.
L’anno scorso gli iscritti ai corsi di laurea di vari dipartimenti etnei (Agricoltura Alimentazione e Ambiente, Scienze politiche e sociali, Giurisprudenza, Ingegneria elettrica elettronica e informatica, Ingegneria civile e Architettura, Matematica e Informatica) erano stati 46.
«Quest’anno sono cresciuti fino a 79 – spiegano i professori Teresa Consoli e Fabrizio Siracusano, referenti per il progetto -, con iscritti anche da Enna, Piazza Armerina e Catanzaro. Ai dipartimenti interessati si sono aggiunti anche Economia e Impresa, Biometec per Scienze motorie, Disfor per Scienze del Turismo e il Disum, e sempre più numerosi sono i docenti coinvolti che con entusiasmo e impegno hanno sposato lo spirito di questo progetto. Il Polo catanese oggi è il quinto in Italia per numero di iscritti, su 42 atenei aderenti alla Cnupp (la rete nazionale dei poli universitari penitenziari), dopo le università di Milano, Federico II di Napoli, Torino e Roma Tre. Siamo i capifila in Sicilia, dato che Palermo ne ha 18 e Messina 7».
In foto le docenti Consoli, Ferrarello e Randazzo insieme con alcuni tutor e studenti Unict
A questi studenti e studentesse in regime di restrizione viene garantito l’esonero totale di tasse e contributi, la fornitura di libri di testo, materiale didattico, cancelleria e attrezzature informatiche, la possibilità di svolgere attività didattiche integrative e il costante supporto dei tutor, senior e junior (vai alle loro storie). Proprio la figura dei tutor è fondamentale nel ruolo di “ponte” tra l’Amministrazione penitenziaria e quella universitaria, così da facilitarne i rapporti anche con gli studenti detenuti.
In Italia lo scorso anno quasi 1500 detenuti hanno frequentato corsi di 42 atenei (nel 2018 erano poco più della metà), soltanto una cinquantina di donne, 689 in regime di media sicurezza, gli altri di alta sicurezza, 190 circa sono in esecuzione penale esterna o a fine pena. La Sicilia contribuisce con l’8% del totale. Più della metà ha dai 18 ai 50 anni, il 40% sono ultracinquantenni. 1300 circa sono italiani, 166 stranieri.
L’attività coordinata dalla Cnupp (Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari), che ha il mandato della Conferenza dei Rettori di garantire il diritto allo studio universitario delle persone in regime di restrizione, intende dare un senso a una esperienza difficile e particolare nel proprio percorso esistenziale come quella del carcere, altrimenti spesso vuota e infruttuosa: nello studio e nella cultura molti trovano infatti una opportunità di riflessione sulla propria vita e sulle vicende e condizioni che li hanno portati in carcere, ma anche sul mondo, sulla società, sulle condizioni di vita delle altre persone, sui valori, sui diritti, acquisendo o integrando il proprio «capitale culturale».
La prof.ssa Teresa Consoli insieme con alcuni tutor
Al tempo stesso consente di vivere la detenzione in condizioni meno difficili e di prepararsi ad affrontare ad affrontare con più strumenti culturali, con maggiori conoscenze, magari con una laurea, le sfide non facili che si aprono a chi quella esperienza ha fatto. Non solo per il valore che può avere un titolo di studio o per le competenze acquisite, ma perché l’individuo potrà “rappresentare” al mondo (alla sua famiglia, a chi lo conosce, a chi può offrirgli opportunità di lavoro) una immagine di sé altra da quella che accompagna tutti gli ex detenuti.
Gli atenei sono chiamati ad attuare questo diritto, ma anche a promuovere iniziative di orientamento negli istituti penitenziari, al fine di promuovere le opportunità di accesso ai corsi di studio, ma anche iniziative culturali e di sensibilizzazione e formazione nei territori sui temi della penalità e della sua esecuzione.
«Senza dubbio è un percorso che può apparire complesso e difficile – aveva affermato il rettore Francesco Priolo in occasione dell’inaugurazione ufficiale del Polo di Unict -, ma a tutti coloro che possono essere interessati dico senz’altro: superate le remore, una laurea può darvi delle carte in più da giocarvi per la vostra vita. L’Università di Catania c’è e proverà a fare sempre di più, per affermare il proprio ruolo di promotrice dell’inclusione sociale anche attraverso l’impiego di tecnologie di insegnamento a distanza, lo snellimento delle procedure e l’accesso ai servizi bibliotecari di ateneo».