Un team di ricerca internazionale ha svelato il mistero attorno al lungo segnale sismico registrato un anno fa in tutto il pianeta: una enorme frana del fiordo di Dickson, nell’Artico
Una enorme frana causata dal crollo della cima di una montagna nel remoto fiordo di Dickson, nella Groenlandia nord-orientale, ha a sua volta generato un mega-tsunami alto 200 metri che ha continuato a oscillare nel fiordo per 9 giorni, facendo registrare in tutto il mondo un segnale sismico mai osservato in precedenza.
È quanto emerge dallo studio A rockslide-generated tsunami in a Greenland fjord rang the Earth for 9 days appena pubblicato sulla rivista scientifica ‘Science’, cui hanno collaborato 68 scienziati provenienti da 40 Istituzioni di 15 Paesi.
“Quando abbiamo iniziato questa avventura scientifica eravamo tutti piuttosto perplessi e nessuno di noi aveva la più pallida idea di cosa avesse causato quel segnale sismico così particolare: sapevamo solo che era in qualche modo associato alla frana”, racconta Kristian Svennevig, del Geological Survey of Denmark and Greenland (GEUS), primo autore dell’articolo. “Si è trattato della prima frana e del primo tsunami dovuti allo scioglimento dei ghiacci osservati nella Groenlandia orientale, a dimostrazione del fatto che i cambiamenti climatici hanno già un forte impatto anche in quella zona”.
Per l’Italia, hanno preso parte alla ricerca l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’Università di Catania e l’Università degli Studi di Padova.
“La nostra ricerca è iniziata nel settembre del 2023, quando un misterioso segnale sismico della durata di 9 giorni è stato scoperto nelle registrazioni provenienti da stazioni sismiche installate in tutto il mondo, dall’Artide all’Antartide”, spiega Flavio Cannavò, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio. “Abbiamo subito notato, però, che il segnale appariva completamente diverso dai segnali sismici che vengono registrati in caso di terremoto: conteneva, infatti, una singola frequenza di vibrazione, simile a un ronzio dal suono monotono”.
La contemporanea notizia di un enorme tsunami verificatosi nel fiordo di Dickson ha spinto ricercatori di numerosi Enti di Ricerca e Università in tutto il mondo a unire le forze per cercare di capire se i due eventi fossero in qualche modo collegati.
Il team multidisciplinare ha quindi analizzato dati sismici e infrasonici, misurazioni sul campo, dati della rete locale di sensori oceanografici, immagini dal vivo e da satellite e simulazioni numeriche di onde di tsunami, riuscendo a ricostruire la straordinaria sequenza di avvenimenti a cascata innescata nel settembre dello scorso anno.
Foto di confronto con etichettatura delle caratteristiche principali della vetta e del ghiacciaio, scattate dal fiordo prima e dopo la frana (crediti: Søren Rysgaard, Danish Army)
“È straordinario come, al giorno d’oggi, sia possibile riunire facilmente un team internazionale con capacità eterogenee per risolvere problemi complessi e riuscire a spiegare fenomeni mai documentati in tempi brevi”, spiega Andrea Cannata, ricercatore dell’Università di Catania e co-autore dello studio. “In particolare, è stato scoperto che la frana che ha dato inizio a tutto è stata causata dal crollo all’interno del fiordo di oltre 25 milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio, una quantità sufficiente a riempire 10.000 piscine olimpioniche. Il crollo, a sua volta, è stato causato dall’assottigliamento, avvenuto nel corso dei decenni, del ghiaccio alla base della montagna che sovrastava il fiordo, evidente espressione degli effetti dei cambiamenti climatici”.
“Le analisi dei dati multidisciplinari hanno confermato che il mega-tsunami derivato dalla frana è stato uno dei più alti mai registrati nella storia recente, raggiungendo i 200 metri di onda all’interno del fiordo. A circa 70 chilometri di distanza le onde di tsunami hanno raggiunto i 4 metri di altezza, danneggiando una base di ricerca sull’isola di Ella Ø”, aggiunge Piero Poli, ricercatore dell’Università degli Studi di Padova e co-autore dello studio. “Il movimento di una tale massa di acqua è stato in grado di generare vibrazioni attraverso la Terra, con le onde sismiche che, irradiandosi dall’Artide all’Antartide, hanno generato un anomalo segnale sismico globale. Questo evento sottolinea l'importanza di creare speciali sistemi di monitoraggio dei dati sismologici a scala globale, che permettano la rapida identificazione e caratterizzazione di nuovi e sempre più frequenti segnali associati a processi superficiali, come frane e rapidi movimenti di ghiaccio o fluidi, associati al cambiamento climatico”.
Immagini satellitari Planet Labs a confronto: 30 minuti prima e 7 minuti dopo la frana
Le simulazioni effettuate dal team di ricercatori hanno mostrato che, all’interno del fiordo, l’acqua si è mossa oscillando avanti e indietro ogni 90 secondi, esattamente lo stesso periodo di oscillazione fatto registrare dalle onde sismiche. Tale corrispondenza indica come la forza della massa d’acqua in movimento sia stata in grado di generare energia sismica propagatasi nella crosta terrestre.
Prima di perdere forza, il movimento oscillatorio è durato 9 giorni. Mai prima d’ora era stata registrata un’onda sismica di così lunga durata, che viaggiasse a livello globale e che contenesse una sola frequenza di vibrazione.
“È sorprendente che quello che era iniziato come un controllo di routine di un sensore gravitazionale belga si sia trasformato in una collaborazione globale e multidisciplinare, con scambi virtuali online 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che hanno coperto molti fusi orari. In totale, sono stati scambiati più di 8.000 messaggi. Riassumendo la loro lunghezza, si tratta di oltre 1 milione di caratteri digitati: quanto un romanzo poliziesco di 900 pagine”, chiosa Thomas Lecocq, del Royal Observatory of Belgium (ROB) e co-autore della ricerca.
“Come è noto, lo scioglimento dei ghiacci polari, che abbiamo individuato come causa ‘latente’ dell’incredibile sequenza di eventi registrati nel fiordo di Dickson lo scorso anno, è dovuto al cambiamento climatico. La rapida accelerazione di questo fenomeno negli ultimi anni ci impone una sempre maggiore attenzione verso la caratterizzazione e il monitoraggio anche di quelle regioni considerate ‘stabili’ fino a qualche anno fa, nonché verso lo sviluppo di sistemi in grado di fornire un’allerta precoce in caso di frane e tsunami”, conclude Flavio Cannavò.