Una delle figure più attese di Etna Comics. Intervistato dal critico Francesco Alò, ha raccontato la propria carriera cinematografica e televisiva
Ospite della terza giornata di Etna Comics, l’attore romano Alessandro Borghi, protagonista dell’ultimo film vincitore dei David di Donatello - Le otto montagne -, ha incontrato il pubblico in compagnia del giornalista cinematografico Francesco Alò.
Come ha ricordato il critico, introducendolo, Borghi è fra gli attori italiani più geniali per la capacità di ammaliare e colpire il pubblico, cambiando ogni volta forma davanti ai loro occhi in modo «magico e impressionante». È iniziata così una retrospettiva sull’interprete che ha ricostruito, a partire dai ricordi di infanzia, le tappe della sua biografia, legate alla carriera nel mondo del cinema e della televisione.
Il piacere del cinema
Bambino timido, ma estremamente curioso - caratteristiche che ritiene avere tutt’ora - Borghi ha raccontato di aver cominciato a recitare per caso, senza mai pensare di poter fare l’attore. «Solo al pensiero mi nascondevo sotto il letto» racconta. Non ha avuto una «formazione cinematografica classica» e i primi ricordi che ha del cinema, come una madeleine proustiana, sono legati a momenti della sua infanzia che lo hanno riportato indietro anche durante l’incontro. È questa, per l’attore, la forza del cinema: «ritrasportare in momenti specifici, altrove oltre il presente».
Affascinato dalla settima arte, ha iniziato a recitare da giovane, senza puntare al successo. «Facevo tanti lavori contemporaneamente: commesso, cameriere. Recitare era una passione che mi rendeva felice, ma toglieva tempo al lavoro vero» precisa. Esigente con sé stesso, si era imposto una deadline nella carriera da attore: entro i trent’anni avrebbe dovuto prendere parte a progetti appaganti del cinema che più gli piaceva ed emozionava come spettatore, altrimenti avrebbe abbandonato tutto.
Alessandro Borghi a Etna Comics (foto Gaia Tripi)
Dolcezza e durezza
Poi, nel 2015, le «due bombe che proiettano Borghi nel nostro immaginario», a livello performativo e mediatico, come ha ricordato Francesco Alò: "Suburra" di Stefano Sollima e "Non essere cattivo", film di Claudio Caligari, in cui è protagonista insieme a Luca Marinelli.
Si tratta di due prove diverse che dimostrano la duttilità dell’attore romano. Alò definisce «sublime» il lavoro di Borghi per il personaggio di Aureliano in "Suburra": «Un continuo contrasto tra dolcezza e durezza in ogni scena, estremamente sensuale e femminile allo stesso tempo».
In "Non essere cattivo", invece, nasce il sodalizio con Marinelli, un duo che il critico vorrebbe entrasse nell’olimpo del cinema italiano come Gassman-Tognazzi, che condividevano il set ogni anno. Qui vediamo Borghi che «si svuota completamente» ha sottolineato Alò, spiegando i motivi che rendono la sua recitazione così ‘attraente’.
Ma per l’attore non si può parlare di tecnica: «Non riesco a dare spiegazione logica di ciò che accade sul set. Lavoro seguendo un ‘flusso di divertimento’». Costruisce i personaggi partendo da elementi che osserva in ciò che lo circonda. Spinto dal desiderio di conoscerne le storie, è sempre stato attratto dalle persone, anche quando molto diverse da lui. «Non ho mai fatto lo snob, parlavo addirittura con i fascisti» spiega.
Alessandro Borghi e Francesco Alò (foto di Gaia Tripi)
Per il film "Suburra", del 2015, e la serie omonima, il personaggio che interpreta (Aureliano), ad esempio, è ispirato a un cugino. «Un uomo che riusciva a essere ferocissimo, ma dolcissimo, una dolcezza che commuove. Volevo essere lui nella vita, finché ci sono riuscito girando questo film», ha raccontato.
La rassegna delle interpretazioni di Borghi è poi è proseguita parlando di "Fortunata", film del 2017 diretto da Sergio Castellitto in cui è come «una sorta di scimpanzè», come lo definisce Alò, per sottolineare la grande versatilità dell’attore, anche in ruoli da non protagonista.
L’attore romano, parlando del rapporto con il regista, ha affermato che quella performance è stata anche il risultato del rapporto che Castellitto ha con gli attori. «Pretende il massimo, li massacra, fa ripetere loro le scene in continuazione pur di ottenere l’interpretazione migliore. Ma è stato meraviglioso», ha ammesso Borghi alla luce di quell’esperienza. «Se vogliamo convincerci di essere per forza i migliori di tutti faremo ‘cagare’ per tutta la vita - ha aggiunto -. Se invece gli altri ci spingono a tirare fuori il meglio, avremo svoltato».
Alessandro Borghi a Etna Comics (foto Gaia Tripi)
Togliere aria al corpo
Con "Sulla mia pelle", del 2018, diretto da Alessio Cremonini, Borghi vince il David di Donatello come miglior attore protagonista. Qui il lavoro è stato ancora una volta diverso, a partire dalla difficoltà nell’interpretare un personaggio di cronaca nera presente nell’immaginario di tutti, fino ad arrivare alle incredibili trasformazioni fisiche richieste per il ruolo.
«Borghi toglie l’aria dal corpo di Cucchi. Crea la terribile sensazione di un uomo già morto, sin dalla prima scena», ha affermato Alò. «L’obiettivo mio e del regista - ha aggiunto Borghi - era quello di fare un film politico sulla responsabilità personale, che raccontasse la storia di un essere umano etichettato come tossicodipendente, morto per la mancanza di cure e a causa del trattamento che subisce chi soffre di questa malattia nel nostro Paese».
Il film è stato tutto fatto di silenzi, con un grande rispetto dalla produzione. «La sceneggiatura è ricca di personaggi perché dietro c’è l’idea del cinema politico classico di Petri, Rosi, Rossellini - ha spiegato Alò, per far vedere le tantissime persone responsabili di ciò che è realmente accaduto a Cucchi».
Borghi ha raccontato di aver ricevuto numerosi commenti da persone che hanno vissuto storie simili, facendogli così sentire l’impatto profondo del film sul pubblico: «Il cinema è straordinario perché ti costringe all’empatia. Quella storia, vedendola, te la ricordi, ti rimane in testa. È lo strumento che abbiamo scelto per comunicare».
Alessandro Borghi e Francesco Alò (foto di Gaia Tripi)
I successi internazionali e i consigli ai più giovani
Tre anni fa per l’attore italiano è arrivato anche il successo internazionale, con la serie britannica "Diavoli", in cui è protagonista insieme a Patrick Dempsey. Un altro provino tentato senza aspettative, un altro ruolo in cui ha sperimentato nuove tecniche, stavolta per recitare in inglese. «La lingua è una cosa che mi piace affrontare nella recitazione, mi aiuta ad allontanarmi dalla zona di comfort. Non si smette mai di imparare nella vita» ha raccontato.
Alla fine dell’incontro, è stato chiesto a Borghi che consigli darebbe a chi vuole intraprendere la carriera nel mondo del cinema, e ha risposto – citando Zerocalcare – con un sincero «Ma io che c***o ne so, non me la prendo ‘sta responsabilità». Per poi proseguire dicendo che «dovete essere pilotati dalla voglia di raccontare delle storie». «Non rimanete ad aspettare - ha aggiunto -. Da molto giovani, comprate una videocamera, scrivete una storia, mettetela in pratica, vedete quanto fate schifo e quanto siete bravi. Mettetevi alla prova e quando arriverà qualcuno che vorrà realizzarla, per voi rimarrà sempre un gioco. Continuate a farlo sognando di farlo, è l’unico modo giusto».