Nuovi studi storici e indagini geochimiche rafforzano l’ipotesi che le due statue siano state trafugate dai Romani nel III secolo a.C.
L’ipotesi che i Bronzi di Riace avessero avuto un’origine siciliana non è del tutto nuova.
I primi a sostenerlo furono i grandi archeologi americani Robert Ross Holloway e Anne Marguerite McCann. Quest’ultima propose di individuare nei due guerrieririnvenuti il 16 agosto 1972 nei pressi di Riace Marina, oggi esposti al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, i fratelli Gelone e Ierone, signori di Siracusa.
Secondo Holloway le concrezioni di vasellame presenti sulla superficie dei Bronzi (e assenti nei fondali marini in cui vennero rinvenuti) potrebbero infatti provare che le due statue siano inizialmente ritrovate altrove e solo dopo depositate a Riace, per completare le operazioni clandestine di espatrio.
L’originario affondamento dei Bronzi viene comunemente collegato ai trafugamenti di opere d’arte operato dai Romani dalle città greche che conquistarono. E siccome il vasellame rinvenuto sui Bronzi risalirebbe alla media età ellenistica, Holloway giunse alla conclusione che le statue sarebbero state prelevate dall’unica metropoli greca conquistata dai Romani nel III secolo a.C., ovvero Siracusa. La sua ipotesi però non ebbe seguito perché la nudità dei Bronzi di Riace si addice alle divinità, mentre Gelone e i suoi fratelli erano personaggi storici reali.
Foto: Vittorio martire, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Tuttavia, una preziosa testimonianza condivisa da Diodoro Siculo, Polieno e Claudio Eliano sembrerebbe spiegare i motivi della nudità e ne individuerebbe l’identità nel gruppo scultoreo del “Re Gelone nudo”, un celebre monumento che ritraeva il signore di Siracusa senza vesti e nell’atto di consegnare le armi e la propria vita nelle mani del popolo, dopo la vittoria di Imera contro i Cartaginesi.
Secondo Dione Crisostomo questa celebre statua di Gelone nudo era circondata da altre due statue (probabilmente i suoi fratelli, Ierone e Polizelo, che lo affiancarono nella battaglia di Imera). I dettagli anatomici del Bronzo B (Gelone), che appare colto nell’atto di deporre lancia e scudo, sono sorprendente simili alla descrizione che ne hanno fatto gli storici. Ed è altrettanto forte la somiglianza tra la testa del Bronzo B (in origine dotata di elmo corinzio e corintie kyne) e quella raffigurata in una moneta siracusana del IV secolo a.C., dotata anch’essa di elmo corinzio e corintie kyne, elementi tipici dei condottieri siracusani e delle relative monete.
Le più recenti conoscenze archeometriche, però, sembrerebbero individuare in Argo l’origine delle terre di cottura presenti all’intero dei Bronzi, ma non delle terre sottese alle saldature, che sono del tutto differenti. I Bronzi, infatti, vennero realizzati a pezzi anatomici separati e poi assemblati nel luogo dove furono definitivamente collocati. Ebbene, le terre delle saldature, le uniche davvero indicative del luogo di collocazione, sono risultate dal punto di vista geochimico comparabili con limi campionati nell’area siracusana.
Da qui la svolta delle indagini condotte dagli studiosi siciliani Anselmo Madeddu, medico esperto di storia e di bronzistica greca, e Rosolino Cirrincione, direttore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania. I due studiosi, insieme all’equipe del dipartimento etneo, ovvero Carmelo Monaco e Rosalda Punturo, d’intesa con Carmela Vaccaro dell’Università di Ferrara, hanno confrontato le caratteristiche geologiche delle terre delle saldature dei Bronzi di Riace (pubblicate dall’Istituto Centrale del Restauro) con quelle di diversi campioni prelevati in prossimità della foce del fiume Anapo a sud di Siracusa, riscontrando una sorprendente corrispondenza dei parametri geochimici.
«Ciò che sorprende maggiormente - dichiarano Madeddu e Cirrincione a nome dell’intera équipe - è la straordinaria corrispondenza dei contenuti di elementi in traccia tra le terre di saldatura e i campioni prelevati nell’area dell’Anapo. Si tratta di elementi considerati immobili dal punto di vista geochimico e dunque non modificabili da fattori esogeni e pertanto fortemente indicativi, così da diventarne una sorta di DNA, di codice genetico, che individua e distingue i vari tipi di litotipi argillosi. Ebbene, la composizione percentuale di questi elementi osservati nelle terre delle saldature dei Bronzi di Riace e in quelle oggetto del prelievo effettuato in questa precisa area del siracusano, sono pressoché identiche».
«L’altra grande novità – proseguono i due studiosi - è che i precedenti studi, come ad esempio quello della presunta origine argiva, erano stati condotti sulla base di confronti con generiche carte geologiche e con approssimazioni non superiori al 70%, mentre il nostro è stato per la prima volta condotto direttamente su campioni di terra, e a diversi livelli stratigrafici, procedura dunque scientificamente molto più attendibile».
Insomma, si tratta di una scoperta che potrebbe finalmente fare davvero luce sul fitto mistero che finora ha avvolto l’origine di queste due enigmatiche e affascinanti statue che, a pieno titolo, vengono ormai definite come la più bella e famosa coppia di bronzi dell’antichità. I risultati definitivi di questo nuovo studio saranno pubblicati a breve su qualificate riviste scientifiche per essere messi a disposizione di esperti e studiosi del settore.