Al Muzoo il racconto dell’Antropocene illuminato dalle scoperte del naturalista francese George Cuvier
Fin dall’Antichità greca e romana, i resti di animali vissuti in epoche lontane hanno suscitato la curiosità e la fantasia dell’uomo, essendo variamente interpretati come ossa di giganti, di esseri mostruosi o di uomini antidiluviani. Per secoli nessuno sospettò mai, infatti, che le specie viventi potessero scomparire, perché si sarebbe messo in discussione l’assunto condiviso dell’ordine perfetto della catena degli esseri.
L’idea di estinzione, che ci appare così ovvia oggi, è quindi relativamente recente. Essa ha trovato una fondazione scientifica poco più di due secoli fa, per opera del naturalista francese Georges Cuvier. Fra Settecento e Ottocento, in un’avventura scientifica e umana che coinvolse le due sponde dell’Atlantico, le ossa di mastodonti e mammut offrirono l’indizio per una nuova visione della vita sulla Terra: un pianeta fragile, ripetutamente sconvolto da eventi distruttivi che hanno impresso mutamenti importanti nelle popolazioni di specie viventi.
È il racconto di Cuvier, ma è anche il racconto dell’Antropocene.
Giovanni Altadonna e Fabio Viglianisi
L’avvincente e intricata storia della scoperta del fenomeno dell’estinzione è stata al centro dell’incontro del ciclo “Un tè al Museo” dal titolo “I molari del mastodonte. Georges Cuvier e le estinzioni di massa”, che si è tenuto venerdì 5 maggio nella saletta del Museo di Zoologia in via Androne 81.
Protagonista del seminario, introdotto e coordinato dal responsabile delle attività didattiche ed educative del Museo Fabio Viglianisi, è stato Giovanni Altadonna, dottore magistrale in Scienze filosofiche all’Università di Catania e ricercatore indipendente, specializzato in filosofia della scienza, epistemologia e storia della biologia, con particolare attenzione al neodarwinismo e alla storia della teoria dell’evoluzione, unendo agli studi umanistici l’attività di naturalista non professionista.
Un momento dell'incontro
Nel corso del suo intervento ha accompagnato il numeroso pubblico in un itinerario, insieme storico e scientifico, sulla controversa interpretazione delle ossa fossili di grandi mammiferi fra XVIII e XIX secolo. Ossa di giganti? Mostri del West? Predatori sanguinari o placidi erbivori? Molti intellettuali e naturalisti europei e americani (da Buffon a Thomas Jefferson, da Benjamin Franklin a Charles Willson Peale) si sono interessati al mistero dell’Incognitum dell’Ohio, animale apparentemente simile ai mammut siberiani che si conoscevano già dalla fine del Seicento.
Il punto cruciale del dibattito, infatti, verteva sulla possibilità che questi strani animali fossero tuttora viventi sulla Terra, magari in qualche landa inesplorata del West americano.
La stessa eventualità che le specie viventi potessero estinguersi, infatti, avrebbe contraddetto l’antico assunto, ampiamente condiviso nel Settecento, dell’ordine perfetto della catena degli esseri. Nel 1796, una svolta alla controversia è stata impressa dal naturalista francese Georges Cuvier: affermando per la prima volta, su base scientifica, che i resti allora noti come “elefanti fossili” appartenessero a specie estinte. Inaugurò così una nuova visione della vita sulla Terra: la teoria delle révolutions, nota in seguito come 'catastrofismo'.
Un momento dell'incontro
Un racconto, quello di Cuvier, che interessa tutti noi in quanto protagonisti della cosiddetta 'sesta estinzione' di massa; provocata in gran parte dal sedicente Homo sapiens.
L’evento è stato introdotto e concluso da un momento conviviale a cura dell’associazione Ex Allievi Salette, offerto dal presidente prof. Alfredo Petralia (presidente Ente Fauna Siciliana) e accompagnato dalla degustazione di tè marocchino e musiche arabe. L’interesse del pubblico verso l’evento ha fornito un’occasione per visitare, contestualmente, il Museo di zoologia.
Ancora una volta l’iniziativa “Un tè al Museo” - coordinata dal prof. Giorgio Sabella e dal dott. Fabio M. Viglianisi – ha confermato le aspettative, tra cui quelle di sollecitare l’attenzione del pubblico verso il patrimonio museale dell’Università di Catania e segnatamente del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali.
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