“L’unica soluzione al momento per combattere questa specie aliena è pescarlo e eliminarlo dall’ambiente. È un problema che investe le nostre coste da nord a sud” spiega Francesco Tiralongo, ricercatore di Unict
Con l’arrivo della primavera e il conseguente riscaldamento delle acque, si è verificata una vera e propria invasione delle coste italiane da parte del granchio reale blu (Callinectes sapidus), una specie aliena invasiva di origine atlantica.
«La specie è ormai presente da diversi decenni nelle nostre acque, tuttavia risulta essere divenuta particolarmente abbondante solamente da pochi anni in alcune aree costiere lagunari e fluviali. Pochi mesi dopo l’inizio del 2023, con l’avanzare della primavera, il solito ritorno all’attività degli esemplari, dopo la "pausa" nei mesi freddi, ha messo in evidenza a livello nazionale l’esistenza di una vera e propria invasione da parte del granchio blu che ha iniziato a divorare praticamente ogni essere vivente a portata di chela» spiega Francesco Tiralongo, docente di Zoologia e ricercatore dell’Università di Catania, da oltre dieci anni impegnato nello studio di specie aliene e termofile invasive.
«Si tratta di una specie estremamente invasiva con rapida crescita e in grado, ciascuna femmina, di generare due milioni di uova o anche più – continua Tiralongo -. L’argomento, che già girava sui social da diverso tempo, ha raggiunto massima diffusione quando, pochi mesi fa, il granchio ha invaso le aree adriatiche dedicate alla venericoltura, ovvero l’allevamento di vongole (in questo caso appartenenti alla specie Ruditapes philippinarum), come ad esempio la Sacca degli Scardovari, del Canarin e di Goro, e non solo».
Il granchio reale blu appena pescato nell'Adriatico
«In poco tempo, l’enorme popolazione di granchi ha fatto incetta, riuscendo a divorare le vongole e avendo facilmente la meglio sulla conchiglia bivalve, posta a protezione del corpo del mollusco – aggiunge il ricercatore -. La situazione è critica, in molte aree la predazione è del 100%, non esiste una sola vongola sana, e centinaia di pescatori e operatori nel settore rischiano di rimanere senza lavoro nei prossimi mesi”.
Per combattere il granchio al momento l’unica soluzione è quella di pescarlo in modo mirato.
«Attualmente la strategia che si sta adottando è proprio quella di pescarlo e rimuoverlo dall’ambiente il prima e il più possibile. Attualmente finisce principalmente per essere smaltito, parliamo di centinaia e centinaia di chilogrammi ogni giorno, ma non basta» continua il ricercatore dell’ateneo catanese che in questi giorni è stato presente nella zona del delta del Po dove ha incontrato i vari responsabili di allevamenti e parchi oltre ai pescatori con i quali è andato direttamente a pesca.
«E dal mare direttamente in laboratorio per approfondire la biologia e l’ecologia della specie» spiega Tiralongo.
«Purtroppo un danno economico ingente è già stato compiuto e si manifesterà anche nei prossimi mesi. Gli allevamenti di vongole sono stati messi in ginocchio dal granchio, le vongole sono state decimate – aggiunge -. Occorre pescarlo di più e su più aree, una cosa che purtroppo non viene ancora fatta in modo efficace in quanto non tutti i pescatori, forse non ancora ben consapevoli dell’entità del problema, si stanno adoperando a fare. Stiamo collaborando a stretto contatto con i pescatori e i responsabili del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine di Scardovari al fine di raccogliere il maggior numero di dati biologici, ecologici e socio-economici che ci permetteranno di poter meglio affrontare il problema e avere così un punto di partenza per eventuali casi simili futuri».
Vongole dell'area del Polesine
«La situazione è gravissima e in questa fase solo i nostri pescatori, malgrado il momento di difficoltà, possono dare un contributo significativo per la protezione non solo del loro mestiere e della risorsa, ma anche di ecosistemi ed ambienti unici come quelli del Delta del Po» conclude Emanuele Rossetti, biologo e responsabile qualità del Consorzio.
«Il problema non è solo di natura economica, ma anche ecosistemica. La specie sta, infatti, danneggiando interi ecosistemi e habitat in diverse zone italiane, dal sud al nord» conclude Tiralongo che attualmente conduce studi e ricerche sulla specie anche in altre aree italiane, tra cui le riserve naturali orientate di Vendicari e l’Oasi del Simeto.
Ma oltre al granchio blu, con l’innalzamento delle temperature del mare e il fenomeno della tropicalizzazione è ormai sempre più manifesto, altre specie invasive stanno invadendo il Mediterraneo come il Pesce Scorpione (Pterois miles) e il Vermocane (Hermodice carunculata).
«Anche su queste specie già da tempo stiamo effettuando studi in collaborazione con altri enti ed istituti di ricerca per affrontare meglio questi problemi, prima che sia troppo tardi» conclude il ricercatore Francesco Tiralongo.
Francesco Tiralongo in un'attività di pesca nell'area del Delta del Po