Il Bebè

Al Catania Off Fringe Festival l’adattamento della drammaturgia di Christopher Durang, Baby in the Bathwater. Il nuovo arrivo, non proprio inaspettato, sconvolge la vita di una coppia completamente impreparata ad affrontare la genitorialità

Rita Re

«IlBebè mi ha colpito perché credo che tutti, nelle fasi più critiche della nostra crescita, ci chiediamo chi siamo veramente, su cosa basiamo la nostra identità, su quale passato, su quale patrimonio genetico, su quali valori». Così Raffaele Furno, regista de Il Bebè, pièce teatrale di Christopher Durang, andata in scena, dal 19 al 22 ottobre, al Teatro Brancati per il Catania Off Fringe Festival, racconta perché ha scelto di portare in scena quest’opera.

Un testo sull’incomunicabilità, concetto portato alle estreme conseguenze nell’opera di Durang. Ma qual è il confine fra l’impossibilità di comunicare e la voglia di non comunicare?

Gli attori impegnati nello spettacolo hanno faticosamente tentato di dare una risposta al pubblico che si è avvicendato nei quattro giorni di repliche; una risposta che non arriva mai ma che si risolve in un’altra domanda. Può un bebè trovare il suo posto nel mondo se a darglielo non sono i suoi punti di riferimento e se questi tra loro non riescono, per volontà o impossibilità, a comunicare?

Il finale dello spettacolo ci rimanda a un messaggio positivo e la risposta sembrerebbe essere: “Sì, si può”. Almeno nel caso del nostro bebè, che va alla ricerca del suo nome e del suo sesso per circa trent’anni dato che i suoi genitori non erano stati in grado di dargli né l’uno, né gli strumenti per comprendere l’altro.

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

«Non avendo mai conosciuto mio padre – continua Furno – ho sempre avuto risposte parziali a tutte le mie domande, da bambino e adolescente, ma allo stesso tempo ho incontrato nel mio cammino figure di riferimento che mi hanno insegnato a strutturarmi come persona (mia madre e anche la mia docente di filosofia). Questa fortuna il bebè non ce l’ha e quindi la sua ricerca è ancora più profondamente tragicomica».

Christine Righi e Mario Rocca sono i due genitori, con movenze e cadenze credibili nel rendere il clima surreale e insensato che si respira in questo luogo/casa. Nella doppia parte dello psicanalista, Mario Rocca riesce a rendere benissimo quel concetto di non ascolto che permea tutta l’opera e che, purtroppo, è incarnato per la maggior parte dagli ‘adulti’ ed ecco che diventa insopportabile il tormentone: “Il tempo della sua seduta finisce qui”.

Allo stesso modo Christine Righi, mostra disagio e incapacità nel rivestire il ruolo di madre e anche quello di moglie nonchè insofferenza per quello che avrebbe potuto essere e non è. Si affida allora a una non meglio identificata tata che, nell’idea del regista e nella riuscitissima interpretazione di Alessia Consoli, acquista il sapore di una Mary Poppins su di giri, con i tratti orrifici di Misery e un fare da commedia nera che ricorda i personaggi di South Park.

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

I tre attori si affannano, con botta e risposta incomprensibili, un disinteresse spietato verso il bebè e un bisogno di attenzioni patologico, a provare a dimenticarsi per un attimo di sé stessi per concentrarsi sul nuovo arrivato che in realtà non riuscirà mai a catturare del tutto la loro attenzione, ma solo a preoccuparli e a creare in loro un’ansia insopportabile. Tra il cliché del tradimento e quello della confessione in questo insolito ménage a trois cresce e si sviluppa il bebè.

Un’operazione complicata dal punto di vista attoriale. Doppie parti, caratteri esasperati, cambi repentini di emozioni. Com’è stato il lavoro con gli attori?

«Non facilissimo – spiega il regista – in quanto era un gruppo che guidavo per la prima volta. Ci vuole tempo per conoscersi e capire i ritmi, le necessità di ognuno. Alcuni attori vogliono essere guidati passo passo, altri vogliono libertà. C’è voluto tempo per capire come rappresentare il tono surreale dello spettacolo. Avevo chiaro in testa il senso generale della costruzione scenica attorno a pochi elementi scenografici (culla, panchina, scrivania) e attorno a ritmi sostenuti ma poi ho aspettato che le caratterizzazioni venissero fuori dagli attori, io ho solo spinto verso la direzione che più ritenevo giusta per ogni personaggio e per ogni scena».

Un testo che è il paradosso di una società che pretende la perfezione in tutto e che invece si scontra con le debolezze della condizione umana, le difficoltà, l’impreparazione ad affrontare certi eventi come la genitorialità come pure la soggezione e il senso di impotenza di fronte alla fittizia competenza di chi rappresenta le istituzioni: i genitori, una tata, una preside, uno psicanalista e perfino altre madri.

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

Tutti fanno cose irripetibili e ingiuste; puntano il dito e accusano, non aiutano, giudicano senza dare soluzione, si dimenticano chi sono e perché sono lì. Tutti sono concentrati su se stessi e smettono di vedere. Guardano soltanto.

E chi è questo bebè? Qual è il suo nome non è dato saperlo, maschio o femmina, patatina o pisellino, se dorme o è morto, se corre per prendere un bus o per buttarvisi sotto. Sarà lui/lei a raccontarsi e appare così, all’improvviso in abiti da bambina. Un ragazzo dalle chiare fattezze maschili, che si rifugia nel conteggio delle persone con cui è stato a letto (uomini e donne) e che racconta fuori dai denti tutto il suo male di vivere, psicanalizzandosi praticamente da solo. 

Alessandro Rocca, l’attore che interpreta il bebè, è l’immagine perfetta: imbarazzato, pulito, coperto da una patina di sudore che fa sentire addosso al pubblico tutto il freddo della sua vita. Il giovane attore torna in teatro dopo essere approdato al cinema nella fortunatissima serie Disney I Leoni Di Sicilia, uscita proprio nei giorni scorsi. «Ho poche esperienze in teatro – racconta Rocca –, ma quello che è certo e che l’ansia che provo ogni volta che vado in scena non l’ho mai provata, è fortissima e molto difficile da gestire».

A sistemare le cose arriverà una donna, figura materna e accudente, voce soave, che intona la ninna nanna più bella del mondo. 

La parte è affidata a Mariachiara Signorello, phisique du role perfetto. Sarà lei a conquistare il giovane disadattato, a dare lui un figlio. Mamma amorevole e istintiva che infonderà, all’ormai adulto bebè, il coraggio di crederci ancora.

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

Una scena dello spettacolo de "Il bebè"

Anche Mariachiara Signorello, nelle sue tre parti, traduce bene gli sforzi interpretativi di tre ruoli molto diversi: la fidanzata, una mamma dall’accento romanesco e la maestra del giovane bebè nella scena che segna il momento di svolta dello spettacolo.

«Il tono del racconto cambia drasticamente – spiega il regista - e quello che fino a quel momento ha fatto scaturire sorrisi si trasforma in traumi che forse portano lo spettatore a riflettere criticamente sul perché ha riso di una situazione così tragica».

Alla sua seconda partecipazione al Fringe festival di Catania, il regista sperimenta su una drammaturgia contemporanea che lascia perplessi, in particolar modo su un lieto fine che, spesso, purtroppo, non coincide con la realtà. 

Se da una parte sembra voler squarciare violentemente un tema tanto attuale quanto drammatico, dissacrandolo fino all’inverosimile, dall’altra lo semplifica affidandolo ad una conclusione sin troppo poetica e poco aderente con la realtà. 

Uno schiaffo che si trasforma in carezza e che alla fine banalizza lo sforzo di reggere sul filo della risata una dissoluzione umana per la quale l'(as)soluzione sembra essere irraggiungibile. Forse, per parlare ad un pubblico attraverso il linguaggio del teatro, potrebbe non bastare riportare pedissequamente le parole di un autore, per quanto interessanti esse siano; serve tradurle, storpiarle se necessario, reinventarle, stingendole e allargandole un po’ di qua e un po’ di là, farle calzare dentro il messaggio che si vuole lasciare, anche se il rischio è di non compiacere.

Il cast de "Il bebè"

Il cast de "Il bebè"