Un progetto innovativo Unict per risalire alle radici del Monoteismo Israelitico
Impiegare sistemi di intelligenza artificiale per comprendere come gli esseri umani concepiscano e interagiscano con il divino, sia nelle forme di religiosità documentate nelle società antiche, sia in quelle contemporanee.
Una mission che vede impegnati archeologi e informatici dell’Università di Catania nel mettere a punto un nuovo modello scientifico basato su una metodologia e su una prospettiva scientifica che, seguendo i più recenti approcci agli studi religiosi che hanno costituito la cosiddetta 'svolta materiale', sottolinea il ruolo centrale degli oggetti appartenenti alla sfera cultuale sia pubblica che privata nel plasmare credenze e pratiche, attraverso un uso innovativo dell'intelligenza artificiale (cioè il web semantico).
Il progetto “Godscapes: Modeling Second millennium BCE Polytheism in the Eastern Mediterranean” è un Progetto di Ricerca di Rilevanza Nazionale (PRIN 2020) finanziato dal Ministero dell'Università e della Ricerca (MUR), condotto in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza, l’Università di Pisa e il Consiglio nazionale delle Ricerche (CNR ISPC), valutato come il miglior progetto PRIN 2020 nel suo settore scientifico (SH6 – Antichistica).
«Nello studio pilota condotto dal team di Godscapes – spiega il prof. Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico che dirige il progetto -, tale approccio sarà testato sulle complesse forme di politeismo praticate nel Levante durante il II millennio a.C. (la cosiddetta Età del Bronzo Medio e Tardo). Il periodo scelto come caso-studio, infatti, appare caratterizzato da intensi scambi internazionali, sia commerciali che diplomatici, che dall’Egitto e dal Mediterraneo orientale giungevano fino alla Mesopotamia e all’Iran, favorendo la circolazione di persone, oggetti e idee e, insieme ad essa, la creazione di originali forme di sincretismo religioso».
Godscapes: archeologia e intelligenza artificiale
«Tale fenomeno – continua l’archeologo catanese che di recente ha condotto una fortunata campagna di scavi nei pressi di Baghdad, riportando alla luce ampi tratti della cinta muraria monumentale nel sito di Tell Muhammad tra cui anche la cosiddetta ‘porta di Hammurabi’ - è più evidente nelle aree dove i contatti sono fioriti e si sono moltiplicati per la loro centralità nel processo di scambio. In tale prospettiva, il Levante, che comprende gli odierni Israele, Palestina, Giordania, Libano e Siria, rappresentava uno straordinario corridoio non solo per le rotte commerciali e l'espansione militare, ma anche per popoli, costumi e credenze di tutto il Mediterraneo orientale e oltre. È in questo complesso ambiente culturale, luogo privilegiato di interazione di elementi locali, esogeni e ibridi, che vanno ricercate le radici di quella svolta epocale che è il monoteismo israelitico, il quale si svilupperà a pieno solo nel millennio successivo (I millennio a.C.)».
A tal fine, il progetto si concentra sull'analisi di quattro tipi di dati: funerari, architettonici, iconografici e testuali. Per ogni tipologia di dato analizzata, l’approccio messo in atto dal progetto identificherà gli strati esogeni ed endogeni della religiosità con l’obiettivo ultimo di dimostrare come un esito sincretico (cioè il monoteismo israelita) possa essere considerato il risultato di una complessa rete di incontri interreligiosi originatasi durante il II millennio a.C.
«Il progetto Godscapes – conclude il prof. Laneri, - risponde alla grande necessità di uno studio coerente su come i fenomeni di ibridazione culturale abbiano influito sulla religiosità delle comunità che abitavano il Levante durante il II millennio a.C. per comprendere come le fonti politeiste fossero state ripensate e rimodellate nel lungo processo che porterà al monoteismo israelitico».
Godscapes: archeologia e intelligenza artificiale
L’iniziativa è stata presentata nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università nel corso di un convegno aperto dal vicedirettore del Disum Gaetano Lalomia, dal direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici Daniele Malfitana e dal decano degli Archeologi Unict, Pietro Militello.
Introdotti dal grande archeologo Paolo Matthiae, scopritore del sito di Ebla in Siria, sono intervenuti a seguire altri prestigiosi studiosi italiani, componenti i gruppi di ricerca che partecipano al progetto: i docenti Lorenzo Nigro, Frances Pinnock, Marta D’Andrea, Lorenzo Verderame per quanto riguarda l’unità di Roma-Sapienza, Marilina Betrò e Gianluca Miniaci per l’Università di Pisa, insieme con altri studiosi internazionali quali Aaron Burke, Corinne Bonnet, Christoph Uhelinger, Kerel Van der Toorn, Ludwig Lorenz che hanno stimolato la discussione sulla comprensione di quanto elementi esterni alla tradizione indigena (come possono essere quelli portati dal mondo egizio, dalle isole del Mediterraneo orientale, dall’Anatolia o dalla Mesopotamia) abbiano influito nella trasformazione delle pratiche religiose politeiste delle popolazioni del Levante durante il II millennio a.C.
Il convegno ha previsto, inoltre, la lectio magistralis del prof. Philipp Stockhammer del Max-Plank Institute su religione, materialità e ibridazione culturale, e quattro sessioni incentrate sull’analisi degli aspetti fondamentali della materialità religiosa del politeismo levantino durante il II millennio a.C.: l’architettura, l’iconografia, gli aspetti testuali e quelli di carattere funerario.